Donne e leadership nei vertici istituzionali e aziendali.
Lo stile di management di genere nella cultura pubblica e d’impresa
Intervento della Prof.ssa Isabella Rauti, Capo del Dipartimento per le Pari Opportunità
La valorizzazione delle competenze e lo sviluppo professionale delle donne nella P.A. Direttiva del 23 maggio 2007 “Misure per attuare parità e pari opportunità nelle Amministrazioni pubbliche”
Sulla strada della piena attuazione delle disposizioni normative in materia di parità e le Pari Opportunità, il Dipartimento si attiva per aumentare la presenza delle donne in posizioni emergenti. Inoltre, mediante pratiche lavorative e culture organizzative di qualità, intende sviluppare politiche per il lavoro pubblico che sappiano valorizzare l’apporto delle lavoratrici e dei lavoratori delle amministrazioni pubbliche
Con l’emanazione della direttiva “Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche” il Dipartimento delle Pari opportunità e il Dipartimento della Funzione Pubblica hanno voluto dare un segnale forte, per inserire la valorizzazione delle differenze tra uomini e donne tra gli elementi che caratterizzano la qualità dell’azione amministrativa. Infatti, attuare le pari opportunità significa innalzare il livello dei servizi con la finalità di rispondere con più efficacia ed efficienza ai bisogni delle cittadine e dei cittadini.
La direttiva intende quindi contribuire a realizzare politiche per il lavoro pubblico in linea con gli obiettivi posti dalla normativa in materia. E in questo contesto le amministrazioni pubbliche sono chiamate a giocare un ruolo propositivo e propulsivo nell’attuazione del principio delle pari opportunità e nella valorizzazione delle differenze nelle politiche del personale, attraverso la rimozione di qualsiasi forma di discriminazione e la valorizzazione delle competenze delle lavoratrici e dei lavoratori.
E’ con questo spirito che ormai da due anni le amministrazioni rispondono al nostro appello e ci inviano le relazioni richieste dalla direttiva. Si ricorda che la direttiva è destinata ai vertici delle amministrazioni ed in particolare ai/alle responsabili del personale e che la relazione che viene presentata deve essere preparata di comune accordo con il Comitato Pari Opportunità.
Per facilitare il lavoro di raccolta è stato preparato un “format” che raccoglie dati quantitativi sul personale e sulle politiche di parità intraprese e richiede una elencazione di azioni positive svolte o programmate.
In questi due anni la risposta delle amministrazioni è stata positiva:
Il primo anno le amministrazioni che hanno risposto alla direttiva sono state 127 tra amministrazioni centrali (50), dirette destinatarie, e amministrazioni locali (77) che pur avendo ricevuto la direttiva per conoscenza hanno voluto dare un segnale inviando il format.
Bisogna però tenere presente che, nel primo anno, abbiamo ricevuto anche molte relazioni (circa 30) di unità organizzative interne di ministeri (es. case circondariali).
Nella seconda annualità, invece, benché i dati complessivi siano rimasti pressocchè invariati, sono pervenuti 109 format, si è progressivamente qualificata la risposta delle amministrazioni. Sul totale dei rispondenti la quota delle amministrazioni dirette destinatarie è passata dal 23% (29 amministrazioni su 127 dell’edizione 2007) al 51% (55 amministrazioni su 109 nel 2008).
Alcuni dettagli comparativi tra le due edizioni.
Nell’ultima edizione, su di un totale di 12 ministeri tutti hanno risposto alla rilevazione, rispetto ai 7 dell’anno precedente. Nell’edizione del 2008 hanno risposto inoltre anche la PCM, il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti e l’Avvocatura di Stato, mentre nel 2007 solo la PCM ed il Consiglio di Stato.
Consolidata è ormai la riposta degli enti di previdenza (INPS, INAIL, INPDAP, IPSEMA) che sia nel 2007 che nel 2008 hanno inviato la relazione.
In leggero calo la riposta delle Università, 7 quest’anno, mentre erano 8 l’anno precedente.
E’ invece più che raddoppiata la risposta degli enti di ricerca che sono passati da 4 della prima annualità a 13 nella seconda.
Si conferma anche per l’annualità 2008 il forte interesse delle amministrazioni locali, con un totale di 54 format ricevuti tra comuni, province e altri enti territoriali.
Ma veniamo ad alcune considerazioni sui risultati delle elaborazioni dei format relativi al 2008.
Sommando il personale delle 109 amministrazioni che hanno risposto, si arriva ad un totale di circa 270.000 unità, rappresentato da 140.000 donne (52%) e da 130.000 uomini (48%) Tale campione può considerarsi rappresentativo delle tendenze di fondo delle amministrazioni pubbliche centrali ed in particolare dei Ministeri, 11 dei quali hanno compilato il format ed uno ( Trasporti) ha inviato una relazione .
