Il mio intervento di saluto:
Ringraziando l’Avvocato Verni per l’invito, mi scuso per la mia assenza – dovuta ad impegni concomitanti per la ricorrenza della Giornata mondiale contro le violenze sulle donne – e saluto gli amici presenti, gli organizzatori, i partecipanti e l’Associazione AssoTutela.
Avrei partecipato come membro della commissione di inchiesta sul femminicidio del Senato ma anche come presidente dell’associazione Hands off Women –HOW, una Onlus che si occupa delle vittime di violenza di genere con progetti concreti di sostegno e presa in carico. Ma soprattutto, avrei partecipato in quanto donna, e come tale, solidale e vicina a tutte le vittime di violenza, a quelle che sono riuscite ad uscire dal tunnel ed alle altre che stanno lottando ed anche a quelle che purtroppo non hanno avuto via di uscita.
Un pensiero particolare voglio esprimerlo per ricordare la giovanissima Pamela Mastropietro, uccisa barbaramente e lasciata sola anche da quelle istituzione che avrebbero dovuto prendersi cura di lei e proteggerla.
Le violenze di genere sono un fenomeno ancora sommerso, che attraversa il mondo e le società; si verifica tra le mura domestiche, in famiglia, nei luoghi di lavoro; durante i conflitti armati ed anche in tempi di pace, a tutte le latitudini geografiche ed economiche. Ovunque accada la violenza non rispetta niente e nessuno e calpesta parole come fiducia, amore, libertà.
Ci sono gli uomini maltrattanti seriali e recidivi – conosciamo il profilo degli autori delle violenze – e ci sono quelli che le donne le uccidono perché sono donne o perché hanno detto un no.
Il tragico elenco di donne vittime di femminicidio del 2021 continua ad allungarsi, e per la maggioranza dei casi si tratta dei cosiddetti “femminicidi intimi”, ossia commessi nell’ambito di una relazione interpersonale di natura sentimentale, in corso, in crisi o interrotta dalla donna.
Ogni anno che passa, una mattanza e dietro i numeri ci sono le vite delle donne uccise, spesso mamme che lasciano orfani i figli ed una scia di lutti. Alcune di queste donne avevano denunciato i loro aguzzini, altre invece no, per paura, per disorientamento o per sfiducia nei sistemi di protezione.
Dobbiamo tutti chiedere che vengano applicate con rigore le norme legislative e gli strumenti di cui disponiamo e che si ricorra a tutte le misure cautelari previste, senza mai sottovalutare il rischio potenziale di ogni denuncia e di ogni segnalazione.
La violenza sulle donne non è un fatto privato che riguarda le vittime ma una malattia sociale che riguarda tutti e che richiede un impegno educativo ed una rivoluzione culturale, di costume e di mentalità.
Dobbiamo rendere giustizia alle vittime di violenza e punire gli autori dei reati con pene certe e senza sconti; dobbiamo aiutare le donne che subiscono violenza affinché non si sentano sole; sostenerle anche dopo che sono uscite dall’incubo e devono ricostruire la propria esistenza, tornare a fare progetti di vita e riuscire ancora a sognare! E per farlo serve una rete solidale di accoglienza, un sistema organico di misure di inclusione e di tutela, una puntuale programmazione economica dei piani nazionali antiviolenza ed un impegno collettivo in cui ognuno faccia la sua parte.