Percorso:

Interrogazioni a risposta scritta – Atto n. 4-05140 – Ai Ministri della salute, dell’interno e delle politiche agricole alimentari e forestali

Atto n. 4-05140

Pubblicato il 24 marzo 2021, nella seduta n. 307

FAZZOLARI , BALBONI , DE BERTOLDI , DRAGO , GARNERO SANTANCHE’ , LA PIETRA , MAFFONI , PETRENGA , RAUTI , TOTARO , URSO , BARBARO – Ai Ministri della salute, dell’interno e delle politiche agricole alimentari e forestali. -Premesso che:

l’Ente nazionale per la cinofilia italiana (ENCI), riconosciuto dallo Stato nel 1940, detiene il libro genealogico delle razze canine dal 1882, svolgendo un’attività di rilievo generale nella sua tenuta, secondo quanto previsto dal disciplinare del libro (decreto ministeriale n. 21095 del 1996) e dalle relative norme tecniche (decreto ministeriale n. 21203 del 2005), in armonia con le normative comunitarie e secondo gli indirizzi della Federazione cinologica internazionale (FCI);

il pedigree è il certificato di iscrizione a uno dei registri del libro genealogico, viene emesso e stampato esclusivamente nella sede centrale dell’ENCI e garantisce che l’iscrizione del cane sia avvenuta secondo la normativa del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; un cane sprovvisto di pedigree emanato dall’ENCI non può essere considerato un “cane di razza”;

per la legislazione italiana la vendita di cani proposti come “cani di razza”, senza adeguata certificazione ENCI, è vietata dal decreto legislativo n. 529 del 1992 e inoltre, con nota n. 2763 del 3 febbraio 2017, il Ministero della salute indica che “la commercializzazione di soggetti di origine nazionale e comunitaria definiti o dichiarati di razza è possibile esclusivamente previa apposita certificazione genealogica (pedigree), rilasciata dall’associazione che detiene il relativo libro genealogico”;

le stringenti regole e il codice deontologico che impegna gli allevatori associati all’ENCI, legati prevalentemente al benessere animale, indirizzano l’allevamento italiano del cane di razza verso la tutela dell’allevamento responsabile e della corretta selezione e in tal senso, ad esempio, è orientata la riproduzione selezionata dell’ENCI;

l’ENCI, che si caratterizza per un numero rilevante di allevamenti di modeste dimensioni, nei quali nasce un numero ridotto di cuccioli appartenenti quasi sempre a una sola razza, adotta una politica di contrasto alla possibile proliferazione in Italia dei grandi “cucciolifici” multirazza, presenti in alcuni stati dell’est Europa, dove la tutela animale è spesso scarsa o addirittura inesistente, con cani spesso allevati in spazi angusti, in pessime condizioni igienico-sanitarie e privati della dovuta socializzazione;

di contro, l’offerta di cuccioli di razza proveniente da allevatori che iscrivono i propri cani al libro genealogico italiano è piuttosto rigida, per le regole in vigore e per l’attenzione dedicata agli animali, che impongono giustamente importanti limitazioni al numero di cucciolate: i parti ravvicinati sono vietati, le fattrici non possono essere stressate con un numero eccessivo di cucciolate nell’arco della loro vita, le cagne troppo giovani non possono riprodurre e quelle oltre una certa età lo possono fare solo a seguito di certificazione veterinaria attestante l’idoneità al parto;

nonostante le rigide norme e l’attenzione al benessere animale e alla tutela delle razze, l’offerta di cuccioli di razza proveniente da allevamenti associati all’ENCI nel 2020 è aumentata del 4 per cento rispetto all’anno precedente, con un numero di iscrizioni di cani al libro genealogico pari a circa 165.000 unità;

a fronte di ciò, come rilevato anche in molti altri Stati in Europa (per esempio Germania e Regno Unito), la domanda di cuccioli di razza in Italia risulta in forte espansione, tanto che le richieste sono stimate, nello stesso periodo, in crescita di oltre il 20 per cento. In un momento di grande pressione psicologica a causa della pandemia, sono infatti molte le famiglie italiane che desiderano affidarsi ai cani per alleviare lo stato di ansia e timore per il futuro, anche in virtù di numerosi studi che dimostrano come il contatto quotidiano con il proprio cane, soprattutto nei bambini, faciliti il superamento degli stati emotivi di stress, in particolar modo nei momenti di calo forzato della socialità;

in questo quadro, si inserisce da tempo un commercio illegale di cani provenienti dall’est Europa, venduti per migliaia di euro come “cani di razza”, con numeri annui che si stimano addirittura nell’ordine di circa 300.000 unità, come più volte raccontato da diversi media e da rapporti delle forze dell’ordine;

questa “tratta di cuccioli” si contraddistingue per le condizioni terribili in cui versano i cani, di tenerissima età (30-40 giorni), strappati anzitempo alle loro madri, imbottiti di medicinali, gettati nel fondo di scatole per interminabili giorni di viaggio. Molti muoiono lungo la strada e solo i più fortunati terminano questa odissea presso una famiglia, varcando illegalmente la frontiera italiana, spesso accompagnati da gravi patologie e con l’alta probabilità di insorgenza di problemi comportamentali;

recenti indagini hanno messo in evidenza come la criminalità organizzata stia cominciando a interessarsi a questo business illegale, dove il guadagno è molto elevato (un cucciolo comprato nell’est Europa a circa 50 euro può essere venduto in Italia anche a 1.000 euro) e il mercato in costante crescita;

questo mercato, caratterizzato da una domanda in fortissima crescita e da un’offerta italiana che le giuste regole del benessere animale impongono essere piuttosto rigida, crea le condizioni per l’aumento dell’importazione illegale di cani dall’est Europa, destinata a colmare la differenza tra l’offerta di cuccioli realmente di razza (iscritti al libro genealogico) e quelli illecitamente introdotti nel territorio italiano;

sul territorio nazionale esistono 1.340 canili, tra canili sanitari e canili rifugio, che impegnano migliaia di volontari e che accolgono circa 118.000 cani, la stragrande maggioranza dei quali pronta per l’adozione da parte di una famiglia. Lo Stato versa per ogni cane presente nei canili 3,5 euro al giorno,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza della vicenda;

quali misure siano state adottate o intendano adottare per fare fronte a tale emergenza, sia tutela dei cuccioli oggetto di compravendita sia a tutela dell’allevamento cinofilo italiano, che risponde alle regole del benessere animale e il cui mercato di riferimento viene inondato di cani sopravvissuti alla crudele tratta descritta e venduti falsamente come “di razza”;

quali iniziative intendano assumere in favore dei canili italiani, per far sì che una corretta regolamentazione del mercato favorisca un aumento delle adozioni e un assorbimento consistente della domanda oggi indirizzata verso il mercato illegale e, al contempo, generi un importante risparmio per lo Stato che oggi versa ai canili 3,5 euro al giorno per ogni cane residente;

se la nota n. 2763 del 3 febbraio 2017 del Ministero della salute risulti essere applicata regolarmente in tutte le Regioni dal servizio veterinario;

se alle forze dell’ordine, e in special modo alla Polizia di frontiera, siano state fornite le informazioni necessarie e siano stati concessi gli adeguati strumenti di indagine per affrontare e contrastare il commercio illegale di cuccioli.

[Fonte: www.senato.it]

Questa voce è stata pubblicata in Interrogazioni.