Roma, 15 apr – Anche i soldati italiani si ritirano dall’Afghanistan, dopo che Joe Biden ha annunciato il rimpatrio delle truppe americane entro il prossimo 11 settembre. Come spiegato su questo giornale, la mossa del presidente Usa non è propriamente un fulmine a ciel sereno e in realtà posticipa il ritiro dei militari statunitensi previsto da Donald Trump entro maggio. E’ comunque del tutto ovvio che anche l’Italia rimpatri le truppe. Erano lì su richiesta di Washington e se ne andranno adesso sempre per volontà di Washington. Difatti la decisione del ritiro è stata presa ieri durante il vertice ristretto a Bruxelles, tra i ministri degli Esteri di Germania, Stati Uniti, Turchia e Regno Unito. E confermata subito dopo nel vertice Nato allargato. Dunque il governo italiano ha meramente accettato una decisione già presa. Prevedibile, per non dire scontato.
Afghanistan, un annuncio scontato
“Dopo vent’anni, la Nato ha scelto di lasciare l’Afghanistan“, ha scritto su Facebook il titolare della Farnesina, Luigi Di Maio. “Il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Ministero della Difesa e lo Stato Maggiore della Difesa – Italian Armed Forces, congiuntamente a Palazzo Chigi – Presidenza del Consiglio dei Ministri, elaboreranno dunque una road map che consentirà il ritiro delle truppe italiane”, scrive Di Maio per poi rinnovare ai militari italiani il “più sentito riconoscimento per il supporto fornito in questi anni al popolo afghano. Un supporto fondato sul rispetto dei diritti, soprattutto dei minori e delle donne afghane”. Si può allora sindacare sul peso contrattuale italiano all’interno della Nato, ma sarebbe anche questo piuttosto superfluo in questa fase. Anche perché una tale disamina implicherebbe l’apertura di un’enorme parentesi sulla necessità effettiva della nostra presenza militare in terra afghana. Siamo rimasti lì per tutti questi anni rispondendo a interessi tricolori o a stelle e strisce? Sic et simpliciter, ci siamo adeguati al diktat atlantico.
La surreale polemica politica sul ritiro dei soldati italiani
L’annuncio del ritiro delle truppe italiane ha però scatenato una surreale polemica politica. A partire dalla presa di posizione del M5S, nettamente la più grottesca dell’alveo parlamentare. “Salutiamo con grande gioia la decisione della Nato, confermata ieri sera dal nostro ministri degli Esteri Luigi Di Maio, di ritirare finalmente le truppe dall’Afghanistan, perché questa è stata la prima richiesta politica che il Movimento 5 Stelle fece quando entrò in Parlamento nel 2013 con la nostra prima mozione“. E’ quanto affermato dai senatori pentastellati delle Commissioni Esteri e Difesa di Palazzo Madama, in preda al pacifismo della prima ora. Peccato che la richiesta grillina nel 2013 non se la filò nessuno e oggi non sono stati i grillini a decidere il ritiro. “Se si fosse spesa una frazione minima di questi soldi non per distruggere l’Afghanistan a suon di bombe ma per ricostruirlo e aiutarlo, oggi sarebbe la Svizzera dell’Asia centrale”, commentano ancora i senatori M5S. Sul tragico errore di una guerra per procura nulla da dire, pur volendo considerare le mani legate italiane in determinate scelte. Ma che l’Afghanistan altrimenti sarebbe la Svizzera dell’Asia centrale è un’ingenua ucronia grillina.
Sul ritiro è poi intervenuta Isabella Rauti, senatore e capogruppo di FdI in Commissione Difesa. “Fratelli d’Italia chiede un’informativa urgente alla Camera ed al Senato del ministro degli Esteri Di Maio e del ministro della Difesa Guerini in merito al ritiro delle nostre truppe, per conoscerne modalità, tempistiche e strategie, nonché le misure di sicurezza che si intendono prendere in vista della fine della Missione. Giudichiamo irresponsabile e di cattivo gusto, fare propaganda politica anticipando decisioni suscettibili di gravità, scavalcando le prerogative parlamentari e non considerando le possibili conseguenze”. Da un punto di vista strettamente istituzionale la Rauti ha ragione, ma sa bene che nulla di tutto questo è stato deciso arbitrariamente dal governo italiano. C’è insomma poco margine di polemica al riguardo, perché siamo soltanto di fronte a un grande gioco giocato altrove, dove noi siamo purtroppo semplici pedine. Ed è questo il vero problema, a partire dal quale dovremmo iniziare a ripensare la nostra politica estera e il ruolo italiano nello scacchiere globale.
Eugenio Palazzini
[Fonte: www.ilprimatonazionale.it]