Atto n. 1-00427
Pubblicato il 19 ottobre 2021, nella seduta n. 368
CIRIANI , RAUTI , BALBONI , BARBARO , CALANDRINI , DE BERTOLDI , DE CARLO , DRAGO , FAZZOLARI , GARNERO SANTANCHE’ , IANNONE , LA PIETRA , LA RUSSA , MAFFONI , MALAN , NASTRI , PETRENGA , RUSPANDINI , TOTARO , URSO , ZAFFINIIl Senato,
premesso che:
il Parlamento europeo, il 2 aprile 2009, ha approvato una risoluzione storica, con la quale si equiparano i crimini di tutti i regimi totalitari che hanno operato in Europa, e per la prima volta si riconosce anche l’esistenza delle violenze avvenute ad opera dei regimi comunisti totalitari e antidemocratici nell’Europa centrale e orientale;
tale linea è stata ribadita anche dalla relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio “La memoria dei crimini commessi dai regimi totalitari in Europa” (COM/2010/0783) e dalla risoluzione del Consiglio d’Europa “Sulla necessità di una condanna internazionale dei crimini dei regimi del totalitarismo comunista” (n. 1481 del 25 gennaio 2006);
lo spirito europeo più autentico, quello che Fratelli d’Italia vorrebbe ritrovare, ha dato vita ad un’integrazione tra popoli e nazioni diverse, ma che vivono sullo stesso continente, in risposta alle sofferenze inflitte da due guerre mondiali e come mezzo per superare profonde divisioni e ostilità, uno spirito che si è perso con l’anteposizione dell’economia ai popoli, della moneta alle nazioni;
le interpretazioni distorte della storia possono generare false convinzioni, come una visione manichea delle responsabilità e la conclusione che il lassismo di una società multiculturale possa essere la panacea di ogni male, minando alla base ogni identità nazionale e negando l’auspicabile convivenza nella pari dignità come sintetizzata nel motto europeistico “uniti nella diversità”;
nella storia non esistono narrazioni unilaterali: la storia la fanno i vincitori e, per questo, occorre uno sforzo di onestà intellettuale, sedimentato il tempo della passione e ritrovato quello dello studio, che porti ad essere imparziali affinché nulla si possa ripetere con drammatica inconsapevolezza;
la metabolizzazione del male perché non si ripeta necessita di una memoria sofferta e condivisa;
come evidenziato dalla risoluzione del Parlamento europeo, l’Europa non sarà unita fino a quando non sarà in grado di creare una visione comune della propria storia e non avvierà un dibattito onesto e approfondito sui crimini perpetrati da tutti i totalitarismi nel secolo scorso, considerando che nel 2019 si celebrerà il trentesimo anniversario del crollo delle dittature comuniste e della caduta del muro di Berlino;
agli inizi della presidenza repubblicana di Nixon, il Senato degli Stati Uniti d’America commissionò tre studi per fare chiarezza su alcuni aspetti oscuri della storia e venne così alla luce, nel 1970, il volume “The human cost of Soviet Communism”, un’opera firmata dall’illustre storico britannico Robert Conquest, uno dei massimi studiosi della rivoluzione sovietica;
al netto delle vittime dello sforzo bellico, Robert Conquest quantificò il numero dei morti provocati dal comunismo, nei 20 anni seguenti alla presa del potere di Lenin, in oltre 21 milioni, oltre 15 milioni dei quali morti nei campi di lavoro;
i giustiziati tra il 1919 e il 1923 sono stati stimati invece in 900.000, mentre 2 milioni furono giustiziati dalle purghe staliniane;
in Cina, Mao Tzedong e i comunisti cinesi, per prendere il potere, avrebbero provocato 20 milioni di morti;
per venire ad una storia drammaticamente più vicina, si ricorda che gli ultimi episodi di genocidio e crimini contro l’umanità, in Europa, sono avvenuti nel luglio 1995 nella città di Srebrenica, dove persero la vita oltre 8.000 musulmani bosniaci, per la maggioranza ragazzi e uomini, e che la responsabilità politica di questo eccidio appartiene al leader del Partito socialista di Serbia Slobodan Milosevic;
