Atto n. 4-02412
Pubblicato il 31 ottobre 2019, nella seduta n. 161
RAUTI – Al Ministro della difesa. –
Premesso che:
tra pochi giorni ricorrerà il sedicesimo anniversario della strage di Nassiriya, avvenuta il 12 novembre 2003 e nella quale morirono 19 italiani, di cui 12 Carabinieri, 5 militari dell’Esercito e 2 civili;
la strage di Nassiriya è una delle pagine più tristi della storia d’Italia recente, nonché una ferita ancora aperta nella memoria e nella coscienza nazionale, nonché nella storia delle missioni internazionali;
considerato che:
con sentenza del 10 settembre 2019 la Corte di cassazione ha condannato il generale di corpo d’armata Bruno Stano, comandante dell’Italian Joint Task Force Iraq nel periodo ottobre 2003 – gennaio 2004, a risarcire le famiglie delle vittime dell’attentato terroristico di Nassiriya;
per tali fatti, il generale Bruno Stano ha subito un procedimento penale, con l’imputazione di reato aggravato colposo di «distruzione o sabotaggio di opere militari», uscendone assolto con sentenza della Corte d’Appello Militare di Roma del 24 novembre 2009;
il generale Bruno Stano ha più volte rappresentato di avere adempiuto ai propri doveri di comandante, che l’attentato di Nassiriya era del tutto imprevedibile sulla base delle informazioni disponibili e che in ogni caso non sarebbe stato possibile ovviare, con gli uomini e i mezzi a disposizione, a un evento di tale portata;
l’Esercito italiano e il Governo hanno sempre ritenuto degno di completa fiducia il generale Bruno Stano, che ha lasciato il servizio attivo nel 2017, raggiungendo il grado apicale di generale di corpo d’armata e ricoprendo da ultimo l’incarico di comandante delle Forze operative nord;
rilevato che:
rispetto a questa vicenda si registrano numerose reazioni, anche da parte di qualificati esponenti del comparto della Difesa, che appare utile rimarcare in questa sede; l’interrogante considera rilevante citare, ad esempio, quanto al riguardo scritto dall’esperto di strategia militare Gianandrea Gaiani: «risulta a dir poco contraddittorio che un comandante non sia stato condannato da Corti marziali o tribunali penali ma venga poi costretto a risarcire le famiglie delle vittime per altro già indennizzate dallo Stato per la morte dei loro cari. Il precedente risulta devastante per la credibilità militare dell’Italia e per il messaggio che trasmette ai comandanti di oggi e di domani. Quale generale sarà sereno nel guidare i suoi uomini in operazioni se rischierà di dover rispondere di tasca sua per feriti e caduti? Né certo potrà esserlo un giovane capitano nell’ordinare alla sua compagnia di attaccare terroristi o miliziani. Le guerre sono piene di errori di valutazione ma un soldato può risponderne davanti ad una Corte marziale non in termini di risarcimenti» e ancora, aggiunge Gaiani, «se le truppe italiane in Iraq avessero avuto più unità del Genio avrebbero potenziato in tempo utile le mura delle basi, se avessero avuto i carri armati avrebbero potuto porli a difesa degli accessi a ponti e basi bloccando ogni minaccia»;
oltre a queste osservazioni, appare considerevole il recente appello dell’ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica militare, Leonardo Tricarico, rivolto all’indirizzo del Ministro della difesa, a considerare, con riferimento al processo a carico del generale Stano, «ogni provvedimento atto a riparare danni già prodotti e a promuovere una riflessione generale sull’adozione di nuove norme che proteggano gli operatori impegnati in Italia e all’estero nella quotidiana e interminabile guerra al terrorismo»;
l’interrogante, pur nella ferma determinazione in ordine al riconoscimento del pieno diritto dei familiari di caduti di Nassiriya ad ottenere il giusto risarcimento (diritto che non è assolutamente messo in discussione), anche a fronte delle citate osservazioni, evidenzia come la sentenza di condanna di risarcimento in sede civile sopravviene a distanza di sedici anni dai tragici fatti di Nassiriya e in seguito a un processo penale a carico dello stesso generale Stano, conclusosi invece, in questa sede, con la sua assoluzione dall’accusa di non aver predisposto opportune difese e di aver sottovalutato gli allarmi dell’intelligence: circostanza che pone obiettivi e legittimi interrogativi, sia sulla coerenza tra le due decisioni, che sulla definizione delle responsabilità;
la situazione determina conseguentemente l’emersione di un duplice profilo di incertezza, da un lato, nei confronti del generale Bruno Stano, assolto in sede penale, ma condannato in sede civile al risarcimento dei danni, e dall’altro, nei riguardi dei familiari dei caduti di Nassiriya, ai quali a parere dell’interrogante, lo Stato, anziché intentare una difficoltosa, lenta e dispendiosa ricerca delle responsabilità individuali, oggi accertate in via definitiva ma non senza contraddizioni, avrebbe dovuto assicurare senza indugio un adeguato risarcimento in favore dei propri soldati;
appare infine necessario, anche al fine di assicurare un’efficace azione delle Forze armate in ordine alla prioritaria funzione di difesa dello Stato, fissare in modo certo, chiaro e univoco, anche attraverso opportune e urgenti previsioni di legge, il principio per cui la responsabilità civile dei militari, nell’esercizio delle loro funzioni e nel corso delle loro attività, sia posta in capo allo Stato: un principio di riequilibrio e bilanciamento delle responsabilità che consentirebbe al contempo di assicurare tempi celeri e certi per i risarcimenti ove ricorrano le condizioni, e garantire un’organizzazione delle operazioni militari libera e incondizionata rispetto al rischio di incorrere in forme di responsabilità civile, come avvenuto in questo caso,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo non ravveda, nelle decisioni che hanno coinvolto il generale Bruno Stano, elementi di difformità, incoerenza o contraddizione e se non ritenga che sarebbe stato opportuno che lo Stato si facesse carico di quanto accaduto a Nassiriya;
se abbia valutato attentamente i possibili risvolti di questo precedente sul comando delle missioni all’estero, in ragione dei fattori di turbamento della serenità dei comandanti delle missioni militari all’estero connessi al rischio di incorrere in analoghe vertenze giudiziarie;
se non ritenga necessario adottare interventi normativi idonei a stabilire il generale principio per cui la responsabilità civile per eventuali danni causati dai militari nell’esercizio delle loro funzioni sia posta in capo allo Stato.
[Fonte: www.senato.it]