Atto n. 1-00398
Pubblicato il 6 luglio 2021, nella seduta n. 342
RAUTI , CIRIANI , BALBONI , BARBARO , DE BERTOLDI , DE CARLO , DRAGO , FAZZOLARI , GARNERO SANTANCHE’ , IANNONE , LA PIETRA , LA RUSSA , MAFFONI , NASTRI , PETRENGA , RUSPANDINI , TOTARO , URSO , ZAFFINIIl Senato,
premesso che:
è attualmente all’esame del Senato il decreto-legge n. 79 del 2021, recante misure urgenti in materia di assegno temporaneo per figli minori;
la misura del cosiddetto “assegno unico e universale” è l’atteso strumento che, secondo quanto disposto dall’articolo 1 della legge n. 46 del 2021, recante “Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l’assegno unico e universale”, dovrebbe consentire, perseguendo le finalità di favorire la natalità, di sostenere la genitorialità e promuovere l’occupazione, il riordino, la semplificazione ed il potenziamento, anche in via progressiva, delle misure a sostegno dei figli a carico;
al riguardo l’articolo 1 della medesima legge delega, nel fissare i principi e criteri direttivi generali cui dovranno informarsi i decreti legislativi, ha stabilito entro dodici mesi dalla sua entrata in vigore il termine per la loro adozione;
l’articolo 5 ha invece disciplinato il procedimento per l’adozione dei medesimi decreti, prevedendo la trasmissione dei relativi schemi alle Camere per l’espressione di un parere per materia e per i profili finanziari entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore, e la possibilità per il Governo di adottare disposizioni integrative e correttive dei medesimi decreti entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno di loro;
successivamente all’entrata in vigore della citata legge delega, pubblicata in Gazzetta Ufficiale lo scorso 6 aprile, l’effettiva attuazione dell’assegno unico universale ha assunto i connotati di una vera e propria “corsa contro il tempo”, inserendosi in una sorta di strettoia legislativa e burocratica con tempistiche molto più ristrette e limitate rispetto a quelle necessarie ai diversi passaggi previsti dall’iter processuale attuativo;
giova ricordare come, durante la discussione che, nella seduta dello scorso 30 marzo, ha preceduto in Aula in Senato l’approvazione della legge n. 46 del 2021, il Gruppo parlamentare “Fratelli d’Italia” aveva già debitamente sottolineato la ristrettezza dei tempi di attuazione della delega, dati i diversi passaggi parlamentari necessari presso le Commissioni competenti e la necessità di varare più decreti legislativi entro un lasso di tempo notevolmente limitato;
è proprio in questa ristrettezza dei tempi che ha poi determinato l’emersione di quei connotati di “straordinaria necessità ed urgenza” che, è utile ricordare, costituiscono i presupposti costituzionali per l’adozione da parte del Governo, sotto la sua responsabilità, dei decreti-legge, che risiede, a ben vedere, la genesi del decreto-legge n. 79 dello scorso 8 giugno all’esame del Senato;
il Parlamento è di fatto esautorato della propria funzione a causa dell’ingerenza nell’iter parlamentare del decreto-legge n. 79 del 2021, provvedimento che interviene, nonostante sia già stata votata favorevolmente da entrambe le Camere la legge n. 46 del 2021;
stravolgendo la normale consecutio normativa che è propria del meccanismo della legge delega, il citato decreto-legge si inserisce nella dinamica attuativa di un provvedimento, peraltro così rilevante per la politica sociale del Paese, in modo a dir poco “forzato”, se non addirittura improprio, essendo esso adottato, come si legge nelle sue stesse premesse, “in via temporanea nelle more dell’attuazione dei decreti legislativi attuativi della legge n. 46 del 2021”;
si tratta infatti di un “provvedimento ponte”, che oltre a suscitare molteplici elementi di perplessità sul metodo e in ordine alla procedura, per le ragioni illustrate, non convince neppure sul piano del merito, né su quello degli impegni effettivamente assunti dal Governo con il Paese in sede parlamentare;
