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Fratelli d’Italia ha presentato un pacchetto di emendamenti per migliorare questo provvedimento, perchè il nostro Paese ha un bisogno assoluto di sicurezza e di regole più severe in tema di immigrazione illegale. Nel decreto non c’è traccia del problema sempre più grave delle mafie straniere, in particolare di quella nigeriana, e sull’abolizione della protezione umanitaria rimangono troppe eccezioni.
RESOCONTO STENOGRAFICO
RAUTI (FdI). Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, vogliamo essere chiari: il decreto-legge in esame introduce un cambio di passo e comincia a invertire la tendenza, dopo anni di lassismo e buonismo delle sinistre. Tuttavia, si tratta di un atto imperfetto. Non vorremmo derubricarlo, con una battuta, il classico «vorrei ma non posso», perché comunque apprezziamo lo sforzo e condividiamo le misure introdotte e – più ancora – le linee di indirizzo. Ciò nonostante, abbiamo riscontrato alcune debolezze e lacune ed è per questo che abbiamo presentato un pacchetto migliorativo, anzi rafforzativo, articolato in 43 emendamenti che, fatta eccezione per uno solo a mia firma, sono stati tutti respinti durante i lavori in Commissione.
Abbiamo presentato un insieme di proposte migliorative perché la lotta all’immigrazione clandestina è una battaglia storica di Fratelli d’Italia e – soprattutto – perché il nostro Paese ha un bisogno assoluto, direi disperato, di sicurezza e regole più severe in tema di immigrazione illegale.
Voteremo a favore della conversione del decreto-legge, tuttavia il provvedimento – a nostro avviso – rischia di essere più suggestivo, che concretamente effettivo ed efficace; con un grande risvolto mediatico, ma insufficiente a fronteggiare realtà diventate complesse e drammatiche. Insomma, crediamo che l’Italia abbia bisogno di molto di più sia per il contrasto all’immigrazione clandestina, che per garantire maggiore sicurezza ai suoi cittadini.
È di tutta evidenza – se ne è discusso – il ricorso strumentale alla protezione internazionale. Sono di tutta evidenza, infatti, la sproporzione e l’anomalia malata nei numeri delle forme di protezione internazionale concesse e nel numero dei permessi di soggiorno concessi per motivi umanitari. E ancora: ai casi di protezione umanitaria riconosciuti dalle commissioni territoriali di competenza si sono aggiunti quelli riconosciuti dall’autorità giudiziaria a seguito di ricorso giurisdizionali: insomma un dedalo, meandri normativi e intreccio di strumenti diversi che hanno prodotto una situazione ingovernabile e ingovernata, con sacche di illegalità e forme di clandestinità più o meno mascherate.
Il punto è che la tutela umanitaria, introdotta nell’ordinamento interno quale forma di protezione complementare, residuale, eccezionale ed emergenziale, è diventata nella cattiva prassi diffusa il beneficio maggiormente utilizzato e riconosciuto. Insomma, in Italia siamo riusciti a realizzare un’anomalia. Abbiamo totalizzato tre forme di riconoscimento, tre tipi di protezione: quella per motivi umanitari legata al nostro ordinamento, più altre due di derivazione europea, ossia la protezione internazionale sussidiaria e la protezione temporanea.
È proprio quella umanitaria, quindi quella della libera scelta del nostro legislatore, ad essere stata più usata. E l’articolo 1 del decreto-legge in esame incide sulla protezione per motivi umanitari, ovvero quella che, lasciando la parola ai numeri, ha avuto un andamento che viene definito statisticamente inflattivo, ovvero è stato inflazionato. Secondo l’Eurostat, nel 2017, del numero complessivo di riceventi protezione (oltre 35.000), più di 20.000 l’hanno ottenuta per ragioni umanitarie; più di 6.000 per status di rifugiati; più di 8.000 per protezione sussidiaria, mentre i rimpatriati sono stati solo 1.515. Per quanto riguarda i Paesi di provenienza dei riceventi protezione, è bene sottolineare che la maggior parte sono della Nigeria (oltre 25.000); segue il Bangladesh, il Pakistan, il Gambia. Solo dopo nell’elenco, molto più giù, dopo il Senegal, la Guinea, il Ghana e l’Eritrea, troviamo Paesi come la Siria, l’Afghanistan e l’Iraq, ovvero zone di guerra.
Voglio sottolineare, essendo in cima alla lista la Nigeria, che non sfuggirà a nessuno la portata mafiosa di questa criminalità di importazione. Si è abusato di questa norma, e allora è bene prevederne l’abrogazione. Ma rimangono moltissime, troppe eccezioni, troppi casi speciali, maglie potenzialmente larghe; cure mediche per chi si trova in stato di salute gravemente compromesso; eccezionale calamità del Paese di provenienza; condizioni di grave sfruttamento lavorativo. E potrei continuare. Qualsiasi immigrato potrà facilmente richiedere di rientrare in queste eccezioni.
L’abolizione della protezione umanitaria, invece, è per noi una battaglia, e ci appare debole il cosiddetto decreto-legge Salvini, perché lascia aperte troppe ipotesi per ottenere la protezione. Ciò significa lanciare uno slogan che suggestiona. Noi siamo per l’abolizione della protezione umanitaria senza se e senza ma. (Applausi dal Gruppo FdI). Questo si deve introdurre nel decreto-legge, e sottrarlo al circuito dell’accoglienza. Anche perché mi chiedo: che cosa è previsto per i 600.000 immigrati clandestini che girano nel nostro Paese? Mancano regole certe di rimpatrio.
Abbiamo le carte in regola per sostenere questa posizione netta, perché chiunque è in buona fede sa che noi non possiamo essere cacciati né di intolleranza, né di razzismo, né di xenofobia.
LAUS (PD). No?
RAUTI (FdI). Non possiamo esserne tacciati, perché è dagli anni Novanta, dai tempi del Movimento Sociale Italiano, noi per primi – non voi – dicemmo: aiutiamoli a casa loro. (Applausi dal Gruppo FdI). E ancora: abbiamo noi ideato politiche di cooperazione che non creassero dipendenza. Il Movimento Sociale Italiano negli anni Novanta, quando l’immigrazione era soggetto di studio di demografia e non era l’invasione che è oggi, si poneva questo problema e lo consideravamo un dramma loro e un dramma nostro. Questo dramma resta e il decreto-legge in esame non lo risolve. Noi ci auguriamo che venga rafforzato e migliorato.
LAUS (PD). Troppo morbido?
RAUTI (FdI). Per affrontare il problema ci vuole più coraggio: è questo quello che ci chiede il Paese. (Applausi dal Gruppo FdI. Congratulazioni).
Resoconto stenografico della 53ª seduta pubblica del 5 novembre 2018
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