Resoconto stenografico in corso di seduta
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rauti. Ne ha facoltà.
RAUTI (FdI). Signor Presidente, mi unisco anche io alla maratona di Fratelli d’Italia. Ci tengo anche a dire che sono molte le voci fuori di quest’Aula contro gli esiti illiberali del disegno di legge Zan. Non siamo quindi solo noi. C’è l’appello di oltre 70 associazioni coordinate da «Polis Pro persona»; c’è «Lettera150», un think-tank di oltre 300 docenti. Ci sono inoltre insigni costituzionalisti e giuristi, che si sono espressi nei mesi e nei giorni scorsi, sostenendo che il disegno di legge Zan cristallizza in norme giuridiche alcune definizioni non chiare ed ancora oggetto del dibattito sul piano scientifico.
Il disegno di legge Zan, infatti, rende punibile qualsiasi forma di critica o dissenso rispetto ai temi del provvedimento. Ci tengo a sottolineare ai pochi presenti in Aula che non si parla di aumentare i diritti e le libertà delle persone, ma solo di reati. Vorrei che questo, almeno fuori di qui, fosse chiaro: non si parla di diritti, ma di reati, perché tutto è stato posto sul piano penale e si arriva per questo al paradosso che alcune libertà costituzionali possono essere oggetto di sanzione penale.
Gli articoli più pericolosi, più critici, per noi sono sicuramente gli articoli 1, 2, 4 e 7, ma ciò non esclude gli altri; non li potrò trattare tutti, ma qualcosa intendo dirla, in particolare sull’articolo 4, che reca la clausola che ribadisce la punibilità delle opinioni che integrerebbero il concreto pericolo che si compiano discriminazioni e violenze. Pertanto, decidere cosa incita alla violenza e cosa non lo fa rimane una prerogativa del magistrato, il che mi sembra pericoloso. Si lascia quindi ai giudici un ampio potere discrezionale nella valutazione di ciò che è da punire con il rischio di arbitrarietà, anche in contrasto con i principi costituzionali, e questo non lo dico io ma dei giuristi. C’è quindi il rischio di un eccesso interpretativo in sede giurisprudenziale, come dice l’esimio giurista Flick.
Dobbiamo poi sottolineare che l’articolo 4 usa la seguente espressione che mi ha colpito: idee non idonee, che possono quindi determinare il pericolo di discriminazione e il rischio di atti violenti. Una legge stabilirà quindi quali sono le idee idonee e legittime? Tutto ciò è quanto meno allarmante.
Se è giusto come è giusto sanzionare le condotte discriminatorie, come peraltro è già previsto, dovete riconoscere che è difficile capire dove finisce la legittima scelta, decisione ed espressione di un pensiero e dove inizia l’atto discriminatorio o l’incitamento all’atto discriminatorio. Mi sto riferendo all’articolo 2 sull’istigazione. Se è più facile individuare una discriminazione basata sulla razza o sulla religione, cioè sull’orientamento religioso, è molto più difficile individuare una discriminazione basata sul sesso; infatti non è un caso che la risoluzione ONU del 1966 non aggiunge il sesso accanto alla razza e alla religione, ma l’Italia ha colmato questo vuoto nel momento in cui ha provveduto con la modifica dell’articolo 3 della Costituzione, che però sembra che gli estensori del disegno di legge Zan non riconoscano.
Sempre sull’articolo 4 si rischia l’abisso interpretativo, perché – e la seguente è una posizione giuridica, non mia – è necessario che la legge descriva puntualmente la condotta illecita e proibita. Non può essere il giudice a definire l’azione vietata e a indicarne gli elementi di fatto. Un giudice può (e deve) valutare la liceità di una condotta, ma non può valutare la liceità di un’idea, a meno che non decidiamo che esiste il reato di opinione, che è quello che gli estensori della legge infatti hanno deciso (Applausi).
