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Corriere della Sera.it – Il decreto svuota carceri dimentica i bambini figli delle detenute

Nessun cenno ai bimbi che vivono nei penitenziari, ma dal 2014 in vigore una legge che favorisce gli Icam, strutture alternative per madri con piccoli fino a 6 anni

ROMA – Il decreto «svuota carceri», approvato il 5 agosto dalla Camera, si dimentica dei figli delle detenute. Nel testo, infatti, non compare nessuna norma che disciplini direttamente lo stato dei minori che rimangono in carcere con le madri. «La nuova normativa coinvolge i figli soltanto in maniera indiretta – spiega Francesca Corso, ex assessore ai diritti e alle tutele della Provincia di Milano, da anni in prima linea nella tutela dei bambini delle detenute -. I piccoli trarranno vantaggio, indirettamente, dalle norme che favoriscono le mamme, ad esempio da quelle che prevedono sconti di pena e l’estensione dei benefici carcerari per i recidivi». Ma per il resto si dimentica un’altra legge, che dovrebbe entrare in vigore nel 2014: quella per le strutture alternative al carcere dedicate alle recluse con figli.

PICCOLI DIETRO LE SBARRE – Nelle carceri italiane ci sarebbero circa 70 bambini da zero a tre anni. Solo nel penitenziario romano di Rebibbia 23 bambini sono costretti a guardare il cielo dietro le sbarre: una situazione non molto diversa da quando, nel settembre 2010, a Roma si tenne la mostra «Che ci faccio io qui? – I bambini nelle carceri italiane», con le toccanti foto di Marcello Bonfanti, Francesco Cocco, Luigi Gariglio, Mikhael Subotzky e Riccardo Venturi. Se per questi bimbi il decreto svuota carceri non ha apportato alcun miglioramento, uno spiraglio potrebbe aprirsi dall’applicazione di una legge del 2011 che ha per madrina Anna Finocchiaro.

CUSTODIA ATTENUATA – La normativa consente alle donne di tenere con loro i bambini fino ai 6 anni in strutture non carcerarie, gli Icam: Istituti a custodia attenuata per le detenute madri. Fino a fine anno, resta invece in vigore la legge 26 luglio 1975 n. 354, che all’articolo 11 permette alle detenute madri (quelle che non possono usufruire di percorsi alternativi alla detenzione), di tenere con sé i figli solo fino all’età di 3 anni. Il regolamento carcerario prevede poi la creazione di nidi e infermerie dedicati ai piccoli, ma a Rebibbia il nuovo nido ancora non c’è.. Eppure nella stessa struttura è attivo da 18 anni il progetto «Crescere e giocare insieme»: a portarlo avanti è un gruppo di volontari.

I CASI DI MILANO E VENEZIA – Gli Icam cambierebbero il panorama della detenzione di madri e infanti. Finora le uniche strutture del genere sono state costruite, con anticipo sulla legge, a Milano e Venezia. La nuova normativa entrerà infatti in vigore il primo gennaio 2014. La Regione Lazio, con la Giunta Polverini, aveva già predisposto un piano per la realizzazione di un Icam nel parco di Aguzzano a Roma ma il progetto, arrivato a una fase avanzata, si era bloccato. L’attuale assessore regionale alle Pari opportunità, autonomie locali e sicurezza, Concettina Ciminiello, però, rilancia il piano e auspica che per l’inizio del 2014 la struttura sia completata.

ATTO DI CIVILTA’ NON RINVIABILE – «Siamo favorevoli e ci impegneremo a realizzare un Icam a Roma – spiega l’assessore -. Si tratta di un atto di civiltà che non può essere più rimandato. È necessario, però, verificare i requisiti per la realizzazione della struttura. Dovremo confrontarci con i comitati di quartiere per valutare se il progetto precedente può andare avanti o deve essere modificato». Uno degli “stop” al progetto della Giunta Polverini era, infatti, arrivato dai residenti dell’area limitrofa al parco di Aguzzano. Mentre in Regione il provvedimento era stato approvato quasi all’unanimità. Una convergenza che l’assessore Ciminiello spera si verifichi nuovamente: «Auspichiamo una larga intesa in Regione, si tratta di un passo in avanti fondamentale per le donne detenute e i loro bambini».

IL RAMMARICO DELLA RAUTI – Isabella Rauti, attuale Consigliere del Ministro dell’Interno per il contrasto alla violenza di genere e al femminicidio, durante la sua esperienza nel Consiglio Regionale del Lazio, è stata sicuramente il politico più sensibile alla costruzione di un Icam a Roma. Sue una proposta di legge e svariate interrogazioni in merito. Nonostante non sieda più alla Pisana, tende una mano all’assessore Ciminiello nella speranza che il progetto, stavolta, riesca ad andare in porto. «Abbiamo lavorato due anni e mezzo su un progetto che, posso dire con rammarico, ero convinta si realizzasse – ricorda -. Il Lazio ha un numero di detenute-madri maggiore di quello delle altre Regioni e spesso la capienza “limite” viene superata. Bisogna uscire dall’impasse e unire le forze».

A DISPOSIZIONE DELLA GIUNTA – «Non ho un ruolo istituzionale in Regione – prosegue Rauti -, ma se l’Assessore (ndr. della giunta di centrosinistra guidata da Nicola Zingaretti) lo desiderasse non mi tirerei indietro e metterei a sua disposizione tutta l’esperienza che ho in questo campo. Sarei orgogliosa di fare la mia piccolissima parte. L’Icam è una struttura che permette alle madri di sentirsi meno in colpa per quello che hanno fatto e che soprattutto evita ai bambini lo strazio del carcere».

APPELLO VICE PRESIDENTE DEL SENATO – La necessità di procedere alla costruzione di nuovi istituti di custodia attenuata per le detenute madri, è stata ribadita anche dal vice presidente del Senato, Valeria Fedeli: «Queste strutture sono un esempio virtuoso e un modello da far crescere, ma ad oggi non esistono purtroppo in numero sufficiente. Occorre trovare i fondi perché è in gioco il futuro di bambini che non hanno colpe».

L’ESPERIENZA DEL PRIMO ICAM – Il primo Icam in Italia, quello di Milano, dal 2007 ha ospitato centinaia di madri e bambini fino ai tre anni. Un esperimento ideato da Francesca Corso, che si pone come modello per la realizzazione di nuove strutture. «Gli agenti non sono in divisa, le madri cucinano per i figli e seguono molti corsi – spiega la Corso -. In questa struttura il bambino acquista la gioia della quotidianità che in carcere non aveva. Alcuni bimbi che prima si rifiutavano di parlare, trasferiti all’Icam hanno ripreso a farlo. Il beneficio sociale è altissimo: fra le donne che sono uscite dall’istituto nessuna è tornata a commettere reati».

[Fonte: roma.corriere.it]

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