Isabella Rauti, Consigliere della Regione Lazio, parla a Pinkroma di riforma elettorale, del protagonismo dei cittadini, della parità di genere in politica e della lotta alla violenza contro le donne
Riforma della legge elettorale, introduzione delle preferenze, protagonismo dei cittadini, parità di genere in politica e lotta alla violenza contro le donne sono gli argomenti che Isabella Rauti, Consigliere della Regione Lazio, vuole porre all’attenzione dei lettori di PinkRoma.it. L’esponente politico nell’intervista a Pinkroma si esprime con quella Sua caratteristica forza tranquilla, serena, fatta di lavoro quotidiano, di impegno sociale e, a nostro avviso, con profonda onestà intellettuale.
Il Consigliere Rauti racconta la Sua voglia di cambiamento, la necessità di far approdare più donne nei posti dove si decide la politica e l’economia del Paese; da sempre impegnata nella battaglia per la parità di genere, parla del grillismo come una disfunzione fisiologica, quasi collaterale, dell’ondata di antipolitica massmediale che stiamo subendo, una suggestione virtuale della democrazia diretta.
Secondo Isabella Rauti, come per molti ormai, il rimedio passa tramite una grande mobilitazione dei cittadini che, grazie a contenuti e proposte chiare, condivisibili, possano riconoscersi ancora nella politica vera, onesta e trasparente nelle finalità e nella strutture costitutive, fatta di idealismo ma anche di concretezza, alimentata da un genuino sentire nazionalpopolare che, attraverso un processo di recupero identitario, smascheri le sirene degli affabulatori e soddisfi “i reali bisogni delle persone, trovando anche delle risposte adeguate”.
In tal senso, Isabella Rauti esprime quindi grande soddisfazione per le iniziative dell’Associazione “Noi per Roma” che Lei stessa guida e presiede, come una riposta concreta ed immediata alla voglia di cambiamento e partecipazione. A detta della Consigliera Regionale, “Noi per Roma” vuole rappresentare un movimentismo di sinergie, “un incrocio organizzativo di forze e vitalità, un’idea che diventi un effetto moltiplicatore civico, costruttivo, in cui ognuno faccia la Sua parte, quando questo non voglia dire sostituirsi alle amministrazioni ma sostenerle e pungolarle se non puntualmente coerenti al mandato assegnato”.
Isabella Rauti, inoltre, auspica le riforme, soprattutto quella elettorale, esprime il timore “che il dibattito sulle preferenze rischi di essere inconcludente” perché deve determinarsi una volontà politica per fare una legge che archivi definitivamente una fase della vita del Paese che Lei definisce come “gotha della politica” dove “la decisione democratica è stata per troppo tempo delegata o calata dall’alto”, auspicando che finalmente la rappresentanza a tutti i livelli istituzionali torni a nascere dalle indicazioni democratiche.
E ancora, Isabella Rauti, parla di femminicidio, di violenza contro le donne e di necessità di accostare leggi severe e pene certe ad una rivoluzione culturale che riposi anche su un “meccanismo di rete internazionale che non faccia sentire le donne mai sole”.
La Consigliera Isabella Rauti, infine, snocciola con entusiasmo ed una punta di orgoglio i risultati del Suo impegno in Regione, silenzioso, laborioso: l’emendamento all’assestamento di bilancio finalizzato a spostare maggiori fondi sulla costruzione di nuovi asili nido, sugli aiuti all’imprenditoria femminile, sul potenziamento dei centri antiviolenza, sulla formazione del personale socio sanitario e del personale di prima accoglienza, per l’istituzione di servizi anti-stalking a sostegno delle vittime.
Azioni concrete fatte di impegno politico quotidiano. Quello che piace e che chiedono i cittadini.
di Paola Guerci
IL TESTO DELL’INTERVISTA
Italia 2012: rivoluzione digitale in corso e libertà ben consolidate. Perché, secondo Lei, esiste ancora la questione della rappresentanza di genere in tutti i luoghi della decisione politica?
L’Italia registra questo deficit, questo ritardo storico, ricordiamoci che noi donne abbiamo ottenuto il diritto di voto attivo e passivo nel 1946 in ritardo rispetto agli altri Paesi. Il problema è che in tutti questi decenni la presenza delle donne in politica è aumentata troppo poco, con il 21% alla Camera e circa il 18% al Senato. Non è stato raggiunto il 30% di rappresentanza femminile che è la soglia minima di garanzia di equilibrio ne tanto meno il 50% che è garanzia della funzionalità dei sistemi democratici. Questo ritardo storico si continua a scontare. E poi c’è stata una fase in cui le donne si sono autoescluse dalla politica considerandola maschile, attribuirei la colpa soprattutto ai partiti, al sistema. La politica esclude le donne, gli orari della politica escludono le donne e poi se una donna entra esce un uomo. Questo spiega anche il deficit di presenza femminile nei luoghi della decisione politica ed economica. L’irrisolta questione dei tempi di conciliazione di vita e di lavoro pesa e continua a pesare sulla scelta delle donne di entrare in politica.
E’ d’accordo sull’introduzione della doppia preferenza di genere alle elezioni amministrative? Quali cambiamenti potrebbe apportare rispetto alla presenza delle donne in politica?
Sono talmente d’accordo che sto per presentare una proposta di legge complessiva che includa anche questo aspetto. Il modello di riferimento resta quello della Campania che è stato adottato nelle recenti amministrative ed ha consentito di triplicare la presenza delle donne nel consiglio regionale, evidentemente il meccanismo funziona. Mi auguro che la riforma della legge elettorale sia realizzata il più presto possibile con un ritorno alle preferenze questo ritengo sia il modello di riferimento ovvero la doppia preferenza di genere.
