Potrebbe essere la conferma di alcuni luoghi comuni (“tutto è possibile”) o l’eccezione di altri (“l’abito non fa il monaco”), ma il fatto resta. Alle elezioni politiche tenutesi il 4 marzo 2018, nell’elenco dei personaggi che andranno a riempire gli scranni del nuovo parlamento ci sarà anche Isabella Rauti, figlia di Pino Rauti, fedelissimo appartenente alla Repubblica Sociale Italiana di Mussolini, poi fondatore del Movimento Sociale Italiano ed infine fondatore del Movimento Sociale Fiamma Tricolore quando l’ultimo segretario lo trasformò in Alleanza Nazionale. Isabella Rauti, moglie del discusso ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, non ha mai rinnegato le idee del padre (defunto nel 2012), a memoria del quale gestisce una associazione culturale e centro studi.
Isabella Rauti è certamente una donna in gamba, istruita, volenterosa (è finanche Maggiore dell’Esercito Italiano) . Le va riconosciuto che ha sempre partecipato all’attività politica con passione e coerenza, anche se militando in file “scomode” per chi pensa di arrivare a coronare il sogno di entrare nei palazzi più importanti come protagonista. E’ fascista. Non lo ha mai ostentato (perché in Italia dichiararlo è un reato), ma non lo ha mai rinnegato, neanche pochi giorni fa, il 12 febbraio 2018, quando a Cardinale (in provincia di Catanzaro, dove era nato il padre) ha partecipato ad una cerimonia dal sapore commemorativo e nostalgico ed ha deposto un mazzo di fiori.
Non conosco personalmente Isabella Rauti, ma una volta ebbi occasione di stare seduto a meno di 5 metri da lei per un paio d’ore. Era una sera del 2001 e mi trovavo con alcuni colleghi di lavoro a mangiare una pizza in un locale nella zona di Lunghezza, alla periferia est di Roma. Casualmente, accanto al nostro tavolo ci ritrovammo ad essere vicini di una più nutrita tavolata, formata da lei e da altri simpatizzanti della Fiamma Tricolore, partito dove in quel periodo Isabella Rauti concorreva per la poltrona di sindaco di Roma, ma con un risultato che si sarebbe rivelato risibile nei voti ricevuti, sia in termini numerici che percentuali. Confesso che il ricordo dei dettagli di quella sera ormai è abbastanza sbiadito, ma ciò che mi rimase impresso è che lei dal vivo era decisamente più gradevole ed aggraziata di quanto appariva nelle fotografie e, inoltre, che gli altri commensali del suo tavolo erano indistintamente, inequivocabilmente, tutti dei fascisti.
Il paradosso della crescente mancanza di libertà che le persone comuni hanno sempre più in Italia (dove siamo tutti controllati attraverso telecamere, telepass, bancomat, tessere dei supermercati, tessere dei benzinai, proditori accessi a banche dati personali perché se non si dà il consenso al trattamento dei dati personali ormai non è più possibile neanche chiedere l’allacciamento alla rete elettrica) si è ormai esteso anche alle votazioni, che cambiano sempre nelle modalità, che sono prima “antidemocratiche” nel premiare chi fa le “ammucchiate” (premi di maggioranza, sbarramenti, ballottaggi, ecc.) e poi “autoritarie” nel riuscire a mettere in piedi gruppi di governo non votati preventivamente dagli elettori.
In questa tendenza, il 4 marzo 2018 Isabella Rauti è riuscita ad essere eletta senatrice per la prima volta, a più di 55 anni di età, pur essendo rimasta sostanzialmente e chiaramente “fascista”, cosa che a me non turba, non mi esalta e non mi suscita alcun sentimento perché decisi di smettere di andare a votare alle elezioni politiche a cominciare dal 1994. Ma Isabella Rauti non è stata eletta nella terra del padre (Calabria), o nella sua città (Roma), o in un’area geografica dove la destra sia più tradizionalmente forte che in altre. Isabella Rauti è stata eletta alla circoscrizione “Lombardia”, collegio uninominale “18-Mantova”, con 119.726 voti ricevuti (pari al 44,42% dei voti validi, che sono stati 277.097), seguita a notevole distanza dai candidati del centrosinistra e pentastellata (25,24% il primo e 23,44% la seconda). Nella sempre “rossa” provincia di Mantova, dunque, dove i codici postali sono di tipo emiliano (cominciano con “4” invece che con “2” come nel resto della Lombardia), dove le acque di alcuni fiumi provengono dall’Appennino, bagnando un territorio che è ufficialmente inserito nelle aree del Lambrusco e del Parmigiano Reggiano.
Nel gioco della progressiva perdita di libertà, dunque, i “rossi” Mantovani che erano delusi dal centrosinistra, potevano solo scegliere tra il non andare a votare oppure optare tra una carneade pentastellata o una fascista. Con l’ulteriore paradosso che il 12 febbraio 2018, proprio mentre Isabella Rauti si trovava in Calabria ad esaltare il padre fascista che era riuscito a scappare dalla prigione francese in Algeria di Ténès, per tornare poi in Italia a fondare il MSI, il consiglio comunale del Comune di Mantova votava a maggioranza la revoca della cittadinanza onoraria conferita a Benito Mussolini nel 1924.
[Fonte: estonianbloggers.blogspot.com]