Resoconto stenografico in corso di seduta
È iscritta a parlare la senatrice Rauti. Ne ha facoltà.
RAUTI (FdI). Signor Presidente, intervengo nel merito dell’articolo 6, Capo II, ovvero quello che introduce la app Immuni. Voglio precisare che si tratta della conversione di un decreto-legge che per brevità definiamo «proroga delle intercettazioni e sospensioni processuali» e pongo subito la prima questione che è di metodo (poi verrò a quelle di merito). La questione di metodo che sottolineo è la seguente: il decreto-legge n. 28 del 30 aprile 2020 si sovrappone ad atti amministrativi già adottati e viene varato dopo gli atti amministrativi che dovrebbe disciplinare. Quindi, sostanzialmente, con l’introduzione dell’articolo 6, il Governo cerca di dare una copertura legislativa ad atti amministrativi fondamentalmente illegittimi. Mi pare che questa sia una prassi che si va consolidando e che abbiamo già denunciato, ovvero quella di DPCM abusivi.
Nell’incipit del citato articolo, si legge: «Al solo fine di allertare le persone che siano entrate in contatto stretto con soggetti risultati positivi e tutelarne la salute»; questa quindi è la funzione dell’app Immuni.
Faccio notare che la prima persona da allertare dev’essere il ministro Di Maio, che ai microfoni di Sky TG24 ha commesso una nota gaffe, dicendo: «Immuni ci avviserà se ci avviciniamo a persone infette». Sostanzialmente, quindi, il Ministro ha una visione quasi di preveggenza dell’app, che infatti è stata ironicamente ribattezzata “Immunerò”. Come tutti sanno, serve esattamente al contrario, cioè a dichiarare se nei giorni precedenti si è entrati in contatto con una persona poi risultata positiva.
Torniamo alle cose serie e vengo a qualche merito. Vi sono molti dubbi tecnici e anche perplessità – che abbiamo scritto nelle nostre interrogazioni presentate sia alla Camera sia al Senato – sulle procedure, sulla criticità rispetto alle violazioni della privacy, sui problemi di cybersicurezza, sul conflitto di interessi, sul family office cinese e quant’altro.
Cominciamo delle procedure: durante la fast call for contribution adottata per individuare soluzioni tecnologiche per il monitoraggio (il cosiddetto contact tracing) non sono stati indicati né un criterio di selezione né le caratteristiche dell’app. Il gruppo di lavoro data-driven, nonostante questo, tra le 319 proposte pervenute, ha selezionato l’app Immuni della società Bending Spoons spa, che peraltro non aveva ancora realizzato il prodotto (ecco l’unico criterio di selezione adottato in questa gara). Tuttavia, si è svolta una gara d’appalto informale, con una deroga al codice degli appalti, dettata da motivi di urgenza, che per altri casi invece, purtroppo, non è stata adottata.
Il commissario straordinario ha quindi dato alla predetta società questo contratto di concessione gratuita della licenza d’uso, senza che la Bending Spoons spa abbia fornito alcun report in merito ai test di sicurezza sulle applicazioni. Potremmo continuare sulle difformità e irregolarità procedurali. Restano comunque sul tappeto problemi sul rilascio aggiornato, fatto da Bending Spoons spa, nonché – lo sottolineo – la potenziale dipendenza dell’app da una società privata.
Andiamo avanti, però, sulle criticità tecniche: mi riferisco al tracciamento tramite bluetooth, che – come dicono gli studiosi e gli esperti – potrebbe compromettere la stessa efficacia dell’app. Vi sono quindi dubbi sulla sua sicurezza e sulla vulnerabilità dei sistemi bluetooth, rischi di hackeraggio, di diffusione di falsi allarmi e di reidentificazione dei dati.
La domanda allora è come si ritiene di garantire la sicurezza dell’applicazione e dei server, la conservazione dei dati memorizzati e gli scambi tra le app e il server remoto e come si concilia tutto questo potenziale rischio con la tutela della libertà e dei diritti costituzionali dei cittadini e della privacy.
