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il Giornale.it – L’area anti Matteo si muove Salvini: «Vedrò il Cavaliere»

Giornata di cantieri in casa FdI e Scelta civica, il leader leghista apre a Forza Italia. “Cespugli” in subbuglio, ma Alfano: “Lealtà a Renzi”

Il buio oltre il renzismo. È questa la grande paura di tutti quelli che non si vogliono rassegnare a vivere in un’Italia dove se ti dicono «stai sereno» sei fregato.

È il terrore del vuoto, di strade chiuse, di alternative che non esistono. E così qualcosa si muove, stentato, gassoso, ipotetico, difficile, ma si intravede uno straccio di mappa per il futuro. Scene di una domenica di febbraio. Matteo Salvini dice: «Presto vedrò Berlusconi». Ora che il Patto del Nazareno non c’è più. Ora che lui può dire: «Meglio tardi che mai». È a Palermo, Salvini. Con una felpa bianca con su scritto «Sicilia». È una Lega che guarda a mezzogiorno e chiede scusa al Sud: «In questi anni abbiamo avuto toni eccessivi». Non sarà una passeggiata. Fuori dall’Hotel delle Palme ci sono circa 200 persone che lanciano uova e ortaggi. Salvini sorride e elogia i cannoli di ricotta e cioccolato. È che il Carroccio non più solo lumbàrd ora deve scegliere dove andare. Non è solo una questione di legge elettorale o di premio di lista. L’accordo con Berlusconi è una strada obbligata se si vuole contrastare Renzi. C’è un punto dove o si cresce o si crepa. Salvini lo ha più o meno raggiunto.

Altra scena. Roma. Al teatro Adriano c’è una destra che cerca di ritrovare se stessa. È un cantiere, voluto da Isabella Rauti. C’è Giorgia Meloni. Ci sono le speranze di Fratelli d’Italia e della fondazione Alleanza nazionale. C’è tutto un mondo che dalla frammentazione del Pdl sta provando a ritrovare la bussola. La parola d’ordine è «Prima l’Italia». L’idea è rimettere insieme i pezzi di una destra perduta, con una costituente a giugno di tutte le anime disperse dopo la diaspora. Anche qui si va in cerca di alleanze. Quella con Salvini ha come punto d’incontro il fastidio per le politiche economiche dell’Europa. I signori di Bruxelles come nemici, il fronte anti Renzi come orizzonte. Ignazio La Russa dice: «L’obiettivo è tornare a battere la sinistra con i nostri valori. Per farlo, serve un’azione di vera apertura, che parta dal presupposto che ogni barriera tra noi va eliminata, senza lasciare nessuno fuori da questo cammino comune. Il rapporto con la Lega non è una novità, dal 1994 facciamo accordi con loro, quindi non capisco di cosa ci si stupisca. La vera novità di questo dialogo con la Lega è che per la prima volta avverrà senza la mediazione di Forza Italia».

Scena numero tre. A Roma un partito defunto celebra il suo congresso. È una veglia funebre. Scelta civica si riunisce per certificare alcune cose. Il montismo è finito. Quelli che sono tornati nel Pd come Ichino spiegano che è una scelta naturale. Quelli che sono rimasti, come il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti, si rendono conto che stavano insieme a misteriosi ultracorpi: «Sembrano come noi ma non sono come noi. Sembravano di Scelta civica ma erano del Pd». Capita. Poi Zanetti dice che serve un polo liberal e democratico alternativo a Renzi. Con chi? Non con la destra, ma con il partitino neonato di Corrado Passera. Dove? In qualche posto nel governo, però facendo la faccia cattiva a Renzi. Probabile risposta di Renzi: una risata. Il più saggio è Benedetto Della Vedova che lascia disgustato il partito cimitero.

In questa domenica di febbraio c’è anche Alfano. Angelino poggia ai piedi di Renzi la sua lealtà. Chiude di nuovo le porte a Silvio Berlusconi e come massimo sussulto di orgoglio fa sapere che Ncd vuole essere trattato come alleato e non come provincia dell’impero. Di fatto ha scelto di morire al servizio di Renzi.

La domenica di febbraio sta finendo e abbiamo capito un paio di cose fondamentali. L’area anti renziana ha bisogno di un grande partito e non di un pulviscolo gassoso di frammenti politici. Non servono partiti ma idee. Chi pensa solo alle poltrone stia tranquillamente con Renzi, Matteo valuta il suo potere anche contando i camerieri. Il premier fiorentino è fragile su alcuni terreni. Non sa come portare l’Italia fuori dalla crisi. La sua riforma istituzionale è improvvisata. La riforma del lavoro è una bufala. Non ha neppure mai pensato come ridisegnare il welfare state e quindi non tutela i deboli. È in balìa dei burocrati di Bruxelles (al di là delle fanfaronate) e non ha rottamato nessuno. È più debole di quanto si pensi.

[Fonte: www.ilgiornale.it]

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