Percorso:

160ª Seduta Pubblica – Comunicazioni del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale sulla situazione in Siria

RESOCONTO STENOGRAFICO IN CORSO DI SEDUTA

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rauti. Ne ha facoltà.

RAUTI (FdI). Signor Presidente, onorevole Ministro, comincerei il mio intervento con una constatazione. C’era una volta la politica estera, anche in quest’Aula c’è stata la politica estera ad alto livello; oggi abbiamo i riassunti della situazione di politica estera. Dico questo per esprimere immediatamente un giudizio negativo sulla sua relazione che giudichiamo insoddisfacente, ma spiegherò poi il perché.

Partiamo invece da un dato positivo: quella tregua del conflitto è stata un sollievo per il mondo, ma non dobbiamo dimenticare il perdurare delle ricadute umanitarie, dell’allerta e dell’allarme e rispetto a questo non abbiamo riscontrato affermazioni interessanti nella relazione appena ascoltata.

Vorrei ora passare a un altro punto inserito nella sua relazione, che in realtà a noi della Commissione difesa era già stato anticipato questa mattina presso le Commissioni congiunte nel corso dell’audizione del Ministro della difesa, il quale ci aveva informato del ritiro della nostra missione, o meglio della mancata proroga della missione in atto che aveva la sua scadenza il 31 dicembre.

Il Gruppo Fratelli d’Italia aveva presentato in merito due interrogazioni, una alla Camera e una al Senato, proprio per chiedere quale fosse il destino della nostra missione. Stiamo parlando di una missione NATO, la NATO ACTIVE FENCE, che dal 2016 vede schierata una nostra unità consistente: parliamo di 130 persone, 24 mezzi terrestri e una batteria di missili, la SAMP/T (sistema missilistico terra-aria di ultima generazione), messa lì su richiesta della Turchia alla NATO per difendere la Turchia dalla minaccia aerea della Siria. Abbiamo lasciato lì i nostri soldati, mentre la Turchia sparava sulla Siria. (Applausi dal Gruppo FdI).

Allora ben venga che avete deciso, senza rispondere alle nostre interrogazioni, di ritirare la missione, ma anche qui non si usa un passaggio parlamentare? Quando autorizziamo le missioni, ci volete dire prima quando queste non verranno rinnovate? Quella missione, infatti, non aveva un termine, tranne quello del 31 dicembre, ed era soggetta eventualmente a rinnovo, ma mi pare che ormai si proceda così, senza interpellare il Parlamento. Questo accade in tanti casi, come quando si decide di entrare nell’European 12; anzi, come quando si era prima deciso di non sedersi al tavolo e poi si è cambiata idea: non l’abbiamo saputo né nel primo caso, né nel secondo, se non a cose fatte e comunicate. Ma andiamo avanti.

Nel momento in cui mettiamo fine a questa missione, Ministro, allora bisogna bloccare, nell’ambito dei comitati tecnici, tutte le richieste di finanziamento di infrastrutture NATO in Turchia, che sono tante e onerose, perché delle due l’una e una cosa porta con sé l’altra. Anche su questo il Governo, ai tempi della crisi, è stato tiepido; scusate l’espressione, ma direi anche un po’ “molle”: tutte dichiarazioni poco assertive. La Francia e la Germania, alle quali non guardo con entusiasmo per altri motivi, sono state assertive; l’Italia era tutto un «vedremo», «faremo», «chiederemo la moratoria nella vendita delle armi», «il blocco della vendita delle armi alla Turchia». Poi a un certo punto, finalmente, un annuncio e una presa di posizione: un provvedimento di sospensione dell’export di armi, cui però non abbiamo visto dare seguito. Che cosa avete fatto? Vi siete messi sotto l’ombrello europeo, aspettando che smettesse di piovere, invece che prendere una decisione che desse orgoglio e dignità al nostro Paese a livello europeo e internazionale. (Applausi dal Gruppo FdI).

