Giovedì 18 marzo, alle ore 18.00, presso la Casa Internazionale delle Donne (Via della Lungara 19, Roma)
Saluti: Isabella Rauti – Capo Dipartimento Pari Opportunità Presidenza Consiglio dei Ministri
Francesco Antonelli – Presidente Biblioteche di Roma
Introduce : Maria Palazzesi – Area cultura Casa Internazionale delle Donne
Intervengono: Giovanna Borrello, Stefania Tarantini, Bia Sarasini
Diario di fabbrica, monologo teatrale ispirato a La Condizione operaia di Simone Weil: di Rosamaria Vaccaro, con Ermelinda Bonifacio diretta da Daniele Bernardi, musiche di Alessandro Sgarito
di Isabella Rauti
Simone Weil, rivoluzionaria e mistica. Ed anche filosofa e militante sindacalista. Non è possibile sintetizzare il suo pensiero multiforme e profondo né la sua gigantesca produzione (edita per lo più postuma) culturale, che appare ancora più straordinaria se contestualizzata con la breve durata della sua esistenza, interrotta nel 1943, all’età di 34 anni, dalla turbecolosi.
Una vita breve ma intensissima, dagli studi incessanti all’insegnamento, lasciato per andare a lavorare nelle fabbriche parigine, prima alle officine Alsthom e poi alla Renault, come operaia semplice ma, successivamente, anche contadina nei campi impegnata nella raccolta dell’uva.
Sempre mossa, anzi spinta, dal desiderio di condividere le vite, le fatiche e le sofferenze degli altri e, soprattutto dalla ricerca della verità o della Verità?!
Simone Weil vuole spiegare la realtà e l’esistenza umana,il nostro essere ontologicamente nel mondo, con un corpo ed una mente, ed in rapporto con gli altri; ma il mondo – che è altro da noi (alterità) – non è perfettamente conoscibile e bisogna fronteggiare la percezione dell’alterità e “la vertigine” della non completa conoscibilità. Simone Weil vuole comprendere l’alterità ed arrivare alla verità ed in questo percorso/tensione che arriva a Dio ed alla fede in un Dio entrato nella storia degli uomini. Nella pensatrice politico-religiosa, l’approdo alla Verità è un strappo che porta con sé bellezza e sofferenza – come il dolore e la bellezza conducono fuori dalla Caverna platonica, verso la luce e la vera conoscenza – e, l’uomo si salva se percepisce correttamente il mondo, ne interpreta i simboli e ne comprende la contraddittorietà.
L’irruzione della dimensione mistica nella vita di Simone Weil non è un capovolgimento totale del suo pensiero quanto – piuttosto – può apparire come un approdo faticoso e sofferto, fortemente interiorizzato e vissuto in profondità, alla meta finale, l’assoluto. L’ancoraggio alla fede non coincide con una adesione alla Chiesa, Simone Weil si ferma sulla soglia della Chiesa, in una sorta di “fede implicita”; è il suo incontro con Cristo e con la luce della Grazia, una conversione totale che pur se consumata e vissuta al di fuori di un perimetro religioso definito la conduce per mano nella sua ricerca di Dio e nell’esigenza del cuore di un bene assoluto. Dalla dolorosa sventura alla gioia.