Di questi notiamo che:
Il 94% del personale ha un contratto a tempo pieno (257.063 unità) comprensivo del part-time.
Il 6% (n.12.204 unità di personale) ha un contratto a tempo determinato o di lavoro flessibile a termine, ma solo l’1% nei ministeri.Il 40% del tempo determinato è concentrato negli enti di ricerca Risultano ancora poco applicate le forme di lavoro flessibile e praticamente inapplicato il telelavoro. Sul totale del personale il 10% delle donne ha un contratto part time rispetto al 2% degli uomini, che risulta lo strumento più diffuso nei Ministeri.
il 3,3 ha un contratto di lavoro flessibile
lo 0,1% ha un contratto di telelavoro
Nonostante vi sia stato negli ultimi anni un progressivo e costante aumento delle donne nelle posizioni apicali, ancora oggi la quota di posizioni dirigenziali non è proporzionale alla loro presenza nelle amministrazioni dove il 52% del personale è rappresentato da donne. Solo il 19% di dirigenti di prima fascia sono donne e il 37% di dirigenti di seconda fascia. Sono donne anche l 33% di dirigenti di seconda fascia con incarico di prima.
Per quanto concerne le posizioni apicali anche se nella terza area il 56% del personale è donna solo il 45% ha una posizione organizzativa.
Inoltre, 14 amministrazioni (28% del totale) segnalano settori o livelli professionali che presentano un divario tra donne e uomini superiore ai due terzi.
Per quanto riguarda la presentazione dei piani triennali di azioni positive, si conferma il carattere per lo più occasionale e non programmato degli interventi in materia di pari opportunità. Infatti anche nel 2008, a quasi venti anni dalla emanazione della legge n.125 del 10/4/1991 il 60% degli enti che hanno risposto non ha elaborato il piano triennale e del restante 40% (nel 2007 erano il 42%) solo il10% vi ha fatto ricorso con regolarità , mentre il restante 30% ne ha presentato uno solo. un numero sempre basso rispetto alla previsione normativa che impone alle amministrazioni di predisporre piani di azioni positive (art. 48 d.lgs. n. 198 del 2006).
Per quanto riguarda la prevenzione delle molestie sui luoghi di lavoro solo il 38% delle amministrazioni si sono dotate di un proprio codice di condotta e ancora meno sono quelle che hanno nominato la consigliera.
Il telelavoro introdotto nella P.A. circa 10 anni fa con il d.p.r.8/3/1999 è poco diffuso(solo 12 amministrazioni hanno avviato progetti)
Anche per i congedi parentali vengono usufruiti soprattutto dalle donne
Dal punto di vista organizzativo, la situazione generale relativa alla costituzione dei comitati pari opportunità (CPO) mostra risultati in parte soddisfacenti confermando le osservazioni già fatte nel precedente anno. Nel 70% dei casi, tale organismo è stato costituito, ha un proprio regolamento ed i componenti si riuniscono periodicamente. Ma solo la metà ha una struttura organizzativa consolidata potendo far riferimento a personale di segreteria dedicato e/o disporre di locali destinati allo svolgimento delle attività.
Anche quest’anno abbiamo chiesto alle amministrazioni di indicare le principali iniziative in materia di pari opportunità effettuate negli ultimi due anni. Abbiamo così raccolto oltre 300 progetti, di cui 190 da parte delle 30 amministrazioni che hanno segnalato le iniziative. Interessante notare come più della meta delle iniziative segnalate facciano parte di piani triennali di azioni positive.
Tra le amministrazioni più attive sul versante progettuale vi sono gli enti di previdenza che hanno segnalato ben 42 sui 190 progetti con una media di oltre 10 progetto ad ente.
Tra i progetti si segnalano i 10 progetti di telelavoro che coinvolgono complessivamente oltre 250 persone di cui l’80% donne e 17 progetti di miglioramento organizzativo portati avanti dai Ministeri dagli enti di ricerca e dalle Università.
Anche in questa seconda edizione si confermano come tematiche prevalenti quelle dell’organizzazione con progetti volti alla valorizzazione delle competenze femminili, interventi di flessibilità del lavoro e di formazione con moduli di pari opportunità per dipendenti e dirigenti e corsi su tematiche specifiche dedicati a settori specifici come i comitati pari opportunità.