Un altro punto estremamente controverso, che però mi è particolarmente caro perché lo studio da tempo, è quello contenuto nell’articolo 1. È incredibile che all’interno di una legge si voglia definire cosa si debba intendere per sesso (biologico o anagrafico), per genere (manifestazione esteriore), orientamento sessuale (attrazione per), identità di genere (identificazione percepita di sé). La domanda è la seguente: mentre voi elaborate questo articolo 1, qual è il modello antropologico a cui voi vi richiamate? Praticamente, infatti, il Parlamento sta decidendo e imponendo un modello antropologico, etico e filosofico con queste paroline, quando nessuno di noi per esempio ha pensato mai di imporre un modello antropologico di origini cristiane, nel quale personalmente io credo, ma stiamo, stavamo e vivevamo in uno Stato laico (Applausi).
Nel disegno di legge Zan l’identità di genere è soggettiva – lo sottolineo -, si identifica con la percezione che si ha del proprio sesso; il dato reale oggettivo è quindi cancellato e si approda, di conseguenza, a un’indifferenza sessuale.
Ma non è tutto, c’è di più: la nozione di identità di genere, introdotta dall’articolo 1, è labile, perché è appunto una percezione soggettiva, mutevole e transitoria e tutto può essere percepito come discriminazione rispetto a una nozione così labile e fluida. Questo concetto ricorre anche nelle altre norme del disegno e crea confusione, perché l’unità e l’identità del singolo vengono scomposte in una pluralità di categorie biologiche o naturalistiche, dimenticando per esempio una cosa: la tutela costituzionale della persona. Questa labilità della definizione rende complicato distinguere tra opinioni e discriminazioni.
Qui il gioco è molto chiaro, ma va un attimo rovesciata questa trappoletta e non c’entra niente l’omofobia; se uno non condivide questo impianto non è omofobo. Qui c’entra il fatto che state imponendo un modello antropologico di un certo tipo; qui c’entra il fatto che nelle scuole, dove non si fa educazione sessuale, si farà l’educazione di genere; qui c’entra il fatto che siamo di fronte alla più grande offensiva ideologica da parte, appunto, dei sacerdoti del gender. Questo è il punto e l’operazione – che è politica, ma è anche massmediale – viene accompagnata da un furore ideologico intollerante che – vi assicuro – io che ho fatto anche gli anni Settanta non ricordo: un furore così non lo ricordo. Un oltranzismo gender che si lega, tra l’altro, alla tirannia del pensiero unico, all’esasperazione del cosiddetto maledetto – aggiungerei – «politicamente corretto»: c’è questo nell’operazione Zan. È questo il nodo, è questo il punto; il resto è quello che raccontate, è uno storytelling, perché qui c’è la volontà precisa di rieducare, anzi voglio dire di riprogrammare culturalmente i bambini, i giovani, le persone e quindi la società.
Allora, non è in gioco, come raccontate, la libertà di amarsi; non è questo il punto, perché noi non siamo contro questa libertà di amarsi. Qui c’è in gioco ben altro: c’è in gioco tutto quello che sto dicendo e quello che vuoi chiamate aiuto, che in realtà è una spinta ai bambini a transitare da un sesso ad un altro in base alla percezione di sé, come se tutti i bambini soffrissero di disforia di genere. Allora è molto pericoloso quello che voi volete fare, è veramente oltre, perché poi l’orizzonte è chiaro: ideologia gender e ditelo, anche se non c’è scritto, che poi c’è la missione della maternità surrogata, dell’utero in affitto, dell’adozione delle coppie gay. (Applausi).
Ditelo che in Europa vogliono inserire questo reato nei crimini d’odio. Ditelo che in Europa oggi tra gli eurocrimini hanno voluto inserire non la violenza di genere (una volta difendevate le donne, oggi non più), ma la violenza basata sul genere sessuale percepito e non biologico.
Chiudo, Presidente. Allora a voi i vostri dogmi, nuovi sacerdoti di una società genderfluid, in cui nell’indistinto tutto è possibile, tutto è consentito, tranne che pensare e pensare diversamente da quello che voi scrivete. Fratelli d’Italia si batterà ovunque contro questo disegno di legge liberticida, pericoloso e inutile. (Applausi).
[Fonte: www.senato.it]