Atto n. 1-00260
Pubblicato il 21 luglio 2020, nella seduta n. 242
Esame concluso nella seduta n. 243 dell’Assemblea (22/07/2020)
CIRIANI , FAZZOLARI , MAFFONI , BALBONI , CALANDRINI , DE BERTOLDI , GARNERO SANTANCHE’ , IANNONE , LA PIETRA , LA RUSSA , NASTRI , PETRENGA , RAUTI , RUSPANDINI , TOTARO , URSO , ZAFFINI
Il Senato,
premesso che:
la Carta Costituzionale riconosce il lavoro come il primo principio fondamentale della Repubblica italiana;
attraverso la promozione del lavoro, diritto e dovere, si realizza la democrazia sostanziale, fondata su un’idea di eguaglianza e di libertà; nella visione dei padri costituenti, una persona senza lavoro non solo non può aspirare a una vita degna per sé, ma priva del suo contributo sociale, che arricchisce (materialmente e spiritualmente) gli altri cittadini;
la Repubblica non è neutrale rispetto alle dinamiche socio-economiche, ma riconosce e promuove i diritti di chi lavora ad un compenso adeguato, all’assistenza sociale e alla previdenza sociale;
considerato che:
la crisi causata dall’epidemia di COVID-19 ha creato un enorme buco nell’economia italiana, che secondo le previsioni si avvia verso un calo complessivo del 9,5 per cento nel 2020, il peggior risultato dalla fine della seconda guerra mondiale;
un primo effetto dell’epidemia si ripercuote sui numeri del lavoro che hanno cominciato a peggiorare a marzo in una spirale che non accenna a fermarsi;
tra i lavoratori tornati al lavoro poco meno dell’80 per cento del totale sono dipendenti, ma pochissimi i giovani sotto i 30 anni; quasi il 60 per cento di chi rientra ha, infatti, fra 40 e 60 anni (oltre 2 milioni e mezzo di persone), mentre gli under 30 sono 570.000;
questo riflette in parte il fatto che l’occupazione dei giovani in Italia era già molto bassa prima dello scoppio dell’epidemia, ove si consideri che a fine 2019 lavorava appena il 39 per cento dei 18-29enni, mentre nelle classi di età più centrali (45-54enni) il tasso di occupazione raggiungeva il 74 per cento;
i lavoratori più giovani non riescono a tornare a lavorare, perché occupati prevalentemente in settori particolarmente colpiti dalla crisi economica e in parte ancora coinvolti dal blocco, come quello del turismo (cruciale la situazione nel settore alberghi e ristorazione) e dell’intrattenimento;
le previsioni non possono che essere sconfortanti, ove si pensi a cosa succederà una volta che misure temporanee oggi in vigore (come il blocco dei licenziamenti) arriveranno a conclusione, verificando quali aziende saranno state in grado di riprendere la produzione senza ridurre gli organici per ora congelati;
si ritiene doveroso e necessario tutelare l’occupazione giovanile e al contempo incentivare le imprese a proseguire la propria attività produttiva mantenendo intatta la forza lavoro impiegata, premiando in particolare quelle più virtuose che decidono di non ricorrere agli ammortizzatori sociali e che mantengono per lo più intatta la forza lavoro impiegata,
impegna il Governo:
1) ad adottare misure volte a consentire la ripresa dell’attività produttiva delle imprese mantenendo intatta la forza lavoro, avendo particolare attenzione per quella giovanile, tra quelle maggiormente a rischio, prevedendo iniziative normative volte alla riduzione del carico fiscale sui datori di lavoro che abbiano scelto o scelgano di non ricorrere alla cassa integrazione guadagni o all’assegno ordinario nella misura dell’80 per cento del trattamento di integrazione salariale, che lo Stato avrebbe corrisposto complessivamente ai dipendenti dell’impresa beneficiaria, nel caso in cui quest’ultima avesse fatto ricorso generalizzato agli ammortizzatori sociali;
2) a prevedere proposte di sgravi contributivi a favore dei datori di lavoro privati che dal 1° gennaio 2020 e fino al 31 dicembre 2021, mantengono almeno l’80 per cento dei livelli occupazionali dei giovani lavoratori in forza alla data del 1° febbraio 2020, un incentivo, sotto forma di esonero dal 40 per cento del versamento dei contributi previdenziali a loro carico, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, per un periodo massimo di dodici mesi.