Da quattro mesi a un anno di carcere e una multa da 1.000 a 5.000 euro. È quanto prevede la nuova proposta di legge che introduce il divieto di consumo alimentare di carni di cani e di gatto. Il provvedimento, presentato da Fratelli d’Italia al Senato lo scorso 4 ottobre, punta a colmare «un vero e proprio vuoto normativo» dal momento che «allo stato attuale» in Italia «non è previsto un espresso divieto di mangiare carne di cane e gatto».
Una «lacuna» -spiega il senatore Adolfo Urso, primo firmatario della proposta – «tanto più evidente a fronte dei fenomeni migratori che hanno portato alla presenza sul territorio nazionale di comunità provenienti da Paesi in cui la carne di cani costituisce una vera e propria specialità gastronomica, peraltro con modalità di macellazione spesso cruente con gravissime forme di maltrattamento degli animali». Il disegno di legge, peraltro, fa riferimento alla legislazione recentemente approvata da altri Paesi come gli Stati Uniti e si inserisce in un quadro normativo che comunque fa dell’Italia «una delle Nazioni più attente alla tutela e al benessere degli animali».
Come si legge nel testo della pdl, visionato dall’Adnkronos, negli Usa «solo cinque Stati – California, Georgia, Michigan, New York e Virginia – vietavano specificamente il consumo umano di carne canina o felina» mentre gli altri «sono privi di previsioni normative al riguardo». Solo nel settembre di quest’anno «è stata approvata alla Camera una legge contro il consumo di carne di cani e gatti che vieterà così la macellazione di questi animali». Lo stesso discorso vale per le «civilissime Inghilterra e Svizzera», dove è sì vietato comprare o vendere carne di cane «ma non è espressamente vietato» mangiarla. Se in alcuni luoghi del mondo come Cina, Vietnam, Laos e Nigeria «mangiare carne di cane è del tutto normale», nella cultura occidentale cani e gatti «sono fonte di amore e compagnia per milioni di persone», sottolineano Urso e gli altri relatori della pdl (Ciriani, Rauti, Balboni, De Bertoldi, Santanchè, La Russa e Zaffini).
Nel testo si fa riferimento alla Dichiarazione universale dei diritti dell’animale del 1978, che rappresenta «il primo provvedimento internazionale volto al riconoscimento e rispetto di ogni forma di vita».
L’inizio di un percorso culturale dedicato alla tutela della salute degli animali, culminato nel Trattato di Lisbona del 2007,ácon cui l’Unione europea «ha, addirittura, riconosciuto la natura degli animali quali essere senzienti». In questo contesto l’Italia è stata pioniera: nel 1991, infatti, il Belpaese è stato il primo al mondo a riconoscere anche ai cani e ai gatti randagi «il diritto alla vita e alla tutela, prevedendone il divieto di soppressione», eccezion fatta «per i soggetti gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità».
[Fonte: www.lastampa.it]