di Annalisa Bucchieri
Tiziana Rizzi, 36 anni, impiegata, uccisa a Pavia dal marito con il coltello da cucina. A lei dedichiamo la copertina di questo numero: è l’ultima vittima, mentre stiamo andando in stampa (9 luglio), di quella strage quotidiana che nelle cronache italiane si è conquistata un neologismo terribile: femminicidio. Cambiano le latitudini, i nomi, le situazioni economiche, l’età, ma la violenza degli uomini verso fidanzate, mogli, ex, colleghe di lavoro o amiche dalle quali “si pretendeva di più” è la stessa. Dalle istituzioni arrivano le prime risposte: il parlamento che vota la ratifica della Convenzione di Istanbul; a seguire il ministro dell’Interno Alfano che nomina un apposito consigliere per la violenza di genere e il femminicidio, Isabella Rauti; e il nuovo capo della Polizia, Alessandro Pansa, che già nel discorso del suo insediamento, annuncia la lotta al femminicidio come priorità nell’Agenda sicurezza. In che direzione ci si sta muovendo? Strumenti normativi più appuntiti (irrevocabilità della denuncia, aggravanti penali, sequestro di armi in caso di stalking), forza repressiva più incisiva, ma anche educazione sentimentale in famiglia e a scuola. In questo la Polizia di Stato traccia la strada: in molte città già da diverso tempo si formano operatori delle volanti, dei commissariati e delle Squadre mobili per saper riconoscere i primi segnali di rischio negli ambiti domestici in cui sono chiamati ad intervenire, ad accogliere le donne che subiscono violenza, dar loro quell’assistenza e quella fiducia necessaria affinché abbiano il coraggio di opporsi ai loro carnefici, proteggerle e seguirle finché il percorso di liberazione non sia ultimato. In una parola: prevenire l’irreparabile. I risultati si vedono nei dati delle denunce che crescono in proporzione alla fiducia nelle forze dell’ordine. Nel primo piano di questo numero di Poliziamoderna, il filo conduttore dei nostri approfondimenti, dall’intervista alla Rauti al parere della criminologa, dalla testimonianza delle associazioni di ascolto a quella dei poliziotti delle questure di Verona, Palermo e Roma, dalla presa di posizione “responsabile” dei media a quella degli scrittori, è che “uscirne si può”. Non c’è un solo finale a questa patologia sociale che colpisce l’emisfero femminile del pianeta (nel mondo una donna uccisa ogni tre giorni). Iniziamo a lavorare perché l’Italia ritorni ad essere un Paese per donne.
[Fonte: www.poliziadistato.it]