di Marco Guerra
Nomen omen, dicevano i latini pensando che nel nome della persona fosse indicato il suo destino e un pezzo importante della sua identità. Chissà quindi come avrebbero accolto i nostri ‘padri’ il voto di ieri alla Camera che ha approvato la proposta di legge che abolisce l’obbligo del cognome paterno per i figli, lasciando libertà di scelta ai genitori. Su questo tema Intelligonews ha raccolto il commento Isabella Rauti; una voce femminile che da destra e con un cognome decisamente importante si è sempre battuta per consentire la trasmissione del cognome materno.
Allora Isabella Rauti, ora, in condizioni di normalità, anche le donne potranno trasmettere il cognome ai figli. È contenta?
“Nel tempo mi sono sempre battuta affinché si potesse trasmettere ai figli anche il cognome materno in aggiunta a quello paterno, ma oggi non sono contenta di quello che vedo. Non condivido affatto la proposta di legge approvata ieri alla Camera, in quanto avrà il risultato di cancellare qualsiasi identità e continuità delle radici familiari. Insomma invece di garantire un diritto in più, quello al nome materno, si minano i diritti di tutti”.
Perché dice questo? Entriamo nella fattispecie…
“La Corte europea dei diritti dell’uomo aveva chiesto all’Italia di adeguarsi consentendo anche la trasmissione del cognome materno, ma il nostro parlamento è andato oltre lasciando un’assoluta arbitrarietà di scelta che consente di cancellare le identità genitoriali. Infatti non si dà solo la possibilità di aggiungere il cognome materno a quello paterno ma di decidere, anche in futuro, se mantenere esclusivamente uno dei due o dare ai figli degli stessi genitori, cognomi diversi. Questa è una libertà senza regole che finisce per ledere i diritti di qualcuno, per stravolgere le identità personali che ci sono date alla nascita, osssia nascono con noi, e per annacquare le appartenenze familiari. Lo dico anche se sono sempre stata favorevole alla possibilità di poter aggiungere il cognome materno; e personalmente vorrei aggiungere il mio a mio figlio, anche per evitare che il cognome di mio padre scompaia con me”.
In molti vedono in questa misura l’ennesima picconata alla famiglia naturale, altri la vedono come una legge propedeutica per i futuri figli delle provette e dell’eterologa e di una società senza radici. Sono visioni apocalittiche o c’è qualcosa di vero?
“Questa dietrologia sinceramente non la vedo, stiamo parlando di cose diverse. Sicuramente è, più in generale, in atto un’ondata culturale che vorrebbe fare tabula rasa di tutte le identità, a cominciare da quelle di genere femminile e maschile, e di ogni forma che esprima radicamento e appartenenza, individuale, personale, familiare, comunitaria”.
Nelle società patriarcali trasmettere il cognome paterno serviva anche ad incentivare la responsabilità del padre. Ora non si rischia di delegittimare sempre di più questo maschio ‘Peter Pan’ ed eternamente in fuga?
“Il ruolo paterno come quello materno non dipendono solo dalla trasmissione del cognome ma dall’assunzione di responsabilità!Certamente ogni forma di “delegittimazione” contribuisce a rendere più labili i ruoli e le funzioni genitoriali; e quando si delegittima l’appartenenza alla famiglia, si minaccia il suo ruolo educativo fondamentale nei confronti dei figli e anche della società”.
Beh forse la trasmissione del cognome serviva anche a differenziare i ruoli…
“La trasmissione del cognome concorre alla formazione dell’identità personale e rafforza l’ereditarietà morale. Si vuole cancellare quindi anche il concetto simbolico e spirituale di ereditarietà, quello che concorre alla formazione dell’identità personale e rafforza la gioia di essere continuati. L’esercizio del ruolo si arricchisce con il tema delle radici e con quello dell’identità; se si diluiscono le identità, perdono di efficacia anche i ruoli e viceversa. Ogni attentato alle radici favorisce una spinta alla deresponsabilizzazione e questa proposta di Legge lo è. Lo stesso ragionamento vale per l’introduzione di genitore A e genitore B sui documenti scolastici: si tende a creare un genere sempre più indistinto , una sorta di terzo genere, in cui le identità non siano nè forti né percettibili. ”.
E lei come lo ha vissuto il suo cognome?
“Sono sempre stata orgogliosa delle mie radici e del mio cognome e ancor di più quando questo mi ha creato qualche difficoltà. In coerenza con questo mi farebbe piacere che mio figlio Manfredi aggiungesse il mio cognome a quello trasmessogli dal padre (Alemanno Ndr)”.
Ne ha parlato con suo figlio?
“No, ancora no, per il momento è solo un auspicio, non ho mai chiesto nulla a mio figlio”.
Ne dovrà parlare anche con il padre. Lo ha già fatto?
“No, non ho parlato nemmeno con mio marito di questa cosa. Ad ogni modo sono questioni private, che intendo affrontare con la mia famiglia e non certo a mezzo stampa”.
[Fonte: www.intelligonews.it]