di Brunella Bolloli
Abito, abnegazione, aborto, ambiente, amore, autocoscienza, autostima. Bambine, bellezza, bioetica e poi casa, conflitto, contraccezione, convivenza, corpo, cura, emancipazione, erotismo, infibulazione. Invidia, Islam, lavoro, mamma, padre, parto, potere, quote, sapere, sentimento e da ultimo vita, welfare, zitella. Sono solo alcune delle cento parole che hanno cambiato il mondo, scrive Ritanna Armeni, autrice di un libro intitolato appunto “Parola di donna” (Ponte delle Grazie editore, 335 pp. Euro 16,80). Un libro corale, perché Armeni ha riunito, con la sua idea, cento protagoniste italiane del giornalismo, della politica, del costume, dell’arte, della sociologia contemporanei. Cento voci per raccontare il cambiamento provocato e portato dalle donne attraverso la testimonianza delle parole, ma anche dell’azione, che si è risvegliata nel nostro Paese solo negli ultimi mesi, con la spinta dei fatti di cronaca, delle inchieste giudiziarie, del caso Ruby. Eppure, “Parola di donna” non è un libro a senso unico, non nasce per dividere, ma per unire il mondo femminile. Non c’è la parola berlusconismo tra le cento analizzate, non giudica e racconta l’universo femminile in modo trasversale.
Lunedì, alla libreria Arion di Roma, si è parlato di questo testo con l’autrice e con Isabella Rauti, consigliera regionale esperta di Pari Opportunità, non certo una donna di sinistra, eppure così vicina alle tematiche femminili e non necessariamente femministe, che animano il dibattito politico e sociale. Rauti, oltretutto, ha il merito di esserne sempre stata portatrice e divulgatrice in tutta la sua attività: prima come capo Dipartimento al ministero delle Pari Opportunità, oggi in Consiglio regionale, senza seguire la scia dei movimenti rinati attorno all’8 marzo, o al 13 febbraio, in apparenza per le donne, in realtà anche e soprattutto per un’ideologia politica. Due donne con radici e storie così diverse, Ritanna Armeni e Isabella Rauti, però così vicine nell’essere fini conoscitrici di quel mondo che sta cambiando proprio grazie all’impegno e alla tenacia delle ragazze. Una, Ritanna, è andata in piazza per la dignità femminile, insieme a tante altre amiche ed esponenti del comitato “Se non ora quando”. L’altra, Isabella, non ha partecipato alla sfilata dell’orgoglio femminile, il 13 febbraio, riconoscendo e rifiutando così la strumentalizzazione di una parte politica tutta anti-berlusconiana. Non per questo, ovviamente, l’esponente del PdL ritiene che la scorciatoia, l’esibire il proprio corpo o il vendersi per uno strapuntino in tv sia giustificabile. «Assolutamente no. Deve prevalere sempre e comunque il merito». Rauti ha scritto un suo capitolo per il libro della Armeni. Ha sviscerato il termine “pregiudizio”. «Un giudizio preventivo: non coincide con lo stereotipo, ma gli è molto vicino». «Nelle pagine di Ritanna», ha detto, «si percepiscono le voci di cento donne, appunto, che fanno capire come gli stereotipi abbiano rappresentato e rappresentano ancora oggi costruzioni mentali per comprendere la realtà». Isabella Rauti conosce il pregiudizio perché ne è stata vittima. Lo racconta lei stessa nel libro corale sulle parole delle donne. Era il 1972 e suo padre, Pino Rauti, fondatore e poi segretario dell’Msi, viene arrestato con l’accusa infamante di essere legato alla strage di piazza Fontana. Lei aveva dieci anni. Una bambina come tante. E quel pomeriggio terribile era con le amichette più strette di scuola: decidono di andare a giocare a casa di una di loro, vicino a via Trionfale. Ma quando la madre dell’amichetta è sulla soglia fa entrare solo le altre tre: «Tu no», le dice, «sei la figlia di un fascista». E chiude la porta. Ma non è finita. Prima era “figlia di”, poi “moglie di”. Magari prima che suo marito, Gianni Alemanno, diventasse sindaco, perché il pregiudizio, chissà come mai, di fronte al potere ha un certo timore e diventa ipocrisia, forse è perfino peggio. Non distingue più il merito (o il demerito) della persona, ma pensa solo alla convenienza. E spesso le donne sono vittime anche di questi meccanismi: pregiudizio all’incontrario. Non mi piaci, però mi servi. Sei moglie o figlia di uno che conta, quindi ti devo considerare per forza. Sempre troppo pochi, purtroppo, guardano al valore della donna in sé.
Naturalmente, sia Ritanna Armeni che Isabella Rauti sono modelli femminili vincenti. Hanno superato il pregiudizio lavorando sodo, ognuna nel suo settore, ognuna con la propria idea politica. A moderare l’incontro, nella libreria del Palazzo delle Esposizioni, c’era Marcello Sorgi, editorialista della Stampa. In sala, anche molti uomini a sentire le parole delle donne.