In sintesi, non avete chiarito perplessità sulla sicurezza, sulla tutela della privacy e sulla stessa efficacia di derivazione e di tracciamento dell’app. Insieme a questo, quindi, si pone sostanzialmente anche un altro problema, perché l’app funziona se è diffusa, altrimenti non serve. La domanda è quale percentuale di popolazione l’app potrà raggiungere: sicuramente non il 50-60 per cento, che sarebbe un campione utile di diffusione; forse il 10 o il 20 per cento? Ci sarà sempre una porzione di persone senza connessione ad Internet o semplicemente refrattaria o che non ha il telefonino adatto. Insomma, in una parola, quest’app è una forma di propaganda del Governo, perché ha difetti tecnici, anche di funzionamento, che sono stati denunciati da esperti, non da Fratelli d’Italia.
Qual è il punto politico che invece sottolineiamo? Stanti così le cose, l’app Immuni può diventare uno strumento di sorveglianza di massa, che rischia di privare i cittadini italiani delle libertà fondamentali costituzionalmente garantite e di compromettere il diritto alla riservatezza dei dati personali. È altrettanto evidente che tale app – così esposta e vulnerabile – sia un forte richiamo per cybercriminali, servizi segreti stranieri, attacchi cibernetici, hackeraggi e società che potrebbero commercializzare i famosi dati.
Per ora siamo in una fase sperimentale (quattro Regioni), poi diventerà operativa, ma dobbiamo ricordare a tutti che questa app parte in ritardo. Perché parte in ritardo? Perché si è dovuti passare, o meglio siete dovuti passare a un certo punto da un modello centralizzato a un modello decentralizzato e avete dovuto aspettare la fine di maggio per la piattaforma di Google e di Apple.
Sono tutte questioni che noi avevamo posto con le nostre interrogazioni e che erano facilmente prevedibili, per cui si doveva, o meglio dovevate correre ai ripari prima. Facendo un’altra notazione di colore – lo dico poi per inciso, siamo in pochi, ma magari può interessare – non è stato certo rassicurante l’inizio. Non so se ricordate la tragicommedia che si è consumata per l’immagine scelta per l’app Immuni sul sito istituzionale. All’inizio erano rappresentati la mamma col bambino e il papà al computer; dopo le polemiche di tutti contro tutti – non entro nel merito – che cosa è stato fatto? Si è invertito l’ordine degli addendi, ma la somma non è cambiata, ovvero la mamma è stata rappresentata al computer e il papà col bambino in braccio. Verrebbe da dire che i creativi della Bending Spoons sono veramente di poca, scarsa e risibile fantasia.
Torniamo però all’altro aspetto centrale ovvero alla vulnerabilità della tecnologia bluetooth, anche se senza bluetooth è altrettanto vero che l’app è inefficace.
Ancora, chi usa l’app deve tenere la connessione sempre accesa, altrimenti il sistema non funziona e quella bluetooth non è una tecnologia di precisione; come tutti sanno, il segnale può subire interferenze ed essere indebolito da variabili e fattori diversi.
In sintesi – e concludo, signor Presidente – l’elenco delle criticità potrebbe essere ulteriore e lo lasciamo agli esperti che le hanno esposte, ma un dato va sottolineato. Noi stiamo, anzi, voi state affidando il famoso e importante tracciamento dei positivi ad un’app – con tutti i difetti e la vulnerabilità che abbiamo detto, con una connettività instabile – e ad un algoritmo. Questa non è la soluzione migliore, né è rassicurante per la nostra salute. Servirebbe almeno parallelamente un sistema di tracciamento analogico a tappeto sul territorio, come peraltro hanno fatto altri Paesi (lo hanno fatto la Francia e gli Stati Uniti), mentre da noi questo sistema non è mai partito e non se ne è mai manco parlato.
Resta poi la questione dei tamponi a tappeto e dei test sierologici, sulla quale Fratelli d’Italia ha fatto moltissimo. Benissimo: non avete fatto niente di tutto questo e si affida la materia ad algoritmi e alla propaganda. In bocca al lupo! (Applausi).
[Fonte: www.senato.it]