Roma, 07 mar – (Nova) – La realta’ italiana ha raggiunto “un buon livello”, ma il percorso si potra’ dire concluso “quando avremo una donna a capo di una forza armata”. Un tema affrontato sin dal 2000, anno di apertura al reclutamento femminile, e’ l’inserimento delle donne nelle componenti operative, in cui “forza e resistenza fisica sono caratteristiche prevalenti e dirimenti”. A diverse “qualita’ fisiche” corrispondono poi “diverse capacita’ di combattimento”, ma questo “vale anche per gli uomini privi di determinati requisiti”. Nei primi anni di reclutamento femminile, la presenza delle donne sui sommergibili non era ammessa, per l’impossibilita’ di garantire le condizioni di privacy e di qualita’ di vita accettabile. Tale limitazione “e’ stata superata qualche anno dopo”, grazie alle moderne unita’, “piu’ ampie, che hanno reso possibile l’adeguamento logistico degli spazi” per consentire compresenza di uomini e donne a bordo. Attualmente, la presenza di donne militari e’ attorno al 7 per cento. Secondo Rauti, si tratta di una percentuale bassa, ma che non riguarda solo l’Italia ne’ solo l’ambiente militare, poiche’ “le donne sono sempre sottorappresentate, in ogni settore e a ogni latitudine geografica”. L’obiettivo della “rappresentanza equa” manca, dunque, anche in ambito Nato, dove la presenza femminile si attesta in media al 12 per cento. (segue) (Res)
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