In ogni caso per lui è un successo. Fino all’altro ieri il grande pubblico non sapeva neppure chi fosse Junior Cally, il «rapper mascherato» entrato nel cast del Festival di Amadeus dopo essersi fatto conoscere nell’ambiente rap/trap esibendosi con una maschera antigas a coprire il volto.
Adesso ne parlano tutti. Alla critica musicale il suo brano No grazie è piaciuto, e molto. A tanti(ssimi) altri no. Perciò apriti cielo! Junior Cally, che in realtà è il romano 28enne Antonio Signore, gode di una critica a doppio binario. Da una parte quella politica, visto che il suo brano è chiaramente antipopulista e cita pure il mojito di Salvini. Dall’altra quella legata al repertorio di questo rapper che sembra fatto apposta per creare polemiche. Nel 2017 ha pubblicato un brano che si intitola Si chiama Gioia nel quale non usa giri di parole: «Si chiama Gioia ma beve e poi ingoia/ Balla mezza nuda e dopo te la dà/ Si chiama Gioia perché fa la troia». Obiettivamente inaccettabile, nonostante sia (purtroppo) in linea con un machismo diffusissimo in ambiente rap. Il presidente Rai Marcello Foa, ossia «il più alto in grado» al Festival di Sanremo, ha parlato di scelta inaccettabile dichiarando: «Chi nelle canzoni esalta la denigrazione delle donne e persino la violenza omicida, e ancora oggi giustifica quei testi avanzando pretese artistiche, non dovrebbe beneficiare di una ribalta nazionale». E poi un messaggio chiaro ad Amadeus: «Speriamo che il direttore artistico, che gode di stima anche per essere persona moderata e di buon senso, sappia riportare il Festival nella sua giusta dimensione». Insomma si profila una esclusione di Junior Cally da Sanremo. L’ultimo precedente è stato quello di Morgan (quest’anno in gara con Bugo), che fu bloccato dopo un’intervista nella quale ammetteva spregiudicatamente l’uso di droga. Sono comunque due casi diversi. Nel caso di Morgan, la vicenda era autobiografica. Nel caso di Junior Cally è artistica. Il rap, come si sa, è fiction, si nutre di luoghi comuni che poi prova a distruggere. Come accade nei film o nei libri (senza paragoni, per carità), i testi rap sono spesso finzioni che non vogliono essere apologie o incitamento. Ma, come accadde quasi vent’anni fa per l’arrivo a Sanremo di Eminem (un altro con testi di rara misoginia) i testi delle canzoni sono considerati come carta d’identità e non come racconti dell’artista. «Junior Cally non è sessista ed è contro la violenza sulle donne», ha sottolineato il suo management.
Ma le dichiarazioni contrarie sono diventate un fiume in piena. Citando nell’ordine, Giulia Bongiorno della Lega lo ha definito «complice di chi uccide le donne» e Mariastella Gelmini di Forza Italia ha detto «vergogna, questo strambo personaggio non deve salire sul palco dell’Ariston». Idem Matteo Salvini: «Incita all’odio e alla violenza contro le donne. Rai e Sanremo sdoganano lo stupro». Contro anche molti esponenti del Pd. Anche Cinzia Leone dei Cinque Stelle ritiene la sua partecipazione «vergognosa». Il gruppo della Lega in Vigilanza Rai chiede all’ad Salini di fare la propria parte «invece di continuare a far finta di nulla». Tra l’altro Salini è in stretto contatto con il neodirettore Coletta e con Amadeus per valutare la situazione.
Isabella Rauti e Daniela Santanché di Fratelli d’Italia dicono che «la presenza di Junior Cally a Sanremo è quanto di più disgustoso si potesse immaginare». In sostanza un fuoco di fila dal quale vedremo come saprà uscirne Amadeus (al momento tutto tace). Nel frattempo però vengono in mente gli artisti che in passato a Sanremo sono arrivati dopo aver pubblicato testi evidentemente sessisti (ad esempio Vasco Rossi che in Colpa d’Alfredo cantava «È scappata con il negro, la troia») e quelli che sono in gara proprio quest’anno ma non pagano lo stesso dazio. Per capirci, Achille Lauro, Marco Masini, i Pinguini Tattici Nucleari e anche Myss Keta, l’artista pure lei mascherata che sarà all’Altro Festival ma ha nel suo repertorio testi espliciti come «toccami la gamba, passami la bamba» e «Jo, sono la tua troia». In ogni caso, dai Rolling Stones a 50 Cent, da Kubrick a Sergio Leone e Scorsese, sono pressoché infiniti i casi nei quali la finzione è stata offensiva, provocatoria, misogina. Insomma, delle quattro polemiche prefestivaliere (Rula Jebreal, il sessismo e la Gregoraci) questa ha l’esito più incerto. Escludono Junior Cally? Fanno finta di nulla? Comunque vada, il Festival (delle polemiche) è già partito alla grande.
[Fonte: www.ilgiornale.it]