CONSIDERAZIONI RIASSUNTIVE
Sul totale dei rispondenti la quota delle amministrazioni dirette destinatarie è passata dal 23% (29 amministrazioni su 127 dell’edizione 2007) al 52% (55 su 109 totali nel 2008). Le amministrazioni locali che, pur avendo ricevuto la direttiva solo per conoscenza, hanno partecipato alla rilevazione attraverso l’invio del format sono 54.
Il campione, che riguarda quasi 270.000 persone (140.000 donne e 130.000 uomini) può considerarsi rappresentativo delle tendenze di fondo delle amministrazioni pubbliche centrali e in particolare dei Ministeri. Infatti quest’anno 11 ministeri su 12 hanno inviato il format.
Di seguito si delineano i principali temi emersi dall’analisi dei dati.
La tipologia di lavoro del tempo indeterminato è sempre quella più diffusa. Tale tipologia di lavoro si conferma come la più diffusa nei Ministeri, anche se solo 8 amministrazioni sulle 50 totali hanno esclusivamente personale a tempo indeterminato.
Lo strumento di flessibilità del lavoro più diffuso nei Ministeri è il part-time mentre poco utilizzati sono i contratti a tempo determinato (1% del personale). Di particolare interesse, per le implicazioni che ne conseguono, è il dato relativo al tempo determinato che negli enti di ricerca rappresenta il 40% del personale totale.
Nonostante vi sia stato, negli ultimi anni, un progressivo e costante aumento delle donne in posizioni apicali, ancora oggi la quota di posizioni dirigenziali non è proporzionale alla loro presenza nelle amministrazioni.
Persino nell’area dove le donne sono maggiormente rappresentate, ovvero la terza area o fascia D o fascia dei funzionari, quelle di loro a cui è stato assegnato un ruolo di responsabilità maggiore (posizioni organizzative), sono sempre in minoranza rispetto agli uomini.
La maggioranza del personale è, infatti, rappresentato da donne, nel nostro caso il 52% del totale (valore allineato alla media nazionale), così come la maggioranza dei dirigenti sono uomini (tra i dirigenti di prima fascia le donne sono il 19% e tra quelli seconda fascia sono il 37%), mentre la maggioranza (56,5%) del personale della terza area è rappresentato da donne che però non hanno la stessa quantità di posizioni organizzative assegnate agli uomini (alle donne vanno solo il 45% delle posizioni organizzative totali).
Inoltre, 14 amministrazioni (28% del totale) segnalano settori o livelli professionali che presentano un divario tra donne e uomini superiore ai due terzi. In 5 casi, sui 28 segnalati (il 18% del totale), si tratta di posizioni in cui le lavoratrici sono in maggioranza, in tutti gli altri casi le dipendenti donne sono sottorappresentate.
A quasi venti anni dalla emanazione della legge 10/4/1991 n. 125, sono ancora poche le amministrazioni che predispongono piani di azioni positive per la rimozione delle discriminazioni.
Poco diffusi i progetti che sanno coniugare la valorizzazione del personale attraverso la crescita professionale con il raggiungimento di livelli soddisfacenti di efficienza ed efficacia dei servizi resi al personale stesso e ai cittadini.
Se le amministrazioni fossero state adempienti, oggi dovremmo essere alla terza edizione del Piani triennali: invece la maggioranza (oltre il 60%) non ne ha mai elaborato uno e solo un terzo ne ha presentato uno e una piccola minoranza (il 10%) ne ha fatto ricorso con regolarità.
Per quanto riguarda la prevenzione delle molestie sul luogo di lavoro poche sono le amministrazioni che si sono dotate di un proprio codice di condotta (solo 38%) e ancora meno quelle che hanno nominato la Consigliera.
Il telelavoro, introdotto nella pubblica amministrazione circa 10 anni fa con il d.p.r. 8/3/1999 n. 70 a livello complessivo è poco diffuso. Probabilmente ciò è dovuto anche al fatto che la qualifica di telelavoratore non è ancora definita con precisione nei vari comparti contrattuali.
I dati sul personale, relativi alle 50 amministrazioni che hanno inviato il format, indicano che solo 12 amministrazioni hanno avviato progetti di telelavoro e che le persone con questa tipologia di contratto sono solo 347 e di queste 270 (il 78%) sono donne. A parte l’INAIL che ha 183 persone in telelavoro, di cui l’84% donne, le altre 11 amministrazioni arrivano, tutte insieme, a 45 persone in telelavoro di cui 26 donne.
A nove anni dall’introduzione della legge sui congedi parentali (legge 53/2000) sono sempre le donne che ne usufruiscono in misura molto maggiore rispetto agli uomini.
In tutte le amministrazioni, i congedi parentali utilizzati dalle donne sono la maggior parte dei congedi totali: si va da un minimo del 50% del totale per 7 enti fino ad una massimo di oltre il 90% per 3 enti.
