Torino, 24 gennaio 2007
Siamo spesso posti di fronte ai numerosi casi di donne dello sport italiano che hanno difficoltà, oppure si trovano nell’ impossibilità, di conciliare le scelte di maternità con la pratica agonistica. Alla categoria degli sportivi non è riconosciuta tutela previdenziale complessiva e, quindi, le atlete non godono di alcuna indennità di maternità né di forme di sostegno nel momento in cui, per maternità, sospendono temporaneamente la prestazione sportiva. La tutela della maternità nel settore sportivo è una questione così controversa perché l’operato delle atlete agoniste, anche di alto livello, resta nella sfera dell’attività dilettantistica e si configura come un rapporto di lavoro parasubordinato o forse sarebbe meglio dire come un “non-lavoro”, con un rimborso spese più che un compenso. Alcuni sport, infatti, non vengono riconosciuti come professionistici. Ne consegue che la maternità delle atlete non può essere contemplata né tutelata, in quanto nessuna delle discipline sportive femminili è ritenuta professionistica. Nello spazio che intercorre tra sport professionistico e sport dilettantistico, ma anche nelle sacche sommerse del falso dilettantismo, scivola il nodo – di non facile soluzione – della maternità non tutelata, che non trova cittadinanza nei “patti-contratti” e nelle scritture private tra società e atlete. L’incontro di oggi a Torino “+ donne x lo sport” sarà l’occasione per una riflessione sulla promozione delle donne nello sport e, in particolare, sulla individuazione per le atlete di percorsi meno precari e meno discriminatori. Il mondo dello sport italiano non può rimanere indietro, non riuscendo a garantire a donne e uomini, condizioni di parità di accesso alla pratica sportiva, a tutti i livelli ed in tutte le fasi della vita, così come indicato anche nella Risoluzione del Parlamento Europeo su “Donne e sport”. Si tratta, insomma, di dare alle atlete gli stessi diritti riconosciuti alle lavoratrici e, in attesa di colmare il vuoto legislativo o di correggere il difetto legislativo esistente, si potrebbe procedere con uno statuto delle sportive che preveda le tutele del caso – e che dia concretezza al principio di uguaglianza tra i sessi contenuto nell’art. 21 dello Statuto del Coni – e con linee guida contenenti forme di disciplina interna, cui le Federazioni sportive devono adeguarsi. Si sa: la soluzione non è facile; ma se Totti fosse diventato… mamma invece che papà, qualcosa mi dice che l’avremmo trovata.