A distanza di poco più di 40 anni dall’approvazione della Legge 180 del 1981, che ha profondamente modificato l’ordinamento giudiziario militare, si profilano importanti interventi di riforma sul Codice penale militare di pace. Le Commissioni parlamentari di competenza sono impegnate, infatti, nella discussione sulla definizione stessa di ‘reato militare’ (modifica all’Art. 37c.p.m.p.) e sul cosiddetto “codice rosso” militare, ovvero l’introduzione di reati sessuali nel codice penale militare. Nello specifico, le Commissione riunite “Difesa” e “Giustizia” del Senato hanno appena deliberato la predisposizione di un “Testo unico” in cui confluiscano i due Disegni di Legge presentati (il 1193 e il 1478) che – sia pure con alcune differenze – puntano entrambe ad introdurre nuove fattispecie di reato corrispondenti a quelle di violenza privata, violenza sessuale, violenza sessuale di gruppo, atti persecutori, previsti dal Codice Penale comune. Nonché (nel 1478) norme sui reati di molestie sessuali, fattispecie che non trova diretto riscontro nel codice penale vigente.
Le due proposte di riforma del Codice Penale Militare di Pace – molto datato e risalente al 1941 – vanno anche nella direzione di un ampliamento delle prerogative della Magistratura militare e di una razionalizzazione dei carichi di lavoro della magistratura ordinaria.
Al proposito, nel linguaggio corrente si parla di “codice rosso militare”, facendo riferimento alla Legge n. 69 del 19 luglio 2019, più nota – appunto – come “codice rosso” , che contiene norme di tutela per le vittime di violenza domestica, maltrattamenti in famiglia ed atti persecutori; tale riforma del sistema penale ordinario ha innovato e modificato la disciplina penale e processuale della violenza domestica e, più in generale, della violenza di genere, introducendo nuove sanzioni ed inasprimenti di pena. Tra le novità in ambito procedurale si sottolinea che saranno adottati più celermente gli eventuali provvedimenti di protezione delle vittime ed il pubblico ministero deve assumere informazioni dalla persona offesa (o da chi ha denunciato i fatti di reato) entro tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato. Ma torniamo al cosiddetto “codice rosso militare” che, nello spirito dei Disegni di Legge presentati, rappresenta lo strumento per colmare un vuoto ed aggiornare un impianto normativo inattuale e lacunoso in relazione ai suddetti reati commessi da un militare nei confronti di altro militare. E non sfuggirà a nessuno che il Codice in questione del 1941 non poteva prevedere alcune ipotesi di reato quali lo stalking ad esempio – introdotto nel nostro Ordinamento solo nel 2009 – come non poteva prevedere alcuni reati sessuali essendo di gran lunga antecedente rispetto all’ingresso delle donne nelle Forze Armate, ovvero dal 2000 in poi. L’approvazione delle proposte di modifica ed integrazione del Codice consentirebbe, quindi, non solo di correggere un defict normativo relativo ai delitti che oggi vengono necessariamente attribuiti alla giurisdizione ordinaria anziché a quella militare ma anche di garantire una tutela più efficace sia degli imputati che delle persone offese nonché – e non si tratta di argomentazione marginale – un esercizio più adeguato e completo della giurisdizione militare.
Tale auspicabile ed urgente azione riformatrice del Codice vigente non pregiudica più integrali e organiche riforme del Codice penale militare di pace già in discussione – come accennato – che riguardano il concetto e la definizione di reato militare e che puntano ad ampliare le competenze del giudice militare – così da evitare anche sovrapposizioni con la giurisdizione ordinaria – ed a garantire i diritti dei militari e la tutela della legalità nelle Forze Armate.
Isabella Rauti
Pagina 48 da Airpress n 131
[File pdf – 153 Kb]