ROMA Isabella Rauti, consulente del ministro per le Pari Opportunità, è intervenuta sulla sentenza del tribunale dei minori di Trento che ha tolto un neonato alla madre perché povera. La giovane donna, una ragazza di vent’anni, ha solo 500 euro al mese di stipendio per provvedere a se stessa e al bambino. Il caso era stato reso pubblico dallo psicoterapeuta e consulente del tribunale Giuseppe Raspadori.
«La grave decisione del Tribunale di Trento – scrive Isabella Rauti sarebbe stata presa soltanto per le ristrettezze economiche della madre, che aveva chiesto un affido condiviso. L’episodio sembra essere l`ultimo di una serie di analoghe decisioni riportate dalle cronache, che configurano quella economica come una capacità genitoriale più determinante di quelle affettive, psicologiche o sociologiche: le evidenze medico-scientifiche dicono infatti che la sottrazione della madre al neonato distrugge la relazione sociale primaria, fonte di salute fisica e mentale per ogni persona».
«La secondarietà – prosegue la Rauti – dell’impedimento economico rispetto alla persona è d’altronde sancita dalla Costituzione, all`articolo 3. In attesa di leggere la motivazione della decisione del Tribunale dei Minori di Trento e le ragioni in essa espresse credo che vadano rilevate le eventuali analogie con le numerose sentenze dei Tribunali dei Minori che come quella in oggetto pongano l’impedimento economico come causa sufficiente per la sottrazione del neonato alla propria madre».