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RESOCONTO STENOGRAFICO
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Rauti. Ne ha facoltà.
RAUTI (FdI). Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, ci troviamo ad affrontare e discutere il provvedimento più importante del Governo, un provvedimento al quale è stata data una grande enfasi e che ha creato anche una grande attesa.
Vorrei soffermarmi sulla parte relativa al precariato nello specifico, perché nelle disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori – le lavoratrici non vengono specificamente menzionate – e delle imprese non ho trovato quello che mi sarei aspettata: un’attenzione specifica e particolare al lavoro femminile. Cercherò di spiegare perché mi aspettavo tale attenzione. Intanto perché l’Istat ci ha restituito un quadro relativo all’occupazione con un aumento dei contratti a termine – siamo al 12,4 per cento nell’anno 2017 – e un calo dei contratti permanenti, sia pure soltanto dello 0,3 per cento. Ancora, il primo semestre 2018 ci restituisce un aumento, se non un’impennata, di più 66.000 forme contrattuali precarie.
Allora è evidente che questo provvedimento arriva non dalla luna, ma sulla terra, e questa terra è caratterizzata da un aumento dei rapporti di lavoro brevi e brevissimi, cioè a tempo determinato. Questo non lo dico io, ma lo dice l’Agenzia europea di statistica.
Ancora, parliamo di contratti – mi riferisco a quelli brevissimi – con un rinnovo addirittura da quattro a sei mesi per volta. Ripeto, da quattro a sei mesi per volta. Il 2017 segna l’aumento dell’instabilità, almeno nella sua seconda metà.
Tutti sanno, qui e fuori, che il precariato è soprattutto femminile. Il precariato, prima di essere maschile e giovanile, è donna. Ciò non sono io a dirlo, ma è evidenziato da tutte le statistiche e le stime di settore, che, anzi, dicono di più: il lavoro precario è quella parte di lavoro che accentua le differenze tra uomini e donne non solo in Italia, ma anche in Europa, dove il 27 per cento delle donne ha un lavoro incerto, rispetto al 15 per cento degli
uomini. E ciò è stato recentemente sottolineato anche dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere dell’Unione europea (il famoso EIGE).
Parliamo ora con i dati e le cifre alla mano. L’occupazione femminile è bassa in Europa e quella italiana è tra le più basse d’Europa. Mi aspettavo dal decreto dignità un’attenzione specifica e particolare, che significa non una tutela di nicchia, ma avere a cuore i reali problemi del Paese e possedere un approccio sociale per risolvere il nodo del precariato, che è anche femminile, oltre che maschile e giovanile.
Il provvedimento contiene varie misure – talune apprezzabili, altre parzialmente inutili – in termini di agevolazioni, esoneri contributivi, modifiche alle precedenti forme lavorative e contrattuali, modifiche al jobs act e al contratto del lavoro a tempo determinato e somministrato. Va tutto bene, ma non ho trovato neanche una parola, che pure ci sarebbe stata assai bene, su uno dei tanti nodi che affliggono il mercato del lavoro. Mi riferisco alle scelte di maternità: una questione che non è mai stata assorbita dal mercato del lavoro e che viene lasciata sulle spalle delle donne, degli uomini, delle coppie e delle famiglie, perché è stata privata del suo aspetto sociale. La maternità, infatti, è una responsabilità sociale e non un peso individuale.
Mi avvio a concludere, signor Presidente. Desidero fare ancora qualche riferimento quantitativo, oltre che di principio. Il decreto dignità ambisce a essere la lotta dichiarata al precariato. Noi di Fratelli d’Italia, che evidentemente siamo dalla parte della barricata della lotta contro il precariato e delle tutele del lavoro, temiamo che il decreto-legge, con le sue norme, non faccia altro che aumentare il problema del precariato. Il decreto dignità non dichiara guerra al precariato e non punta ad aumentare l’occupazione. Noi riteniamo, anzi, che esso riveli una visione anacronistica del mercato del lavoro, che ci riporta addirittura agli anni Sessanta su alcuni aspetti. Non c’è l’aiuto alle imprese…
PRESIDENTE. Senatrice Rauti, la invito a concludere. Le ho già concesso un minuto in più.
RAUTI (FdI). Mi avvio a concludere, signor Presidente. Temiamo, in particolare, il ritorno delle causali, perché vediamo in questo una minaccia e non un aiuto ad assumere. E ciò non farà altro che produrre un effetto di ritorno negativo.
Voglio concludere dicendo che nessuna scelta economica – e questo non lo dico in base al mainstreaming di genere, in quanto è evidente anche in base alla logica – ha una ricaduta sulla vita delle donne uguale a quella che ha sulla vita degli uomini. La precarietà per tutti – sia per gli uomini che per le donne – che il decreto-legge in esame non risolverà, non permette di vivere con dignità, perché crea dipendenza economica e sociale e impotenza.
Vedete, colleghi, siamo preoccupati per questo decreto-legge che non restituisce dignità, ma anzi rappresenta un’occasione perduta. E quando parliamo di precarietà…
PRESIDENTE. Concluda, senatrice, per favore. Non voglio toglierle la parola.
RAUTI (FdI). Quando parliamo di precarietà femminile, parliamo non di una questione di donne, ma di prodotto interno lordo. (Applausi dal Gruppo FdI).
Resoconto stenografico della seduta 32 del 06 agosto 2018
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Ordine del giorno
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