Adesso ha smesso di piovere e venite qui a fare relazioni che sono – perdonate l’espressione – “compilative” e non ci illuminano sulla politica estera del nostro Paese su questo aspetto. Anche oggi, signor Ministro, lei non è stato assertivo. Non ha detto parole chiare e inequivocabili contro la deriva islamista del sultano Erdogan, contro l’imperialismo di Erdogan, contro la violazione dei diritti umani, contro la violazione dei confini siriani e contro la violazione della sovranità di un popolo. Non ho sentito parole accorate rispetto all’offensiva lanciata contro i curdi siriani, che sono quelli che ci hanno difeso, battendosi, combattendo e anche morendo contro l’Isis e contro Daesh.

Analogamente, non ho sentito una parola – lo ricordava il collega Comincini – su quella barbara uccisione, compiuta da integralisti islamici filo-turchi, di Hevrin Khalaf, nota al mondo come paladina delle donne e attivista curda per i diritti umani. È stata un’esecuzione orrenda contro una donna simbolo impegnata per il suo popolo con il suo partito, Futuro siriano, ma sempre in prima linea per i diritti fondamentali e – lo voglio sottolineare – per la convivenza pacifica tra curdi cristiani e arabi.

Hanno ucciso con lei un metodo, quello della convivenza. Non ho sentito né una parola per lei né per quelle migliaia di donne curde che in otto anni di guerra si sono battute – e sono morte – contro l’Isis, contro daesh, e che anche oggi hanno continuato a combattere lanciando un grido alla comunità internazionale, all’Europa, all’Italia, quindi anche a lei.

Penso alle dichiarazioni e all’impegno di comandanti come Nessrin Abdalla, Jomma Issa; nomi che forse non sono noti a quest’Assemblea ma che sono conosciuti nella storia di resilienza del popolo curdo; comandanti che si sono battuti e hanno chiesto aiuto. La risposta è stata il silenzio dell’Europa. Si è riunita; ha deciso qualcosina e però c’è stato poco seguito, poco cuore, poca presa di posizione.

Signor Ministro, abbiamo anche presentato una risoluzione puntuale, che illustrerà dopo di me il collega Urso.

 

(…) avviandomi alla conclusione, ci tengo a dire che ci sono tante domande senza risposta, e nella sua relazione non ci sono neanche gli spunti per dedurre delle risposte. L’Unione europea è pronta a rivedere gli accordi di partenariato con la Turchia in termini seri? È ammissibile che uno Stato membro della NATO minacci gli altri partner utilizzando i profughi come una bomba demografica? Che li minacci di una invasione di quegli stessi per cui l’Europa ha pagato per tenerli nei suoi confini, e noi muti – voi muti – siamo stati minacciati e non abbiamo reagito?

Ancora, abbiamo forse detto una parola su un sultano che favorisce il terrorismo islamico, la penetrazione in Europa dei foreign fighters, il terrorismo in Libia? Possiamo dire una volta per tutte, in maniera netta e definitiva, no all’ingresso della Turchia in Europa? (Applausi dal Gruppo FdI). Una questione sospesa; una spada di Damocle: lo vogliamo dire o no che la Turchia si candida a essere la potenza politica dell’islam?

Quando ci troveremo i terroristi sotto casa è a questa origine che dobbiamo tornare; a una storia di mancate risposte; a questo silenzio, ai «vedremo», «faremo» sotto l’ombrello europeo.

Mi sarei aspettata molto di più di fronte a un dramma umanitario come questo, e non è questione di appartenenze partitiche; si tratta di avere un concetto della sovranità, di avere rispetto per i diritti umani fondamentali.

In conclusione, Presidente, la minaccia terroristica va oltre il discioglimento statuale di daesh, perché l’islam è un’ideologia che permea, subentra, si infiltra in Europa e in Occidente, dichiara guerra a noi, all’Occidente, alla cristianità.

Rispetto a tutto questo – lo ripeto – la sua relazione è insufficiente e compilativa. (Applausi dai Gruppi FdI e FI-BP).

[Fonte: www.senato.it]

Questa voce è stata pubblicata in Interventi in Aula Senato, Primo piano.