Atto n. 3-03474 (con carattere d’urgenza)
Pubblicato il 13 luglio 2022, nella seduta n. 452
RAUTI Isabella, MALAN, CIRIANI, BALBONI, PETRENGA Giovanna, IANNONE, GARNERO SANTANCHÈ Daniela, LA PIETRA, CALANDRINI, MAFFONI – Al Ministro dell’interno. –
Premesso che:
a seguito di due pronunciamenti, uno del Tribunale e uno della Corte d’appello, che disconoscono la genitorialità delle coppie dello stesso sesso, il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, nel marzo 2022, si è visto costretto a sospendere le registrazioni all’anagrafe di figli di coppie omogenitoriali, introdotte, contra legem, dall’ex sindaco, Chiara Appendino, nell’aprile 2018;
nello stesso senso delle due sentenze si è espresso il prefetto di Torino, Raffaele Ruberto, il quale, in una lettera inviata al sindaco Lo Russo, gli ha ricordato che “gli atti di Stato civile sono redatti secondo le modalità stabilite dal Ministero dell’Interno, escludendo margini di discrezionalità operativa” da parte dei sindaci, secondo cui, senza dubbi interpretativi, negli atti di nascita è possibile indicare solo il padre e la madre, non due madri o due padri;
nella stessa lettera il prefetto ha ricordato che esistono “altre disposizioni del nostro ordinamento (che) impongono limiti molto precisi nella formazione, nel nostro Paese, di un atto di nascita o di riconoscimento di filiazione da genitori dello stesso sesso”, invitando il sindaco a rispettare il suo ruolo di “ufficiale del governo” che gli impedisce l’iscrizione dei bambini figli di due genitori dello stesso sesso senza incappare in “violazione della legge” e “abusi d’ufficio”;
in occasione del Pride del 2 luglio a Milano, il sindaco Giuseppe Sala ha annunciato di avere “riattivato il riconoscimento dei figli nati in Italia da coppie omogenitoriali”, come già fatto tra il 2018 e il 2020 registrando all’anagrafe figli di coppie omosessuali;
d’ora in poi a Milano, secondo la decisione presa dal sindaco Sala, verranno, dunque, registrati in automatico gli atti di nascita dei figli di “coppie omogenitoriali”, compresi, fatto ancor più grave a giudizio degli interroganti, quelli nati da utero in affitto, in spregio alla legge e alle sentenze che condannano fermamente la pratica;
considerato che:
l’anagrafe è competenza dello Stato centrale e non nella disponibilità delle amministrazioni locali, che comunque devono fare riferimento necessariamente alla legge dello Stato e alle sentenze della magistratura;
la trascrizione automatica degli atti di nascita realizzati all’estero di fatto aggira le norme attualmente in vigore a livello nazionale sui bambini nati da gestazione per altri;
la legislazione italiana, infatti, vieta la pratica dell’utero in affitto, riconosciuto e definito come reato dalla legge n. 40 del 2004 in materia di procreazione medicalmente assistita e punisce con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 euro a un milione di euro non soltanto chi realizza ma anche chi “pubblicizza” la maternità surrogata;
numerose sentenze si esprimono in questo senso: a cominciare da quella della Corte costituzionale (n. 272 del 2017), relatore Giuliano Amato, che rafforza il divieto definendo l’utero in affitto “una pratica che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane”; a quella del 2019 della Corte di cassazione a sezioni unite che ha affermato che, a tutela dell’ordine pubblico e, soprattutto, del diritto del minore alla verità sulle proprie origini (il diritto all’identità biologica), non può essere trascritto nei registri dello stato civile italiano il provvedimento di un giudice straniero che afferma il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero da maternità surrogata e un soggetto italiano che non abbia con lo stesso alcun rapporto biologico;
considerato, dunque, che:
si ritiene che coloro che ricorrano alla pratica dell’utero in affitto all’estero vadano perseguiti in Italia in una prospettiva di tutela di diritto all’identità biologica dei bambini, che vengono separati dalla madre che li ha appena dati alla luce e che costituiscono oggetto di un contratto commerciale tra committenti e donne in stato di bisogno;
purtroppo non sono pochi i sindaci, di comuni più o meno grandi, che decidono di violare la Costituzione e la legge in nome di presunti diritti genitoriali (senza peraltro tener alcun conto dei diritti dei bambini) e che si arrogano poteri che, appunto, non hanno, procedendo a registrare figli di coppie omosessuali;
l’ordinamento italiano riconosce il sindaco come ufficiale di governo, gerarchicamente dipendente dal prefetto e, attraverso questi, dal Ministero dell’interno,
si chiede di sapere:
come il Ministro in indirizzo valuti il comportamento di quei sindaci che consapevolmente violano la Costituzione e la legge e se non ritenga che esse vadano, comunque, sempre rispettate al di là di ogni motivazione ideologica o convincimento personale;
se non ritenga urgente e doveroso intervenire anche attraverso i prefetti, cui i sindaci sono gerarchicamente sottoposti, affinché sia garantito il rispetto della legge in nome del principio, fondamentale del nostro ordinamento costituzionale, della certezza del diritto.
[Fonte: www.senato.it]
Interrogazioni orali con carattere d’urgenza (3-03474)
[File pdf – 17 Kb]