Si è svolta a Roma nel mese di settembre la terza edizione della “Cybertech Europe 2019”, due giorni di conferenze e mostre sulle ultime innovazioni e sugli sviluppi del mondo dell’industria cibernetica; la rassegna è il principale incontro al livello europeo, dedicato ai temi della sicurezza informatica, alle opportunità ed ai rischi cyber, nell’era dell’industria 4.0. Il settore è in enorme espansione, rappresenta un’immensa opportunità lavorativa già nell’immediato futuro, e sarà un bacino privilegiato di richiesta di professionisti; ma si registra un gap tra la “domanda” e “l’offerta”, destinato ad aggravarsi! Si stima, infatti, che entro il 2021\22 ci saranno circa 3,5 milioni di posti di lavoro globali da occupare nella cyber-security, e in Europa ci sarà una carenza di competenze nella sicurezza informatica, di circa 350mila lavoratori.
Il settore della cybersecurity già da tempo stigmatizza lo squilibrio che si sta consolidando e lamenta la carenza di offerta di lavoratori qualificati; le aziende e le amministrazioni pubbliche interessate impiegano sempre più tempo a reperire sul mercato del lavoro le competenze necessarie, professionisti nella cybersecurity, dotati di conoscenze tecniche specifiche. E c’è un doppio gap: pochi professionisti e pochissime donne! Seppure in rapida e costante crescita le donne professioniste nel settore cyber , a livello globale, raggiungeranno il 20% entro la fine dell’anno in corso (erano solo l’11% nel 2013 secondo il Cybersecurity Ventures). A correggere questo oggettivo squilibrio di genere punta anche il Progetto europeo “Women4cyber” lanciato nel 2018 con il patrocinio della Commissione europea, e ufficialmente inserito a gennaio di quest’anno nell’ambito della European cyber security organisation (Ecso), partenariato pubblico-privato. Nato per promuovere la partecipazione e l’inclusione delle donne nel settore della sicurezza informatica, ora il network “Women4cyber” punta a trasformarsi in una Fondazione con una sua struttura operativa. La lacuna da colmare passa, necessariamente, anche attraverso la formazione; nelle Università italiane la percentuale femminile iscritta alle discipline di Ingegneria e “Scientifico, tecnologico, e matematico” (STEM), resta bassa e ruota intorno al 15%, a fronte di una massiccia partecipazione (il 60%) nel resto del sistema delle facoltà universitarie. Questi dati percentuali disegnano una situazione paradossale; il numero residuale di studentesse negli ambiti formativi dell’informatica, dell’ingegneria, della robotica, dell’elettronica e delle telecomunicazioni costituisce un grave deficit, rappresenta un ostacolo agli sviluppi del mondo digitale e contiene le premesse per ulteriori discriminazioni di genere. Infatti, il futuro è cyber e le nuove professioni saranno prepotentemente frutto della digitalizzazione e richiederanno una formazione specifica in informatica ed ingegneria ed un apprendimento continuo nelle materie di alta tecnologia. Dal punto di vista culturale è necessario superare lo stereotipo diffuso e scoraggiante che vuole che i maschi siano più portati e più adatti alle discipline, e di consegunza alle professioni cosiddette STEM ma questa è, come si dice, una lunga e vecchia storia, un luogo comune da ribaltare in modo pragmatico, incoraggiando le ragazze, oggi sottorappresentate, a scegliere questi settori di studi e promuovendo la partecipazione femminile sia alla fase di formazione che a quella di ricerca dell’impiego. E se la formazione è la prima sfida, l’accesso, la permanenza e l’ascesa lavorativa delle donne nel settore Cyber sono sicuramente la seconda; infatti, i numeri parlano chiaro: il 52% della forza lavoro femminile impiegata nel settore vanta un Master in cyber security e comunque ha un titolo universitario di secondo livello (contro il 45% degli uomini) eppure i colleghi maschi hanno quattro volte più possibilità di ricoprire posizioni C Level e nove volte quelle manageriali (Fonte, Sole24Ore). Il comparto cyber è in continuo divenire e rappresenterà sempre di più una frontiera strategica, da questo processo l’empowerment femminile non può essere escluso e neppure marginalizzato. Perché nessuna rivoluzione può essere fatta senza le donne.
Pagina 61 da Airpress n. 104
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