Resoconto stenografico in corso di seduta
RAUTI (FdI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RAUTI (FdI). Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, esprimiamo soddisfazione per l’avvenuta calendarizzazione oggi in Aula del provvedimento – menziono solo il titolo breve – di revisione del modello di Forze armate, delega al Governo per la revisione dello strumento militare nazionale. Esprimiamo soddisfazione per il dibattito di oggi e – ci auguriamo – per l’approvazione del provvedimento. Soprattutto, prima di questo, voglio esprimere la soddisfazione per il lavoro svolto anche alla Camera, prima che al Senato, nella Commissione difesa dal Gruppo Fratelli d’Italia, che già dall’inizio di questa legislatura ha lavorato per una modifica della legge n. 244 del 2012. Il nostro Gruppo ha lavorato a livello trasversale con gli altri Gruppi politici per arrivare a un testo unico e alla proposta di legge di modifica che anche noi oggi discutiamo. C’è stato quindi – e lo sottolineo – un clima costruttivo nelle Commissioni sia alla Camera che al Senato intorno a questo importante, fondamentale provvedimento. Direi che non è stato né facile né difficile; direi che è stato necessario ed utile. Per chi e per che cosa? Evidentemente per un obiettivo comune: il benessere dei militari delle nostre Forze armate, una maggiore funzionalità delle stesse e direi una maggiore dignità e un riconoscimento del valore dell’impegno delle nostre Forze armate.
È evidente – non ho difficoltà a dirlo – che ognuno di noi ha rinunciato a qualcosa: noi stessi abbiamo ritirato numerosi emendamenti e lo abbiamo fatto perché non potevamo perdere l’occasione di far approvare la riforma entro la scadenza della legislatura. Nell’aspetto programmatico abbiamo anche sottoscritto l’ordine del giorno a prima firma del collega Gasparri, che è un po’ un’agenda condivisa, che poi è stato sottoscritto da tutti i Gruppi parlamentari. Questo perché è una riforma fondamentale che va incidere, come già detto, sulla legge n. 244 del 2012, che prevedeva una riduzione degli organici per creare un modello professionale che in linea di principio naturalmente è condivisibile, ma poi esiste la realtà, esistono gli effetti dell’applicazione, esiste la vita nelle caserme. Chi c’è stato in visita o chi, come me, ci ha anche prestato servizio, sa che cos’è la vita nelle caserme, ossia la vita quotidiana di chi indossa una divisa.
È evidente a tutti coloro che se ne siano interessati che già si vedevano gli effetti negativi della legge n. 244; si vedevano intanto in un risparmio che non c’è stato, ma soprattutto nell’invecchiamento degli organici, e in una operatività limitata dalle ristrettezze che cozzava contro una crescente capacità, specializzazione e formazione delle nostre Forze armate operanti sia in Patria che all’estero. Su questo apro una piccola parentesi, perché anche a livello internazionale, colleghi, dove ci guadagniamo attenzione e l’apprezzamento di tutti per come lavoriamo nelle nostre missioni di pace e nelle missioni internazionali di cooperazione civili e militari, solo nell’anno in corso abbiamo 44 missioni internazionali e 7.598 unità impegnate.
E allora come si fa, come si pensa di attuare un taglio di organico, sia pure progressivo, di fronte alle necessità crescenti, di fronte agli impegni internazionali crescenti, di fronte alle emergenze? Non è possibile togliere risorse e ridurre l’organico. Io penso che nessun settore potrebbe mai sopportare una riduzione di 40.000 persone; si prevedeva infatti di passare da 190.000 a 150.000 effettivi, oltre al taglio dei civili. Ripeto: nessun settore potrebbe sopportare un taglio di organico di 40.000 unità, rispondendo al tempo stesso a ogni esigenza, a ogni servizio, a ogni emergenza crescente (lo sottolineo), fino alla pandemia da Covid.
L’invecchiamento del personale e la carenza di organico impongono la necessità di intervenire. Attenzione, colleghi, noi oggi togliamo un cappio dal collo delle nostre Forze armate, perché tale mi permetto di definire la legge n. 244. È evidente però che questo è solo un passo e un punto di partenza. Dobbiamo continuare a occuparci delle Forze armate, dobbiamo continuare a occuparci seriamente dei temi della difesa e della sicurezza, che sono cruciali e centrali per la geopolitica e per gli interessi nazionali. Anche il mio collega Urso, nella dichiarazione di voto precedente, ha sottolineato e articolato cosa significa oggi impegnarsi per la sicurezza internazionale e per la pace internazionale. Non è solo una questione di deterrenza, sia pure importante, ma è qualcosa di più: è politica strategica e militare, è stabilità da garantire a livello internazionale, mentre si dilata la minaccia alla sicurezza collettiva e mentre alle minacce tradizionali si aggiungono quelle della guerra ibrida. Ai domini classici di terra, aria e mare si aggiungono quelli nuovi, nuovissimi, del cyber, dello spazio, della sfida tecnologica. Si tratta veramente di un universo da fronteggiare, rispetto al quale dobbiamo essere attrezzati.
Come ricordava il mio collega Urso – lo dico a chi ha avuto alcuni ripensamenti, non voglio fare polemica oggi, però la memoria è memoria – dobbiamo rispettare gli impegni internazionali presi e destinare il 2 per cento del PIL alle spese militari per la difesa. Quando lo abbiamo ricordato, abbiamo creato un contraccolpo nella maggioranza uscente. Però bisogna essere coerenti: non si può pensare di tagliare le risorse o di non raggiungere gli obiettivi e poi pretendere il massimo dalle nostre Forze armate.
Torniamo al tema. Le nostre Forze armate sono patrimonio, istituzione, simbolo, valore e realtà operativa, in patria e a livello internazionale, garanzia di pace e di sicurezza. Perché è importante questa riforma? Voglio soltanto sottolineare un passaggio. Questa riforma dice basta al precariato militare. Si introduce il sistema della ferma dei volontari in ferma prefissata: durante il primo servizio di tre anni si potrà accedere con un concorso alla successiva ferma prefissata di tre anni, con un transito in servizio permanente. Ciò significa dichiarare finalmente guerra al precariato, significa migliorare le condizioni di trattamento economico e lo stato giuridico di chi veste la divisa. Basta al precariato nelle Forze armate. Quando il precariato diventa stabile e diventa a tempo indeterminato, vuol dire che qualcosa non è andato e non va.
Mi avvio a concludere. Oggi il Parlamento si riappropria di un suo ruolo e di una sua funzione (lo voglio dire, perché è importante).
Anche questo accordo lo abbiamo raggiunto per un obiettivo superiore e comune, in nome delle Forze militari, delle Forze Armate del Paese. Lo abbiamo fatto per un obiettivo superiore, per un interesse comune superiore e per un interesse nazionale che noi chiamiamo patria. (Applausi).
[Fonte: www.senato.it]