La sanità militare è storia antica, ma anche moderna. Modello di organizzazione sanitaria delle Forze armate italiane, simbolo della vocazione interforze, strumento del diritto umanitario internazionale.
Il primo servizio sanitario risale al 1644, in Piemonte. Poi, gli “ospedali volanti” nei primi del Settecento e gli “ospedali reali” nel 1746, con la figura di un colonnello sovrintendente e, nel 1845 la nascita del Corpo di sanità militare (nel 1861 quello marittimo, nel 1925 quello aeronautico) mentre nel 1848 prende forma la prima Compagnia infermieri militari.
Più nota è la storia e il protagonismo della sanità militare durante la Prima guerra mondiale, con i posti letto al fronte e nelle retrovie, con quasi 500 ospedali da campo e i treni-ospedale.
Il Corpo di sanità del Regio esercito assume la denominazione di Servizio di sanità militare nel 1940, mentre nel 1981 viene chiamato Corpo di sanità militare. Il resto è storia più recente, con l’articolazione interforze al livello territoriale degli organismi sanitari militari e l’Ispettorato generale della sanità militare dello Stato maggiore della Difesa. Ai Corpi sanitari dell’Esercito, della Marina, dell’Aeronautica, si aggiungono i servizi sanitari dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, oltre – naturalmente – i Corpi militari sanitari ausiliari e le infermiere volontarie della Croce rossa italiana, che possono essere impiegate in tempo di pace e in tempo di guerra, orgoglioso capitolo della nostra storia nazionale.
Si parla poco della sanità militare nel suo complesso, sia nelle sue attività ordinarie, sia nelle tante situazioni di emergenze operative. Le operazioni sanitarie all’estero rivestono un’importanza fondamentale e si esercitano nell’ambito della disciplina Nato che ha strutturato e articolato le attività nei teatri operativi in quattro role: il pronto soccorso di primo intervento (Role1); le piccole strutture ospedaliere con sale operatorie (Role2); le strutture con più ampia capacità sanitaria, ricovero e degenza, team chirurgici e medici specialisti (Role3); le strutture ospedaliere polifunzionali di alta specializzazione (Role4). Sono quest’ultimi che accolgono in patria i militari feriti e rimossi in sicurezza dai teatri operativi, per seguirne la fase di stabilizzazione e di recupero. Per l’Italia il Role4 è il Policlinico militare Celio di Roma, organo esecutivo di ricovero e cura, attrezzato nella gestione delle emergenzeurgenze. Fornisce il supporto clinico e sanitario al personale impiegato nelle operazioni. Il Celio non infermieri) per i Role2 di Misurata (Libia) e di Herat (Afghanistan) e, per il Role1 in Niger, impegnando l’11% delle forze nei teatri operativi. Sul territorio nazionale offre prestazioni sanitarie al personale militare e civile e fornisce supporto al servizio sanitario pubblico in caso di disastri, emergenze e calamità.
Intitolato ad Attilio Friggeri, ufficiale medico e medaglia d’oro al valor militare, caduto in combattimento in Slovenia durante la Seconda guerra mondiale, il Celio non è solo un policlinico, ma anche un centro di ricerca scientifica nelle discipline sanitarie e punto di riferimento per la riabilitazione e il reinserimento dei veterani. Ha elaborato e sta sviluppando il progetto “Nuovo Celio”, approvato dal capo di Stato maggiore della Difesa nel gennaio 2018, teso alla riqualificazione funzionale e organizzativa del policlinico e al suo accreditamento al Servizio sanitario regionale. Punta alla sinergia tra Role4 e sanità civile, continuando a garantire anche la copertura nei teatri operativi (per le esigenze Role2) e offrendo quaranta posti letto accreditati per le emergenze-urgenze, secondo il percorso necessario di certificazione di qualità.
Pagina da Airpress n. 107
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