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Il Giornale d’Italia.org – Pino Rauti: il ricordo, l’esempio

Un convegno per tratteggiare il politico e il fine intellettuale. La figlia Isabella: ‘Stiamo riordinando il suo immenso archivio e stanno venendo fuori straordinari documenti, anche inediti’. Come un vecchio articolo che dice molto alla destra di oggi…

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Pino Rauti, il rivoluzionario nazional-popolare. E’ questo il tema dell’incontro che si terrà dopodomani, venerdì 18 dicembre a Roma (Palazzo Ferrajoli, piazza Colonna, ore 17.30) introdotto da Alessandra Rauti e Piero Zucchi e cui seguirà una tavola rotonda moderata dal direttore del Tempo, Gianmarco Chiocci.

Per saperne di più, abbiamo chiesto ad Isabella – l’altra figlia di Rauti, assieme ad Alessandra – di introdurci nel perché di questo incontro: “Ogni anno, da tre anni, organizziamo – sempre a Roma e poi in varie altre città italiane che cambiamo di volta in volta – un convegno per ricordare la figura ed il pensiero di mio padre. Abbiamo anche costiuito una associazione, il Centro Studi Pino Rauti, per analizzare il pensiero, gli scritti e l’attualità di quello che ha lasciato mio padre, sia dal punto di vista giornalistico che dei libri.

“Quest’anno abbiamo dato un taglio leggermente diverso, perché nel frattempo abbiamo iniziato il riordino dell’immenso archivio privato di Pino Rauti, con migliaia di volumi e non so quante carte, e per carte intendo lettere, corrispondenza varia, ritagli di giornale, appunti. Un lavoro immane e appena avviato, dal quale emerge però un aspetto pluritematico della biblioteca di mio padre, con la stragrande maggioranza di volumi dedicati alla politica e agli altri suoi principali interessi, e quindi libri di carattere storico-filosofico, molti volumi di autori di sinistra che ha studiato. Ma anche altre categorie di libri che vanno dall’arte al costume, dalla società all’immigrazione, dalle tradizioni locali alla demografia, fino a quelle altre tradizioni più propriamente enogastronomiche che rappresentavano un’altra sua passione. A questo riordino sta lavorando l’associazione ed in particolare, in maniera volontaria, Piero Zucchi, studente di Storia”.

Nella presentazione di questo convegno si parla anche di alcuni inediti, può anticiparci qualcosa?

“Nel riordinare tutti questi volumi, da molti di loro sono venute fuori sia delle cartoline che papà scrisse quando era prigioniero in Algeria, alla fine della guerra, dopo essersi arruolato volontario nella Repubblica Sociale a 17 anni, sia lettere, di contenuto più strettamente familiare, scritte quando si trovava in carcere nel 1972, prima a Treviso e poi a Milano”.

Immagino che anche per voi congiunti si sia trattato di una sorpresa…

“Sì. Personalmente non sapevo di avere queste cartoline, o comunque non le avevo mai lette. Riteniamo possa esserci una miniera di documenti di questo tipo, a costituire quindi un carteggio che rivelano aspetti anche privati dell’uomo Pino Rauti, ma di sicuro emergeranno anche carte e documenti più segnatamente politici. Il tratto caratterizzante mi pare comunque questa grande versatilità di mio padre, nei vari interessi, ma anche una sorta di ‘preveggenza’ nell’affrontare già allora argomenti come l’immigrazione, la demografia, perfino il dissesto idrogeologico, come emerge soprattutto dai fondi e dagli articoli che scrisse per “Linea”, che fu quindicinale ma per un periodo anche quotidiano. Ecco, dal convegno di venerdì mi auguro che, oltre ai testimoni che abbiamo invitato, anche dalla platea vengano fuori contributi, aneddoti, altre testimonianze, per un affresco di Pino Rauti non solo politico, ma anche intellettuale”.

A proposito di politica: davanti alle miserie di oggi, e anche al panorama non certo esaltante di questa destra, cosa avrebbe detto, fatto o scritto Pino Rauti?

“Mi fa una domanda che mi pongo tutti i giorni, e alla quale non so rispondere, né mi arrogo il diritto di farlo per troppo rispetto, per non interpretare io il pensiero di mio padre. Una cosa, anzi due, però posso dire: se ricostruiamo la memoria e l’identità di quella destra sociale che mio padre ha rappresentato anche con il superamento delle categorie di destra e sinistra; se guardiamo alla memoria identitaria senza nostalgie, allora possiamo intrepretare la situazione attuale. Penso in particolare allo stralcio di un articolo che Pino Rauti scrisse nel 1979, in risposta ad un pezzo di Giorgio Galli: “Consideriamo di riprenderci qualcosa, sin qui insufficientemente valutato, per entrare nel quale non abbiamo bisogno di indossare ‘la camicia rossa’. Nel tentare di farlo cerchiamo di riprenderci qualcosa – vogliamo dire il popolo? – che è stata nostra, che può tornare ad essere nostra. Delle nostre idee, del nostro tipo di società e del nostro modello di vita”.

Ecco, secondo me in queste parole può esserci la risposta a questa destra italiana e anche l’interpretazione di quel fenomeno del lepenismo francese che personalmente sto seguendo con grande interesse”.

Igor Traboni

[Fonte: www.ilgiornaleditalia.org]

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