Percorso:

Seduta N.35.1 (Straordinaria) di Giovedì 22 settembre 2011 – Istituti penitenziari ubicati nel territorio regionale

[EDIZIONE NON REVISIONATA]

Istituti penitenziari ubicati nel territorio regionale

Dibattito

(…omissis…)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il consigliere Rauti. Ne ha facoltà.

RAUTI (Pdl). Grazie, Presidente. Sono, come il collega Bernaudo, tra i sottoscrittori della mozione n. 258 che ha come primo proponente il collega Nieri e lo sono nella versione opportunamente emendata.

Questa mattina ho preso parte alla conferenza stampa dei colleghi radicali, alla presenza dell’onorevole Pannella e dico che questo modo bipartisan di affrontare la questione è il modo più corretto e più efficace.

D’altronde la giornata di oggi si inserisce in un percorso già avviato da questa Assemblea e sempre condiviso. Questo testimonia non solo una sensibilità comune, ma anche la consapevolezza che ci sono questioni rispetto alle quali quello che può essere uno steccato ideologico e debba fare un passo indietro e quello che è il buonsenso e la buona politica un passo avanti.

Voglio ricordare che questa Assemblea sull’argomento si è già confrontata. Ricordo una bellissima seduta di dicembre. Voglio ricordare anche – non è un dato personale, naturalmente – le tre interrogazioni presentate all’assessore di riferimento e anche una mia recente proposta di legge.

Quello che più vorrei sottolineare è che in quella seduta di dicembre ci fu un intento bipartisan e un riscontro condiviso al quale anche la Giunta ha voluto dare, in questa sede, in quella sede, una sua soddisfazione.

Penso però che il Consiglio di oggi sia un Consiglio dal quale personalmente mi aspettavo di più, non dispero. Abbiamo detto che la mozione andrà in discussione nella prosecuzione di questo Consiglio la settimana prossima e sono anche sicura che ci saranno poi i passi successivi.

La situazione che noi osserviamo oggi anche sulla base di quanto il garante, e lo ringrazio, ha voluto fornirci è una situazione che stigmatizza nel Lazio una condizione di criticità in termini di sovraffollamento, e non solo. Sono stati dati dei dettagli. Esiste una sovrappopolazione carceraria di oltre duemila unità che fa a suo modo riscontro a un sovraffollamento nelle carceri italiane di oltre ventimila unità.

Quindi, è di tutta evidenza che il problema esiste, che esiste una questione carceraria, che a mio avviso non riguarda soltanto la innegabile condizione di sovraffollamento, ma evidentemente riguarda anche la carenza drammatica di personale di forza di polizia, come riguarda la carenza di figure di mediatori culturali, come riguarda il fatto che pur se nello sforzo, locale e nazionale, di investire sulle attività trattamentali e su quelle di formazione per il reingresso al lavoro, e nonostante gli sforzi, anche del nostro tavolo, che si occupa di salute penitenziaria, la situazione rimane critica. Per fortuna, e anche grazie all’impegno dei Radicali questo va riconosciuto, forse in questo momento su una questione grave si può riscontrare una rinnovata attenzione politica istituzionale che deve però produrre atti concreti. Tra gli atti concreti evidentemente c’è anche quello di portare a compimento un Piano carceri approvato nel 2010 che in parte risolverebbe – dico in parte – il problema del sovraffollamento e anche, quindi, delle condizioni igienico-sanitarie.

Anche il mio collega Bernaudo ha detto che lo stato di detenzione è uno dei criteri che contribuisce a stabilire lo stato di civiltà o meno di un Paese. Ed è un criterio tra i più rivelatori, perché quello che non si vede, come nel chiuso delle carceri, può far comodo a chi non ha a cuore, invece, comunque un principio di dignità della persona, di dignità della vita, e appunto, di confine sempre molto labile, purtroppo, tra civiltà e barbarie.

Senza nessuna polemica, io voglio soltanto fare un riferimento che pur se non è l’oggetto di questa discussione, però è un riferimento obbligato rispetto alla questione dell’amnistia e dell’indulto. Tutti noi ricordiamo l’intervento dell’amnistia del 2006, un intervento-tampone che sicuramente determinò, allora per allora, lo svuotamento delle carceri, ma in capo a due anni la criticità si ripropose e si è riproposta tale e quale. Non ne faccio una questione ideologica, ne vorrei, se possibile, fare una questione pragmatica: noi dobbiamo contribuire ad una riforma che sia di sistema e non ad interventi tampone, una riforma di sistema che passi, evidentemente, attraverso il compimento di quel piano di edilizia carceraria approvato nel 2010, una riforma di sistema che punti alla depenalizzazione dei reati minori, una riforma di sistema che veda un utilizzo più rigoroso, un uso meno eccessivo della custodia cautelare e ancora il ricorso alle misure alternative alla detenzione, che pure esistono, nonché, seppure rappresenti un segmento particolare, misure cautelari custodiali, come per esempio gli istituti di custodia attenuata per madri detenute nel modello della casa-famiglia. Sono anche a chiedere all’assessore un riscontro rispetto al nostro impegno che è suo, ma è di tutta questa Assemblea rispetto al nostro percorso per la creazione, finalmente, di un istituto di custodia attenuata per detenute madri in questo territorio, che sarebbe quindi il secondo caso italiano, dopo purtroppo l’unico, quello di Milano, che non solo rappresenta una prassi di eccellenza per il territorio nazionale, ma rappresenta anche una buona prassi rispetto allo scenario europeo.

