Atto n. 4-05094
Pubblicato il 16 marzo 2021, nella seduta n. 306
FAZZOLARI , LA PIETRA , DE CARLO , GARNERO SANTANCHE’ , URSO , TOTARO , RAUTI , BALBONI , NASTRI , CALANDRINI , ZAFFINI , PETRENGA – Al Ministro della giustizia. -Premesso che a quanto risulta all’interrogante:
Arianna C. è affetta sin dalla nascita da lissencefalia. Si tratta di una patologia genetica che ne inficia gravemente lo sviluppo e la crescita. Una malattia che porta alla disabilità totale. L’adolescente è una minorenne, risiede in Bologna e la sua disabilità oggi è riconosciuta al 100 per cento;
nel 2017 è stata tolta ai genitori, perché accusati di non essere in grado di occuparsene. In quel periodo la disabilità non era, né riconosciuta, né diagnosticata. Ma i servizi assistenziali della zona hanno accusato i genitori imputando a loro quel ritardo nella crescita psicofisica della piccola, causato invece dalla malattia, senza fare gli opportuni accertamenti clinici che avrebbero, certamente, dipanato ogni dubbio e consentito un intervento terapeutico, al fine di alleviare la sua patologia;
al compimento di un anno della bambina, i servizi sociali di Bologna giudicarono i genitori inadatti e incapaci di prendersi cura della figlia. Così Franco e Daniela, padre e madre della piccola, ricevono il provvedimento del Tribunale, con il quale si disponeva l’affidamento etero familiare: Arianna viene data in affido. Da quel momento i genitori possono vederla una volta la settimana in un ambiente neutro per non più di due ore presso una struttura terza, sotto l’occhio vigile di diversi operatori che relazionano emozioni e frustrazioni genitoriali con interpretazioni sempre contrarie ai poveri genitori;
dopo due mesi arriva la diagnosi: Arianna soffre di una grave forma di lissencefalia congenita. Con questo verdetto il Tribunale non dispone che la piccola possa ritornare a casa ed anzi su richiesta del servizio sociale la bambina viene affidata ad una famiglia affidataria fuori regione. Iniziano così due anni di viaggi e umiliazioni, colloqui con gli assistenti che non li supportano ed anzi li umiliano;
nel settembre 2019, il cambio di difesa e la rivalutazione critica del caso posta in essere dai difensori impone al Tribunale di disporre il rientro a casa della minore e di non essere più d’accordo alle proposte inaccettabili del Servizio, il quale ritenta di proporre una nuova onerosa collocazione comunitaria. La bambina dopo qualche settimana torna finalmente dai genitori a Bologna;
il Tribunale però ad oggi non ripristina la responsabilità genitoriale, impedendo la fruizione dei sussidi per famiglie con disabili, e cosa ancor più grave senza accertare le responsabilità degli operatori sanitari e sociali colpevoli di relazioni, come si legge dalle memorie difensive, non corrispondenti al vero;
i legali hanno denunciato il grave ritardo e l’omissione della diagnosi, l’anomala azione di privazione della responsabilità genitoriale con violazione dei diritti della famiglia e della bambina;
dalle carte del contenzioso giudiziario emerge che i servizi sociali non potevano non sapere di cosa realmente soffrisse la piccola e che, in ogni caso, dal settembre 2017 il ritardo patologico non era determinato da incuria. Ciò nonostante hanno obbligato per due anni la famiglia ad andare e venire da Bologna a Pesaro, tutti i fine settimana per poterla vedere;
il riconoscimento della malattia era possibile e comunque doveroso prima di accusare i genitori di procedere a tutti gli esami diagnostici del caso, ma gli operatori dei servizi sociali, invece che lavorare in supporto di questa famiglia monoredditto di operai, hanno deciso di strapparla ai suoi genitori, accusandoli, senza mai riconoscere l’imperdonabile errore che tanta sofferenza ha causato. Un episodio assurdo, che in un Paese civile non dovrebbe verificarsi. Si sta parlando di professionalità in capo a servizi per minori che compiono gravissimi errori e che poi si ostinano a non riconoscerli;
risulta ancora oggi oscuro il motivo per cui il Tribunale non abbia provveduto a leggere criticamente le relazioni dei servizi, le quali erano intrise di incongruenze logiche anche ad una prima lettura ed abbia, invero, aderito alle richieste dei servizi affidatari;
la vicenda giudiziaria risulta pertanto emblematica e, ad avviso dell’interrogante, meritevole di ispezione da parte del Ministero della giustizia presso il Tribunale per i Minorenni di Bologna, in quanto, ad una ritardata ed omessa diagnosi, è corrisposta un’inspiegabile, celere e brutale procedura di colpevolizzazione dei genitori naturali. Tale procedura risulta ancor meno spiegabile se si considera che, una volta accertata la disabilità, non si è provveduto ad una tempestiva rivalutazione del caso, con consequenziale applicazione al nucleo familiare di tutte le normative a tutela dei disabili;
questo non è purtroppo un caso isolato, e adesso che tutto è chiaro diventa necessario appurare le cause, che hanno reso possibile l’assurda vicenda di Arianna e le motivazioni che hanno portato i servizi sociali ad accanirsi verso quei genitori che procederanno in tutte le sedi giudiziarie per far luce su questa oscura vicenda,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa;
quali misure intenda prendere al fine di evitare che episodi come quello di Arianna possano ripetersi in futuro.
[Fonte: www.senato.it]