di Silvio Pergameno
Ieri 11 aprile presso la libreria Arion – Esposizioni di Roma (sotto il Palazzo delle esposizioni di via Nazionale – via Milano, in realtà un policentro librario e di presenza culturale, articolato in venti punti nella Capitale), è stato presentato “Parola di donna” (Editrice “Ponte alle Grazie” – pp. 335, € 16,80).
Questo elaborato editoriale è curato dalla giornalista Ritanna Armeni (ora al Riformista), che ha proposto a cento donne della più varia estrazione politica e culturale cento parole, una per ciascuna, cento parole dietro ognuna delle quali poteva nascondersi, a seconda dei gusti e delle sensibilità, un problema, un trabocchetto, una sollecitazione, un gioco della memoria: abito…. aborto… autocoscienza… bioetica… casa… contraccezione… corpo… emancipazione… erotismo … Islam… mamma… parto… zitella…
Introdotta e guidata da Marcello Sorgi – direttore della Stampa – che ha ben interpretato un ruolo di stimolo e di provocazione, la presentazione è stata affidata alla curatrice dell’opera affiancata da Isabella Rauti, Consigliere regionale dell’Ufficio di presidenza del gruppo del PDL, esperta di pari opportunità e particolarmente nelle tematiche del femminile, senza lasciarsi condizionare da imprese solo apparentemente attente ai temi della condizione della donna, ma assai spesso attive in percorsi politici definiti e con la sua caratteristica di essere donna di parte, ma senza perdere la capacità critica.
In sintesi si può rilevare che dai loro interventi è emersa la consapevolezza della persistenza di una dimensione problematica del femminile, anche se siamo lontani dal femminismo degli anni settanta: il problema si è dissolto nella società, ha perduto i connotati della ribellione e della spinta egalitaria, si è articolato in varie dimensioni, ha investito le istituzioni: le pari opportunità, i problemi legati alla giornata della donna che lavora e deve curare una famiglia, le discriminazioni nel rapporto di lavoro, la maggiore disoccupazione, i fenomeni del mobbing e dello stalking, tematica sulla quale soprattutto si è intrattenuta Isabella Rauti.
E una sottolineatura incandescente di Ritanna Armeni: a me sembra che non ci sia tanto un problema della donna, quanto un problema del maschio, spodestato da un ruolo consolidato nei secoli di gestione del rapporto con la controparte femminile, e oggi smarrito e incapace di trovare i termini delle nuove mediazioni. Alla Rauti è stata affidata la parola “pregiudizio”, da quel pregiudizio dal quale in gioventù è stata segnata ad opera di maestrine della democrazia e in cui oggi vede un terribile ostacolo proprio sul terreno del percorso umano e sociale della donna.
In chi è stato presente per ascoltare si è subito sviluppata una sensazione: si sta aprendo un tempo nel quale il femminile ha accumulato un patrimonio che deve mettere a frutto: non si tratta tanto (o soltanto) per la donna di rivendicare una parità di diritti e di ruoli, che fa ormai parte del dibattito e dell’intervento politico e istituzionale, ma che per di più rivela con sempre maggiore chiarezza i suoi limiti intrinseci (la donna come componente alla pari di una società maschile, oltre tutto in crisi).
Si tratta piuttosto di perseguire la finalità di immettere nel contesto sociale e nei percorsi individuali le componenti nuove e attive del contributo femminile, di sensibilità, di approccio, di vita di relazione. Resta valida l’intuizione che aveva ispirato proprio nei ribollenti anni settanta “Il Movimento di liberazione della donna”, sorto tra i radicali del tempo per rivendicare spazi di libertà ed iniziativa entro i quali la donna potesse esprimere la sua personalità.
[Fonte: agenziaradicale.com]