L’autobiografia della leader di FDI fa discutere per le rivelazioni sulla madre che voleva interrompere la gravidanza: “Non era ancora legale, chi mente?”
“Io sono Giorgia”, autobiografia di Giorgia Meloni, continua a far discutere. Tra le rivelazioni contenute nel libro c’è anche un passaggio che ha colpito molti lettori, quello in cui la leader di Fratelli d’Italia racconta che sua madre stava pensando di abortire, salvo poi cambiare idea all’ultimo momento. Selvaggia Lucarelli però sottolinea quella che a suo avviso è un’incongruenza: “C’è una stranezza nel racconto della Meloni: quest’ultima è nata nel 1976, mentre la legge sull’aborto risale al 1978. Non funzionava così. Hai mentito tu o tua madre?”.
La senatrice Isabella Rauti, responsabile del Dipartimento Pari Opportunità, Famiglia e Valori non negoziabili di FDI, replica: “Ennesima squallida polemica della sinistra nei confronti di Giorgia Meloni, che nel suo libro ha ricordato come sua madre, ritrovatasi incinta di lei ma sola, senza un lavoro e disperata si fosse decisa ad interrompere questa gravidanza. Una decisione che però poco dopo rivide, scegliendo la vita”.
“Ecco, Selvaggia Lucarelli piuttosto che esaltare questa storia di vita e di puro amore, non ha trovato niente di meglio via Facebook che polemizzare parlando di una notizia falsa, di una storia strappalacrime ed insinuando il dubbio di un possibile reato visto che, secondo lei, nel 1976 in Italia l’aborto era reato. Niente di più falso dato che è dal febbraio del 1975 che l’aborto non è più un reato. Infatti, la Corte Costituzionale, con la Sentenza 27/1975, aveva espressamente sancito che non potessero andare incontro a conseguenze penali coloro che procuravano l’aborto e le donne che vi consentivano. La sentenza tutelava non solo la salute fisica ma anche quella psichica, ben oltre lo stato di necessità”. Un’interpretazione che viene diffusa anche da Sara Kelany, avvocata iscritta a Fratelli d’Italia.
“E dopo questa sentenza, che depenalizzava l’aborto e lo rendeva una pratica legale, arriva la legge 194 del 1978 che regolamenta l’interruzione di gravidanza disciplinandone i contorni e riempiendo il vuoto normativo creato con la sentenza del 1975”, aggiunge Rauti.
“Insomma, non era reato e non lo era più da tempo. L’ennesima falsità da parte di chi ogni giorno si riempie la bocca a parole di tutela dei diritti delle donne, ma poi alla prova dei fatti non perde occasione per alimentare squallide speculazioni soltanto al fine di ottenere qualche like e un briciolo di notorietà”.
La controreplica di Selvaggia Lucarelli non si è fatta attendere: “Già. In effetti la Corte Costituzionale nel 1975 sancì che non costituisse reato abortire per ragioni terapeutiche, ovvero in casi in cui la vita della gestante fosse messa in pericolo dall’avanzare della gravidanza. In tutti gli altri casi, abortire rimaneva un reato. Ora, siccome IosonoGiorgia, nel suo libro, adduce come causa della decisione di abortire della madre l’opera di persuasione di altre persone (perché appunto il marito la stava lasciando e quindi “l’avevano quasi convinta che non avesse senso mettere al mondo un’altra bambina in quella situazione”), qui le ragioni terapeutiche non c’entrano un bel niente. E la madre, appunto, se questa storiella è vera, stava abortendo clandestinamente. Dunque, felici che IosonoGiorgia sia venuta al mondo, ma Noinonsiamofessi. E se è vero che non c’è nulla di male nel romanzare la propria vita, romanzare la storia di un mancato aborto collocato in un periodo storico in cui per abortire clandestinamente si poteva morire, è di uno squallore senza fine”.
[Fonte: www.affaritaliani.it]