il confine orientale riporta la memoria ad un altro eccidio compiuto, questa volta, ai danni della popolazione italiana dell’Istria e della Dalmazia, oggetto di episodi di negazionismo;
molto spesso si vedono sfilare nei cortei cosiddetti antifascisti le bandiere dell’ex Repubblica sovietica di Jugoslavia, accompagnate da slogan che inneggiano con favore ai crimini del regime titino;
vale la pena sottolineare come l’esistenza e la veridicità di tali violenze non sia un’opinione all’interno del territorio dello Stato italiano: con la legge 30 marzo 2004, n. 92, infatti, è stato istituito il Giorno del ricordo, una solennità civile nazionale celebrata il 10 febbraio di ogni anno, che mira a conservare e rinnovare “la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati italiani dalle loro terre durante la seconda guerra mondiale e nell’immediato secondo dopoguerra (1943-1945), e della più complessa vicenda del confine orientale”;
nella ricerca delle derive totalitaristiche, occorre sottolineare come siano ben altre le esperienze politiche attualmente esistenti e che sono classificate con “non democratiche”, tra le quali spiccano sicuramente le nazioni ispirate a ideologia comunista o socialista e quelle soggiogate all’islamismo;
nel mondo ci sono 206 Stati, di cui 196 riconosciuti sovrani. 34 di questi sono guidati dall’ideologia comunista o socialista: 5 (Corea del Nord, Cina, Cuba, Laos, Vietnam) adottano ancora la forma di Stato marxista-leninista, 6 sono socialisti e i restanti hanno un partito comunista al governo o nella maggioranza di governo;
tra questi ultimi, oltre a quelli già menzionati, spiccano “campioni” della democrazia e dei diritti umani come Angola, Bolivia, Repubblica del Congo, Cambogia, Ecuador, Eritrea, Mozambico, Nicaragua e Venezuela;
secondo il rapporto “Freedom in the world 2018” della “Freedom House”, benemerita associazione non governativa americana fondata nel 1941 da Eleanor Roosevelt e nota in Italia per le preoccupazioni sullo stato della libertà di stampa, solo il 45 per cento degli Stati mondiali e il 39 per cento della popolazione vivono in una condizione di piena libertà;
il 25 per cento delle nazioni viene classificata come non libera e, ad eccezione del Venezuela, sono tutte collocate nella cintura che unisce l’Africa nera, il Corno d’Africa, il Nord Africa, il Medioriente arabo e arriva alla Cina e al Sudest asiatico;
il 30 per cento delle nazioni, invece, vive in una situazione parziale libertà: tra questi spiccano i Paesi di ispirazione socialista come quelli del Centroamerica, la Bolivia, l’Equador e le nazioni a maggioranza musulmana come i Paesi dell’Africa equatoriale, il Pakistan, l’Indonesia, il Myanmar e la Malaysia;
complessivamente, il 37 per cento della popolazione globale vive in Paesi non liberi e il 24 per cento in Paesi parzialmente liberi;
71 nazioni hanno registrato un deterioramento dei diritti politici e delle libertà civili. Complessivamente, dal 2006 ad oggi, sono 113 le nazioni che hanno registrato un netto deterioramento delle condizioni di libertà;
la Freedom House si è anche prodigata a stilare una classifica delle 10 peggiori nazioni tra le 49 classificate come non libere e sono, in ordine: Siria, Sud Sudan, Eritrea, Nord Corea, Turkmenistan, Guinea equatoriale, Arabia saudita, Somalia, Uzbekistan, Sudan, Repubblica Centrafricana e Libia;
a ciò si aggiunga il grandissimo e spesso colpevolmente sottovalutato tema della libertà religiosa e delle correlate persecuzioni per motivi religiose;
le persecuzioni religiose sono sempre più diffuse, segnano un momento di recrudescenza e, oggi, comportano gravissime e spesso sanguinarie violazioni dei diritti umani fondamentali;
