(ANSA) – ROMA, 01 OTT – Il centrodestra ha la percentuale più bassa di donne ai vertici del partiti, anche se Giorgia Meloni è la prima donna in Italia ad aver messo un’ipoteca sulla presidenza del Consiglio. “Succede più a destra, non solo in Italia – spiega Flaminia Saccà, professoressa di Sociologia dei fenomeni politici all’Università La Sapienza di Roma, ricordando Margareth Thatcher e le presidenze femminili nei Paesi dell’America Latina. “Studentesse e studenti mi chiedono come mai. Sono donne che non sfidano la cultura patriarcale e quindi avvertite come meno pericolose”, dice la docente. Le donne di destra “mirano direttamente al potere, non chiedono al maschio decisore di concedere loro spazi. Perché non è così che funziona il potere, e a destra sembrano esserne più consapevoli che a sinistra”.
“Giorgia Meloni premier, anche se non facesse niente per le donne, sarebbe già una vittoria – dice Catia Polidori di Forza Italia -, perché significa che abbiamo sfondato il ‘soffitto di cristallo’, finalmente”.
Eppure di cose da fare ce ne sarebbero molte. L’ANSA ha analizzato gli organigrammi dei 7 principali partiti italiani.
Il centrodestra, nonostante Meloni, ha un numero molto basso di donne nei propri organi decisionali. Nei 14 ruoli apicali dei tre partiti ci sono solo due donne (Giorgia Meloni, presidente Fdi, e Anna Maria Bernini, vice coordinatrice nazionale Fi) per una percentuale complessiva del 14%.
“Negli ultimi anni, con l’eccezione di Hillary Clinton, le leader vengono tutte da destra”, commenta da Fdi Isabella Rauti.
“Un dato di fatto su cui si dovrebbe interrogare la sinistra che rivendica il meccanismo delle quote, mentre da noi vale il merito. La storia di Meloni è la conferma: non c’è nessuna barriera alla leadership femminile”.
Negli organigrammi nazionali (inclusi i vertici) Forza Italia conta 7 uomini e 3 donne, la Lega 25 uomini e una donna, Fratelli d’Italia 17 uomini e 5 donne. In totale sono 49 uomini e 9 donne, che si fermano al 15,5% del totale. La foto del consiglio federale del Carroccio circolata nei giorni scorsi (tutti uomini e un’unica donna) non è passata inosservata.
Eppure secondo quella stessa donna non c’è nessuna discriminazione da parte degli uomini: “Spesso sono le donne che si tirano indietro, non hanno così tanta voglia di dedicare tempo e passione e rinunciare anche a una certa parte di vita sociale e familiare per impegnarsi in politica”, dice Marialice Boldi, coordinatrice della Lega della Val d’Aosta. “Anche se sono la mosca bianca nel Consiglio federale non avverto nessuna forma di maschilismo. Certo, la prima volta che sono arrivata in consiglio mi ha fatto un po’ impressione vedermi circondata solo da uomini”.
Nel centrosinistra si contano 10 ruoli apicali (presidenti, segretari e vice) di cui 3 sono occupati da donne, il 30%. Negli organigrammi invece c’è più attenzione alla parità di genere: l’M5s ha 16 uomini e 13 donne, il Pd con la gestione Letta ha raggiunto la parità con 12 uomini e 12 donne. In tutto abbiamo 53 dirigenti di cui 25 donne, che sono quindi al 47% del totale. Infine c’è il terzo polo di Azione e Italia Viva che vanta il maggior numero di elette in Parlamento il 25 settembre. Ai ruoli di vertice del partito Italia Viva ha 2 uomini e una donna, Azione ha 2 uomini e 2 donne (anche se le donne sono ‘vice’), che porta la componente femminile al 42%. Per le segreterie di questi partiti Italia Viva ha sempre gli stessi 2 uomini e una donna, mentre Azione ha 9 uomini e 4 donne. Anche se i numeri sono piccoli, il terzo polo in totale ha 16 dirigenti di cui 5 donne: il 31%.
Volendo sommare tutti i partiti, al vertice abbiamo 33 figure di cui 8 donne che sono il 24% del totale, negli organigrammi ci sono 127 persone, di cui 39 donne ovvero un 30%.
“Negli organismi di partito, laddove riusciamo a fare sorellanza, si arriva alla parità, ma va fatto il salto di qualità e serve coerenza”, dice dal Pd la deputata Chiara Gribaudo. “Non nascondiamo la polvere sotto al tappeto – aggiunge Debora Serracchiani -, il Pd deve fare un passo in più”.
Le barriere oggettive all’ingresso “sono diminuite, se non sparite. La domanda è se ci sono barriere culturali”, si chiede Giulia Pastorella di Azione. “C’è il problema della domanda e dell’offerta: quanti sforzi i partiti facciano per includere le donne e quanto le donne stesse si propongano. Molto spesso non lo fanno”.
La leadership femminile “è diversa da quella maschile”, aggiunge Chiara Appendino del M5s. “Oggi manca e va fatta emergere perché donne capaci ci sono: non credo che abbiano paura di esercitare il potere” ma devono sopportare “un carico familiare più pesante. Da sindaca mi sono sentita chiedere spesso: ‘Come fa con sua figlia?'”. Domanda che ritorna. “Quando mio figlio aveva 9 anni ho iniziato a fare la pendolare Lecce-Roma perché ero entrata nella segreteria nazionale del sindacato”, racconta Teresa Bellanova di Iv. “Naturalmente mi domandavano: ‘E il bambino?'”. “Sono una donna separata. Quando mio figlio aveva 9 anni è stato molto complicato ricoprire con lo stesso impegno due ruoli così fondamentali: mamma e politica”, conferma anche Paola Taverna del M5s.
Una criticità, a prescindere dal partito politico di appartenenza, che si conferma ancora trasversale. (ANSA).
di Cecilia Ferrara e Angela Gennaro
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01-OTT-22 16:09 NNN