Ieri il fascismo, oggi il Msi. Sempre nel nome della Costituzione e sempre con l’obiettivo di comprimere l’agibilità politica della destra italiana. È legittimo, a questo punto, chiedersi dove la sinistra voglia arrivare. È bastato che Isabella Rauti ricordasse l’anniversario della fondazione del Movimento Sociale Italiano per scatenarne la solita reazione, rozza e scomposta. Proprio come se commemorare la nascita di un partito presente per oltre un quarantennio nel Parlamento e che ha sempre praticato la democrazia equivalesse a un atto eversivo.
Le polemiche sull’anniversario della nascita del Msi
Già, probabilmente i detrattori della Rauti non sanno che nell’arco della sua vita il Msi ha appoggiato tre governi (Soli, Segni e Tambroni) ed eletto due presidenti della Repubblica (Segni e Leone). Fosse così, sarebbe deprimente perché segnalerebbe un livello di ignoranza a dir poco preoccupante nella nostra classe dirigente, soprattutto di sinistra. La stessa che non a caso brandisce la Costituzione come uno sfollagente con esiti sconcertanti, se non – come in questo caso – addirittura ridicoli. Sostenere la tesi del divieto (a destra) di commemorazione del Msi in nome dell’antifascismo costituzionale, è infatti una pretesa che non ha né capo né coda.
La destra italiana e l’«alternativa al sistema»
Quel partito non è mai incorso nei furori della legge Scelba mentre ha sempre celebrato congressi, alternato leadership e sperimentato svolte politiche. Certo, si definiva di «alternativa», ma lo stesso facevano il Pci e i Radicali. In realtà, il fascismo non c’era niente. C’entrano, invece, e molto, il nuovismo e il presentismo della politica attuale, cioè la pretesa dei partiti di dirsi nuovi, quasi fossero nati dal nulla o, al massimo, dotati di un passato à la carte, dove si può scegliere come al ristorante. Coloro che hanno attaccato la Rauti, ad esempio, hanno scelto Enrico Berlinguer. Hanno deciso che la loro storia comincia con lui.
Memoria selettiva e “caso Berlinguer”
Probabilmente neanche sanno che Berlinguer era successo a Luigi Longo, che a sua volta aveva ricevuto il testimone da Palmiro Togliatti, il più fedele esecutore delle ferocissime “purghe” comminate dal compagno Stalin. La qual cosa, tuttavia, l’anno scorso non ha impedito di celebrare il centenario della scissione di Livorno, da cui nacque il Pci. E questo nonostante quel partito fosse stato foraggiato e indottrinato per anni da una potenza antidemocratica, per di più straniera e nemica, come l’Unione Sovietica. Ma di questo, ovviamente, si è parlato poco. A conferma che è solo la memoria selettiva della sinistra a voler impedire alla destra di ricordare.
[Fonte: www.secoloditalia.it]