tra le discriminazioni religiose in particolar modo sono in fase di grande crescita e recrudescenza quelle a discapito dei cristiani nel mondo;
è noto, infatti, che il rapporto “World watch list 2018” dell’organizzazione non governativa “Open Doors”, indichi in oltre 215 milioni i cristiani perseguitati nel mondo;
a guidare la classifica dei primi 50 Paesi in cui più si perseguitano i cristiani al mondo vi sono Corea del Nord (al vertice per 16 anni consecutivi) e Afghanistan. Per quanto riguarda specificamente l’aspetto delle violenze, è il Pakistan (5° posto nella classifica generale) ad avere l’infelice primato di Paese con il più alto punteggio;
3.066 cristiani sono stati uccisi a causa della loro fede nel periodo di riferimento tra il 1° novembre 2016 e il 31 ottobre 2017, mentre 15.540 edifici di cristiani (chiese, case private e negozi) sono stati assaltati;
secondo le stime dell’organizzazione, un cristiano ogni 11,5 nel mondo subisce elevata persecuzione;
dal 2010, 125 preti sono stati uccisi nel mondo: una media di 15 all’anno; nei primi sei mesi del 2018 sono stati uccisi 18 sacerdoti; ogni 9 giorni un sacerdote viene assassinato;
in Iraq, dal 2002 ad oggi, i cristiani sono diminuiti da una popolazione di un milione a meno di 300.000, con un’impressionante media di 60-100.000 partenze ogni anno, e se questa tendenze dovesse continuare la comunità cristiana sparirebbe in soli 5 anni;
tra le nazioni inserite nella lista figurano anche, a titolo di esempio: Somalia, Sudan, Arabia saudita, Maldive, Nigeria, Egitto, Vietnam, Laos, Qatar e Cina;
sono ancora 12 le nazioni in cui è presente il reato di apostasia (che prevede la condanna a morte per chi decide di lasciare la fede musulmana per un’altra fede): Afghanistan, Iran, Malesia, Maldive, Mauritania, Nigeria, Qatar, Arabia saudita, Somalia, Sudan, Emirati arabi uniti, Yemen;
molte di queste nazioni sono state classificate anche come “particolarmente preoccupanti” dalla commissione del Governo degli Stati Uniti sulla libertà religiosa a livello internazionale che, nel suo “Annual report”, raccomanda al Governo di intervenire nelle sedi opportune contro le violazioni della libertà religiosa;
l’oppressione islamica e il nazionalismo religioso continuano ad essere la fonte principale di persecuzione dei cristiani e di altre minoranze, con l’esempio emblematico del Pakistan;
la maggior parte delle discriminazioni religiose avviene proprio nelle terre della prima cristianità con il neanche sottaciuto scopo di cancellare la presenza cristiana da quelle terre,
impegna il Governo:
1) a contrastare in campo internazionale il fenomeno dei totalitarismi chiedendo alla comunità internazionale di intervenire con gli strumenti delle sanzioni e con tutti gli strumenti ritenuti più opportuni;
2) a contrastare a livello nazionale qualsiasi fondazione o associazione o movimento che esalti o promuova l’integralismo islamico o altri fenomeni di totalitarismo di qualunque matrice esso sia;
3) ad adottare ogni iniziativa ritenuta più opportuna per contrastare la diffusione della propaganda ideologica basata sull’odio religioso o su altre forme di totalitarismo, con particolare riferimento alle campagne via web, anche proponendo campagne di sensibilizzazione nelle scuole di ogni ordine e grado;
4) a contrastare ogni forma di violenza e propaganda violenta contro il credo religioso dei singoli cittadini ed ogni forma di esaltazione di attuali regimi di natura totalitaria;
5) ad adottare iniziative volte a contrastare l’utilizzo della simbologia religiosa in chiave di violenta propaganda contro altri credi religiosi, in specie se proveniente da associazioni, fondazioni o movimenti legati all’integralismo islamico.
[Fonte: www.senato.it]