Se dovessimo tornare ai collegi si potrebbe immaginare il collegio binominale sempre nel rispetto della parità di genere. Se non si candidano le donne le donne non vengono elette, se le donne non vengono elette non è un problema delle donne ma un deficit di democrazia e della sua funzionalità.
I Sondaggi fotografano un’Italia scontenta degli attuali partiti politici e favorevole ai movimenti civici. Come è nata l’idea di “Rete attiva per Roma”?
Rete attiva per Roma è una federazione di associazioni, inizialmente nata da cinque realtà associative fra le quali Noi per Roma di cui sono Presidente. L’idea è quella di un movimento di cittadini protagonisti, cittadini in prima persona. L’esperienza di Noi per Roma nasce dalla volontà di fare, non dire che bisognerebbe fare ma rimboccarsi le maniche e fare.
Anche il simbolo di Noi per Roma, che è stato ripreso da Rete attiva è un per. Il per è un incrocio organizzativo, un incrocio di forze ed energie ma soprattutto il per evoca l’idea di un effetto moltiplicatore. Noi riteniamo che ognuno debba fare la sua parte, questo non vuol dire sostituirsi alle amministrazioni ma significa sostenere le amministrazioni e pungolarle quando queste non sono puntuali. Significa amare la propria città e mantenerla come si cura la propria casa. Un rovesciamento di prospettiva molto semplice che mette in movimento forze ed energie.
Noi l’abbiamo fatto prima della moda dei movimenti cittadini. Il grillismo è effetto dell’anti politica e rappresenta una suggestione virtuale della democrazia diretta, in realtà non lo è. E solo un immenso web con una persona seduta al computer. Noi riteniamo che la risposta migliore all’anti politica sia il ritorno alla politica pura, onesta e trasparenza e riteniamo che sia necessario una grande mobilitazione un movimento cittadino che mi piace definire nazional-popolare, che rappresenti i reali bisogni delle persone e che trovi anche delle risposte.
Riforma della legge elettorale: Lei è d’accordo sulla reintroduzione delle preferenze?
Temo che il dibattito sulle preferenze rischi di essere inconcludente perché deve determinarsi una volontà politica per fare una legge elettorale. Auspico che questo accada in tempi brevi. Se ne parla ad intermittenza, si perde molto tempo, mentre la riforma della legge elettorale va fatta.
Per quel che mi riguarda ho tre P di riferimento: Preferenze, Primarie e riforma Presidenziale. Ovviamente sono livelli di intervento diversi, dalla riforma costituzionale alle decisioni dei partiti c’è però la necessità di rinnovare la politica. Ritengo che le preferenze rappresentino un ritorno sano ad una rappresentanza che non sia delegata dall’alto, nominata e indicata.
Abbiamo bisogno di una rappresentanza che sia eletta dal basso come la democrazia vuole. Dobbiamo uscire da questo gotha della politica perché credo che la rappresentanza nasca dalle indicazioni democratiche. Sono stata eletta nel listino per la quota di rappresentanza femminile del 50% del listino bloccato ed ho un complesso di colpa e sarei ben felice di misurarmi con il sistema delle preferenze.
Ma al di là del caso personale, ritengo che la preferenza faccia bene alla politica, rinnova la classe dirigente e soprattutto rinnova la classe che deve rappresentare questo Paese. E’ una dinamica necessaria altrimenti la politica muore. Quindi preferenze, primarie per la scelta dei candidati e mi auguro riforma presidenziale perché se difendiamo il principio dell’elezione diretta questo deve passare a tutti i livelli.
Violenza sulle donne. Dall’inizio dell’anno i numeri di donne uccise sono impressionanti. Quali sono le ragioni di quello che viene chiamato femminicidio?
Noi dobbiamo tutti ammettere che in ogni Paese ad ogni latitudine esistono le violenze sulle donne. Violenze fisiche, morali, economiche, psicologiche. La violenza non ha mai un volto solo ne ha molti e le vittime sono quasi sempre donne.
I numeri di questa violenza purtroppo sono allarmanti tanto che l’organizzazione mondiale della sanità parla di un flagello mondiale. Oggi il termine “femminicidio”, peraltro molto discusso, non cambia la sostanza. Le violenze sulle donne sono in aumento, nascono, credo, dal fatto che le antiche gerarchie di genere sono state spezzate e chi non sopporta il nuovo e vorrebbe riproporre antichi schemi spesso lo fa affermandosi con la violenza facendo diventare la violenza l’unica modalità di relazione.
La violenza oggi è soprattutto domestica e si consuma tra le mura di casa da parte di partner, compagni o mariti. E’ evidente che la legge da sola non basta, la legge è una condizione necessaria ma non sufficiente se noi non accompagniamo l’applicazione della legge con una rivoluzione culturale di costume, di educazione di genere, di rispetto delle differenze di genere.
Da un lato abbiamo bisogno di pene chiare, certe, severe senza sconti per nessuno ma dall’altra dobbiamo ammettere che questa è anche una battaglia culturale che dobbiamo fare tutti, è una responsabilità collettiva, uomini e donne. Credo anche che ci voglia più coraggio nell’ammettere tutti che la violenza esiste in tutti i Paesi, attraversa i ceti, attraversa la società non è una questione che riguarda soltanto alcuni paesi, soltanto alcune condizioni sociali. Il mondo della violenza va combattuto il più possibile in un meccanismo di rete anche internazionale per dare l’idea che nessuna vittima è sola.