Atto n. 3-01405
Pubblicato il 19 febbraio 2020, nella seduta n. 193
RAUTI , CIRIANI – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. –
Premesso che:
il 17 febbraio 2020, i ministri degli esteri dell’Unione europea hanno raggiunto un accordo politico per l’avvio di una nuova missione aeronavale nel Mediterraneo centrale, con l’obiettivo di attuare l’embargo Onu sulle armi in Libia;
la nuova missione sostituirà l’attuale missione EUNAVFOR Med, operazione militare navale “Sophia”, a guida italiana, che, avviata il 22 giugno 2015, arrivata a scadenza è stata prorogata di sei mesi, fino al 31 marzo 2020;
l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune europea, Josep Borrell, nel corso della conferenza stampa al termine del Consiglio affari esteri della UE, ha spiegato che la nuova operazione «comprenderà “asset” aerei, satellitari e marittimi, quindi non solo navali. Le navi militari serviranno anche come base per il controllo radar dello spazio aereo»; inoltre «l’area delle operazioni verrà definita con l’accordo sul mandato; non coprirà la stessa area di Sophia, che interessava tutta la costa libica, da un confine all’altro del Paese, ma sarà concentrata sulla sua parte orientale, quella da cui arrivano le armi, in posizione strategica rispetto alle rotte delle navi che portano le armi alla Libia. Lo staff militare definirà l’area operativa in accordo con questo mandato»;
a fronte dei toni enfatici e trionfalistici che hanno accompagnato il raggiungimento di tale accordo, permane, invece, tutta una serie di criticità e di incertezze riguardo all’operatività concreta e all’effettiva efficacia dell’intera operazione;
come confermato dall’Alto rappresentante, sono “legittime”, infatti, le preoccupazioni di alcuni Stati membri «sui potenziali effetti di attrazione per i flussi migratori, il cosiddetto “pull factor”» e, al riguardo, è stato deciso che ci sarà un monitoraggio della sua eventuale comparsa, con regolari rapporti al comando dell’operazione, per cui, qualora esso dovesse manifestarsi, gli asset marittimi saranno ritirati dalle aree pertinenti (quelle in cui il “pull factor” si è manifestato);
ad oggi manca, dunque, l’individuazione dei necessari dispositivi e dettagli nonché delle regole d’ingaggio per la concretizzazione del nuovo meccanismo, ipotizzato solo a grandi linee, oltre alla predisposizione di tutte le procedure, anche a livello dei singoli Stati, per rendere effettivamente operativo l’accordo politico raggiunto;
in particolare, come ha ribadito lo stesso Borrell, le navi della nuova missione continueranno ad avere l’obbligo di soccorso in mare dei migranti e dovranno essere ulteriormente specificati, tra l’altro, i principi per decidere dove far sbarcare le persone che vengono messe in salvo e le eventuali operazioni terrestri da mettere in campo contro il traffico d’armi, considerata peraltro la difficoltà oggettiva di «agire sui confini fra due paesi» sovrani, come Libia ed Egitto;
resta ancora da chiarire, inoltre, a chi spetterà la guida della nuova missione e quali saranno i parametri di riferimento per misurare il rischio di “pull factor” (ovvero la soglia oltre la quale si considererà che si sta verificando una nuova ondata di sbarchi sulle coste europee);
secondo quanto si apprende da notizie di stampa, il prossimo 23 marzo dovrebbe essere formalizzato l’avvio della nuova operazione, che avrà una diversa area di intervento rispetto alla precedente “Sophia”, che copriva l’intera costa libica: i pattugliamenti dovrebbero riguardare le acque non lontane dall’Egitto, in modo da intercettare le navi turche che riforniscono Serraj e quelle di Emirati e Giordania che tramite Suez approvvigionano Haftar;
considerato che:
a fronte delle innumerevoli incertezze evidenziate e a negoziato, di fatto, ancora aperto, appare a parere degli interroganti del tutto incomprensibile la soddisfazione mostrata dal Ministro in indirizzo che, al termine del vertice, ha dichiarato, con un eccesso di entusiasmo, che finalmente «l’Italia è stata ascoltata», che «se [la nuova missione] sarà “pull factor” la bloccheremo» e che in teoria e, comunque, non nell’immediato, essa potrebbe diventare «anche terrestre»;
nel corso delle comunicazioni tenute meno di un mese fa (il 30 gennaio 2020) nelle Commissioni congiunte 3ª e III (Affari esteri) e 4ª e IV (Difesa) di Camera e Senato sugli esiti della conferenza di Berlino, il Ministro in indirizzo ha assunto una posizione sulla questione alquanto ondivaga e, a tratti, contraddittoria; in estrema sintesi, da una parte egli aveva dichiarato: «per accorciare i tempi, evitiamo di farci dare un nuovo mandato dalle Nazioni Unite per ricostruire una missione daccapo, ma, su quella base, ne costruiamo una già esistente, trasformandola e rendendola più efficace per l’embargo», dall’altra faceva generico riferimento ad una “nuova missione”;
per la maggior parte le misure messe in campo fino ad oggi per il contrasto all’immigrazione illegale, al traffico di migranti e di armamenti si sono rivelate, per molti aspetti, del tutto inefficaci e carenti;
nel quadro di un approccio globale della UE alla migrazione, assolutamente insufficiente sarebbe, altresì, una missione europea navale e aereo-satellitare, limitata alla vigilanza e alla sorveglianza sull’attuazione dell’embargo delle armi, concentrata sul versante del Mediterraneo orientale, senza implementare contestualmente l’attività di contrasto all’attività dei trafficanti di migranti e di esseri umani, che rivestirebbe un ruolo secondario, per così dire residuale;
una misura sicuramente più efficace su questo versante, come da tempo richiede Fratelli d’Italia, sarebbe stata quella di impedire contestualmente la partenza dei barconi degli scafisti, attraverso l’attivazione, in accordo con le autorità della Libia, di un blocco navale direttamente al largo delle coste libiche ovvero una vera e propria “interdizione marittima”, come ventilato prima della conferenza di Berlino anche dal Ministro in indirizzo;
peraltro, anche il mero obiettivo di garantire l’attuazione dell’embargo delle armi risulterebbe, di fatto, vanificato, dalla possibilità concreta che le stesse continuino ad arrivare via aerea e via terra, mancando, come è stato confermato, l’avvio contestuale di un’efficace operazione terrestre; inoltre, nella migliore delle ipotesi, un rischio concreto potrebbe essere quello di ingenerare il ragionevole sospetto che la stessa operazione possa colpire esclusivamente la parte che si approvvigiona degli armamenti via mare, sottovalutando altri canali pur rilevanti;
a ciò si aggiunge che il nostro Paese, con la nuova operazione, caldeggiata principalmente da Francia e Germania, rischia di perdere il ruolo di Paese guida nelle attività che interessano l’area mediterranea,
si chiede di sapere quali ulteriori elementi di dettaglio, oltre quanto sta già emergendo da notizie di stampa, il Ministro in indirizzo ritenga di dover fornire riguardo all’accordo politico raggiunto in sede europea, anche al fine di fugare ogni dubbio e preoccupazione circa possibili minacce per la difesa dell’interesse e della sicurezza nazionale, e, in ogni caso, quali siano le motivazioni che hanno portato il Governo a cambiare posizione, optando per l’avvio di una missione europea ex novo, piuttosto che per un rafforzamento e ampliamento dell’operazione “Sophia” a guida italiana, come sostenuto in numerose sedi istituzionali.
[Fonte: www.senato.it]