(Adnkronos) – “Vi è un vulnus – ha aggiunto il consigliere Rauti – e l’aspetto legislativo va riconsiderato: il punto debole dei cinque giorni che hanno dopo essere usciti dal centro per cercare documenti e identità sono troppo pochi”. Ad Isabella Rauti ha fatto eco Chiara Colosimo sottolineando che “non dipende solo dalle leggi italiane ma anche dai consolati dei paesi di provenienza degli immigrati che spesso non rispondono alle richieste di identificazione e ancora gli immigrati spesso non danno la reale nazionalità di provenienza e quindi farli tornare a casa è un più un problema sovranazionale che nazionale”.
“Questa transitorietà, questa attesa per la cosidetta ricostruzione della propria identità è pesante e difficile – ha aggiunto ancora la Rauti – certo se il centro con gli strumenti giusti ed efficaci riesce a lavorare la persona esce presto ma se non ha la collaborazione necessaria dai consolati e uffici internazionali, il centro non riesce a volgere al meglio il suo lavoro. Serve collaborazione dai paesi di origine tanto che ad esempio un romeno, oggi, è riuscito ad uscire dopo 15 giorni per la repentina risposta da parte del consolato del suo paese. Ma se le persone sono per cosi dire invisibili, il problema si complica e non si riesce a risolverlo”.
Il consigliere Rauti ha infine voluto sottolineare che “quando il prefetto ha affermato che il centro andrebbe chiuso, intendeva per i lavori di ristrutturazione che sono ora in corso. Ha parlato infatti di uno spostamento nell’area nord di Roma proprio per dare la possibilità di effettuare i lavori sulla struttura”. Isabella Rauti ha poi concluso affermando che “è necessario intervenire sulla macchina normativa come anche sui costi del centro cercando di razionalizzarli al massimo”.
(Giz/Col/Adnkronos)
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