al riguardo, appare utile ricordare quali siano state le testuali dichiarazioni rese dal Ministro per le pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, che intervenendo in Senato lo scorso 30 marzo affermava: «a nome del Governo, confermo l’impegno, come ha ricordato il Presidente Draghi, di dar seguito alla delega che ci verrà consegnata attuando l’assegno entro il 1° luglio»;
un impegno dunque molto preciso, quello assunto in Parlamento dal Governo, poi significativamente ridimensionato (e dunque disatteso) dal Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi che, intervenendo successivamente, lo scorso 14 maggio agli stati generali della natalità, dichiarava «Dal luglio di quest’anno la misura entrerà in vigore per i lavoratori autonomi e i disoccupati, che oggi non hanno accesso agli assegni familiari. Nel 2022, la estenderemo a tutti gli altri lavoratori», preannunciando di fatto quello schema di applicazione parziale e temporanea che poi sarebbe confluita nel decreto-legge che il Parlamento si appresta ad esaminare;
considerato che:
secondo recenti simulazioni effettuate dall’Ufficio parlamentare di bilancio, sarebbe consistente e fondato il rischio che, per ben 2 milioni di famiglie su un complesso di 9 milioni e 174.000 (vale a dire il 22 per cento della platea dei nuclei familiari destinatari della misura), l’ammontare della somma di spettanza possa essere inferiore a quella attualmente percepita in relazione al previgente regime di aiuti, con una diminuzione significativa sino a 650 euro annui a figlio;
tale proiezione sarebbe condivisa anche dall’INPS, che, nell’ambito di una propria simulazione, ha condiviso l’ipotesi del rischio di una riduzione dell’importo totale a fronte del cumulo degli attuali diversi sussidi;
l’articolo 1 del decreto-legge n. 79 del 2021 infatti prevede il riconoscimento di un assegno temporaneo per i figli minori “a decorrere dal 1 luglio al 31 dicembre 2021”, ai nuclei familiari che non abbiano diritto all’assegno per il nucleo familiare, di cui all’articolo 2 del decreto-legge n. 69 del 1988;
la misura riguarda dunque una platea circoscritta, composta da lavoratori autonomi e disoccupati che hanno esaurito la NASpI, incapienti e inattivi, oltre che dai lavoratori dipendenti attualmente esclusi dagli assegni al nucleo per ragioni di reddito familiare e dai beneficiari del reddito di cittadinanza che non percepiscono l’assegno familiare;
si tratta di una platea di oltre 2 milioni di persone, che finora potevano usufruire solo di detrazioni nella dichiarazione dei redditi per i figli a carico, confermando così che il nuovo strumento di sostegno di carattere universalistico, dal 1° luglio sarà valevole solo per chi attualmente non percepisce gli assegni al nucleo familiare, assegni che invece continueranno ad essere corrisposti, per il periodo da luglio a dicembre 2021, alle famiglie di lavoratori dipendenti e assimilati,
impegna il Governo:
1) a rispettare nei tempi previsti gli impegni assunti con i cittadini e le famiglie, adottando tempestivamente le misure necessarie ad una piena ed effettiva attuazione della delega conferitagli dal Parlamento mediante la legge n. 46 del 2021 attraverso l’introduzione dell’assegno unico universale per tutti i nuclei familiari con figli a carico, evitando ingiuste discriminazioni tra i cittadini, specie in un momento di grave crisi economica come quella attuale;
2) ad evitare, nell’attuazione della legge delega, il ricorso ad ulteriori decreti-legge;
3) ad impegnarsi ad introdurre l’assegno unico universale per tutti i nuclei familiari aventi diritto a decorrere dal 1° gennaio 2022;
4) ad escludere il riferimento alle soglie ISEE, finché non si porrà in essere una reale riforma di tale, attualmente iniqua, indicatore di valutazione della ricchezza delle famiglie.
[Fonte: www.senato.it]
RAUTI – Mozione “Assegno unico universale”
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