Stesso trend se si analizzano la durata media dei congedi: i congedi delle lavoratrici sono sempre più lunghi rispetto a quelli dei lavoratori, in media quasi tre volte più lunghi (2,8).
Per quanto riguarda la composizione di genere delle commissioni di concorso si nota una generale tendenza a rispettare la quota di 1/3 di donne come componenti. Anzi si evidenzia, nei dati analizzati, il sorgere del problema inverso: vi sono alcuni enti che segnalano una presenza di donne maggiore del 50%, presenza che in alcuni casi arriva al 75% se non al 100% dei componenti delle commissioni. Da qui potrebbe nascere l’esigenza di una norma di salvaguardia di una presenza equilibrata dei due generi nelle commissioni di concorso.
Nel format viene chiesto di segnalare anche la retribuzione associata all’incarico di direzione generale e non assegnate sia alle donne che agli uomini. Tra le 30 amministrazioni che hanno fornito dati significativi, si nota che nella metà dei casi vi sono differenze tra le retribuzioni degli incarichi assegnati alle donne e agli uomini.
Queste differenze, che variano da un minimo del 5-8% fino ad massimo del 35-40%, sono sempre a sfavore delle donne che percepiscono retribuzioni inferiori.
Si avverte l’esigenza di introdurre nelle amministrazioni metodologie di analisi di genere per le retribuzioni. In particolare è necessario avviare un’indagine per sapere se c’è differenza tra uomini e donne per tutti gli emolumenti aggiuntivi assegnati.
La direttiva individua nella formazione lo strumento principale per cambiare la cultura organizzativa. Anche se esistono moduli sulle norme e i diritti della parità all’interno dei corsi sull’organizzazione del lavoro e su quelli per la dirigenza, questi sono poco diffusi. Inoltre, non viene data rilevanza all’impatto della formazione sulle donne: si continua a non elaborare separatamente, per i due generi, i dati sulla soddisfazione della formazione che pur vengono raccolti in maniera distinta.
Solo in 5 amministrazioni su 50 (il 10%), in tutti i corsi sui temi dell’organizzazione del lavoro, gestione e valutazione del personale e in quelli per la dirigenza che riguardano lo sviluppo delle competenze manageriali, sono previsti moduli relativi alle tematiche della parità uomo-donna.
Sono pochi (14 su 50) gli enti che nelle schede di valutazione degli interventi formativi chiedono il genere del partecipante, ma quasi mai i dati rilevati vengono elaborati e interpretati considerando il genere dei partecipanti (ad esempio es. analizzando in maniera separata le risposte date dalle donne da quelle date dagli uomini ed effettuando un confronto).
Anche se la presenza dei Comitati Pari Opportunità, il CPO, è abbastanza diffusa (il 70% delle amministrazioni lo ha istituito) questi organismi non sempre sono in grado di operare al meglio.
Le motivazioni delineate lo scorso anno si ripresentano nella loro interezza anche in questa seconda annualità.
La numerosità dei componenti non aiuta il lavoro: nella maggior parte di questi organismi (19 CPO), i componenti passano da un minimo di 10 ad un massimo di 18 persone con punte anche di 34 componenti. Il regolamento che ne ordina le attività è stato elaborato in meno della metà dei CPO (15 sui 35 esistenti). Il 44% dei CPO si riunisce meno di una volta ogni due mesi. Solo 11 CPO hanno personale stabile e 15 hanno locali a disposizione per le loro attività. Infine, solo 8 CPO hanno un proprio budget che varia da un minimo di 1.500 euro un massimo di 46.000 euro all’anno.
Tra le amministrazioni che hanno segnalato iniziative specifiche sulle pari opportunità, gli Enti di Previdenza sono quelli più attivi (con una media di 12 azioni per ente) a seguire le Università con una media di 9 azioni per ente. Le Amministrazioni Centrali, con circa 6 azione ad ente si posizionano nella media generale.
Analizzando le azioni per tematiche, si nota come un quarto delle iniziative riguarda la cultura della parità, a seguire la comunicazione con un 15% e il miglioramento organizzativo con 14%.
Vi è una relazione biunivoca tra cultura della parità e formazione: la maggior parte degli interventi sul tema culturale (33 su 56 azioni) avviene utilizzando lo strumento della formazione, e la maggior parte degli interventi formativi (33 su 40) riguardano la cultura della parità. Questo è un segnale forte del peso assegnato alla formazione per agire il cambiamento culturale.
A tal proposito è interessante notare come tra le 40 azioni formative segnalate più della metà (23) sono dedicate ai componenti dei comitati pari opportunità e 7 sono dedicati ai dirigenti.