Percorso:

Mozione – Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00458 – Mutilazione genitale femminile

Atto n. 1-00458

Pubblicato il 17 febbraio 2022, nella seduta n. 405

FEDELI , MALPEZZI , BINETTI , BONINO , CONZATTI , DE PETRIS , MAIORINO , RAUTI , RIVOLTA , TOFFANIN , UNTERBERGER , ALFIERI , ALESSANDRINI , BITI , BOLDRINI , CANTU’ , CASOLATI , CIRINNA’ , COLLINA , D’ALFONSO , D’ARIENZO , DE LUCIA , FAGGI , FERRAZZI , FREGOLENT , GALLONE , GIACOBBE , IORI , LAUS , LEONE , LUNESU , MARCUCCI , MARIN , MATRISCIANO , PAPATHEU , PERGREFFI , PERILLI , PIROVANO , PITTELLA , PORTA , PUCCIARELLI , RAMPI , RIZZOTTI , ROJC , RONZULLI , ROSSOMANDO , SAPONARA , STEFANO , TARICCO , TESTOR , VALENTE , VERDUCCIIl Senato,

premesso che:

la mutilazione genitale femminile si riferisce a procedure che comportano la rimozione parziale o totale dei genitali esterni femminili o altre lesioni ai genitali femminili per motivi non medici. Sebbene sia internazionalmente riconosciuta come violazione dei diritti umani, si calcola che siano circa 68 milioni le bambine in tutto il mondo che rischiano di subire questa pratica prima del 2030;

secondo diverse stime fornite dall’Organizzazione delle Nazioni Unite sono oltre 250 milioni le donne che in tutto il mondo hanno subito una mutilazione genitale femminile, pratica ancora attiva in oltre 40 Paesi, di cui 27 in Africa, dove si concentra l’80 per cento dei casi e dove si stima che siano oltre 3 milioni le bambine a rischio di essere mutilate ogni giorno;

è una pratica antichissima che precede la diffusione del cristianesimo e dell’islam e la cui origine si collega a una serie di ragioni culturali e sociali sostanzialmente volte al controllo della sessualità femminile: una violenza secolare dunque perpetrata ai danni di bambine e ragazze tra l’infanzia e i 15 anni;

le bambine sottoposte a questa tortura, infatti, rischiano la morte per cause che vanno dallo shock emorragico alla sepsi. Inoltre, con la crescita le donne mutilate subiscono una serie indicibile di drammatiche conseguenze quali continue infezioni e forti dolori, maggiore vulnerabilità alle infezioni da HIV/AIDS e da HPV con un maggiore rischio di sviluppare un tumore del collo dell’utero, oltre a epatite e altre malattie veicolate dal sangue, infertilità, incontinenza e da ultimo un elevato rischio di mortalità materna;

considerato che:

la legge 9 gennaio 2006, n. 7, recante “Disposizioni concernenti la prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile”, ha introdotto nel codice penale il delitto di pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili di cui all’articolo 583-bis, che punisce con la reclusione da 4 a 12 anni chiunque cagioni una mutilazione degli organi genitali femminili;

la legge, oltre ad istituire all’articolo 5 un numero verde finalizzato a ricevere segnalazioni da parte di chiunque venga a conoscenza della effettuazione, sul territorio italiano del delitto di cui all’articolo 583-bis del codice penale, all’articolo 3 prevede la predisposizione di apposite campagne informative rivolte alle comunità di migranti provenienti dai Paesi in cui sono effettuate le pratiche di mutilazioni genitali dirette a: diffondere la conoscenza dei diritti fondamentali della persona, in particolare delle donne e delle bambine, e del divieto vigente in Italia di tali pratiche; organizzare corsi di informazione per le donne infibulate in stato di gravidanza; promuovere appositi programmi di aggiornamento per gli insegnanti delle scuole dell’obbligo, anche avvalendosi di figure di riconosciuta esperienza nel campo della mediazione culturale; promuovere presso le strutture sanitarie e i servizi sociali il monitoraggio dei casi pregressi già noti e rilevati localmente;

si tratta di un lavoro di sensibilizzazione capillare dunque capace di coinvolgere associazioni culturali, comunità di migranti, enti locali, scuole e operatori sanitari proprio al fine di impedire che nel nostro Paese possa verificarsi un crimine tanto odioso;

rilevato che:

come evidenziato recentemente dal fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) e dall’UNICEF, il verificarsi di diverse crisi espone continuamente a un maggiore rischio di mutilazioni genitali milioni di ragazze. Da ultimo, il diffondersi della crisi epidemiologica da COVID-19 minaccia seriamente i progressi compiuti, creando una crisi nella crisi per le ragazze più vulnerabili e marginalizzate. Con il diffondersi della pandemia, infatti, e l’interruzione dei programmi che aiutano a proteggere le ragazze da questa orribile pratica, si stima che potrebbero verificarsi nel prossimo decennio ulteriori 2 milioni di casi;

nel 2020 e nel 2021, il confinamento a casa come misura di contrasto alla diffusione del COVID-19 ha portato, come denunciato da diverse organizzazioni internazionali, l’aumento di almeno un milione del numero delle bambine nel mondo vittime di tale pratica. Un fenomeno che ha registrato un significativo aumento anche nei Paesi europei da contrastare, quindi, con ulteriore impegno, con finanziamenti, sensibilizzazione, consapevolezza dell’esistenza della pratica e la necessità di parlarne, operando soprattutto con le comunità per trovare anche soluzioni pratiche;

per contrastare efficacemente l’acuirsi del ricorso alla pratica delle mutilazioni genitali femminili occorre, pertanto, che il nostro Paese si attivi efficacemente mediante l’utilizzo degli strumenti forniti dalla legge n. 7 del 2006 sul territorio nazionale, nonché nell’ambito dei programmi di cooperazione allo sviluppo e in particolare nei programmi finalizzati alla promozione dei diritti delle donne, in Paesi dove, anche in presenza di norme nazionali di divieto, continuano ad essere praticate mutilazioni genitali femminili ai sensi dell’articolo 7 della legge,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative volte ad incrementare ulteriormente le risorse di cui alla legge n. 7 del 2006, in particolare implementando il ricorso a tutte le diverse campagne d’informazione ivi disposte, nonché prevedendo attività di formazione per tutto il personale sociosanitario al fine di impedire qualunque forma di recrudescenza sul territorio nazionale di una delle peggiori violazione dei diritti umani delle donne;

2) ad incrementare le somme destinate, nell’ambito della cooperazione internazionale, ai programmi di cui all’articolo 7 della legge, anche alla luce dei ripetuti allarmi lanciati dalle organizzazioni internazionali presenti nei numerosi Paesi in cui tale pratica è ancora drammaticamente diffusa.

[Fonte: www.senato.it]

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