Io mi rendo conto perfettamente che quando si parla di queste questioni, porre il problema di una minoranza della minoranza, ovvero la condizione delle madri detenute in termini quantitativi possa non interessare, ma non è una questione di numeri. Se nel Lazio, nella popolazione detenuta di oltre 6.000 unità le donne sono soltanto poco più di 400, e tra di esse pochissime sono le madri con i loro bambini che sono detenute nel carcere di Rebibbia e nel suo asilo-nido, carcere di Rebibbia che, voglio ricordarlo, ha una concentrazione eccezionale di popolazione detenuta femminile rispetto al resto d’Italia, e quindi anche di detenute madri, io mi rendo conto che se ne vogliamo fare una questione di numeri questa delle donne detenute con i loro bambini può non interessare, ma io sono convinta che anche questa sia, invece, proprio una griglia per verificare la consapevolezza, la sensibilità della politica e delle istituzioni e che anche questa condizione, forse anche più di altre condizioni, contribuisca a rispettare quel confine cui si faceva riferimento prima tra civiltà e barbarie.

Tante sono le cose che si potrebbero dire, ma io voglio ritornare sulla questione dell’ICAM, su questa soluzione. Voglio anche ricordare che nell’aprile scorso una legge… In un certo senso noi siamo partiti prima, ma la legge entrerà in vigore nel gennaio 2014, una legge che indica una strada alternativa per le madri detenute con i loro bambini. Tra l’altro amplia anche la fascia d’età: non più da zero a tre anni, ma da zero a sei anni. Si può essere d’accordo o meno su questo aspetto legato all’età, ma non si può non essere d’accordo sul principio fondamentale che le donne detenute con i loro bambini debbono essere ospitate in case-famiglia che consentano intanto ai bambini di riappropriarsi dell’esercizio fondamentale del diritto a un’infanzia normale.

Penso anche che la condizione di detenzione negli asili nido non consenta (questo non lo penso io, in realtà, ma lo sottolineano tutti gli studi specializzati di settore) e incida negativamente sullo sviluppo cognitivo e motorio dei bambini, sulla loro crescita, sulla formazione della identità personale. Credo che il modello della casa-famiglia, alternativo all’istituto di pena, consenta anche ai bambini di usufruire di attività esterne, dalla scuola, allo sport, agli spazi ricreativi aperti, con evidentemente un ruolo fondamentale giocato dai volontari. Credo che all’interno di quelle mura la polizia penitenziaria in borghese e le figure dello psicologo, del mediatore contribuiscano a creare un clima possibile di crescita normale e consentano alle madri di non perdere quello che è comunque un diritto fondamentale di relazionarsi con i loro bambini in una condizione che non sia coatta e, per alcuni aspetti, anche tragica.

Penso che prima dell’entrata in vigore di questa legge, alla quale personalmente ho guardato con grande soddisfazione, ma prima dell’entrata in vigore di questa legge prevista per il 2014 noi si possa e si debba istituire nel territorio del Lazio l’istituto di custodia attenuata. È una misura cautelare custodiale. È una misura che non comporta contromisure, questo sempre nell’ottica non solo di quel diritto all’infanzia inalienabile, ma anche in quell’ottica molto più vasta che comprende e supera la condizione delle madri detenute, che è quell’ottica alla quale in quest’Aula è stato fatto ampio riferimento, ovvero una idea di un carcere che non eserciti una funzione esclusivamente punitiva, ma un carcere che eserciti la sua vocazione di rieducazione, e soprattutto di costruzione di una prospettiva e di un orizzonte ulteriore, che vada oltre quella che tecnicamente è l’estinzione della pena.

Penso che le attività trattamentali costruiscano questa prospettiva. Penso che tutti gli interventi in favore di una formazione lavoro per il reinserimento, poi, dei detenuti nella società civile, nel mercato del lavoro sia una strada che non solo punta ad abbattere tutte quelle forme ricorrenti di recidiva, ma anche questo sia un simbolo concreto di civiltà e di rispetto della persona e dei diritti fondamentali inalienabili.

Credo che noi, attraverso la creazione di questo istituto, ma credo anche che noi attraverso la discussione di oggi e quelle che vorremo fare, credo che attraverso gli impegni che in una mozione, mi auguro unitaria, noi si prenda e si rispetti, noi avremmo fatto la nostra parte, potremmo stare un po’ in pace con le nostre conoscenze e avremmo svolto la nostra funzione. Grazie.

(…omissis…)

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Responsabile
Sezione Resocontazione

Stefano Mostarda

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