Pronto… c’è Isabella Rauti? «No, purtroppo è partita per Kabul. Doveva incontrare Selay Ghaffar, la femminista afghana che raccoglie bambine e donne violentate».
Buongiorno, è tornata la signora Rauti? «Sì, stanotte, ma purtroppo è uscita all’alba. Sta organizzando la marcia per i monaci tibetani. E nel pomeriggio sarà al Campidoglio per accogliere il Dalai Lama».
Tre giorni dopo: pronto… la signora Rauti è raggiungibile oggi? «Mi spiace, è appena andata a Rebibbia. Vuole creare una comunità per madri detenute con figli piccoli. Sa, davanti ai diritti delle donne chi la tiene?».
Non doveva essere la regina della destra italica? La figlia prediletta di Pino Rauti, la moglie del sindaco della destra, Gianni Alemanno (che lunedì 26 marzo ha lanciato la propria candidatura per un secondo mandato al Campidoglio con Rete attiva per Roma, presieduta proprio dalla moglie), la madre di Manfredi, anche lui già infiammato di politica a destra? Macché, Isabella Rauti, 49 anni, bruna, alta e tosta, è una vera pasionaria del sociale. Con la folla delle sue politiche umanitarie ruba cause e vetrina alle colleghe della sinistra. Di più: combatte per i diritti umani in Iran, segue progetti ecoambientali (ha fondato l’associazione Noi per Roma che ripulisce parchi e boschi travolti dalla neve), fa maratone per i disabili e consola i senza casa.
«In Afghanistan ho capito che le donne sono calamita e garanzia della giustizia sociale. Fawzia Koofi, che si candiderà contro Hamid Karzai, è sopravvissuta a quattro attentati. Donne come lei darebbero la vita piuttosto che fare un passo indietro.
D’accordo, ma non le sembra, con tanta fiamma… sociale, di invadere il palcoscenico delle donne di sinistra?
Questa domanda mi turba: quale sarebbe il palcoscenico di sinistra? Quello dove può ballare il tango solo Rosy Bindi, o cantare l’Aida solo Lucia Annunziata? Vuole dirmi che dopo tanta agitazione per abbattere muri tra donne di qualunque razza siamo ancora a queste divisioni preistoriche? Insomma, una politica di destra non può occuparsi di diritti umani?
Non sta scritto da nessuna parte. Però prima di lei, dalla sua parte, nessuna ha dimostrato tanto attivismo in fatto di battaglie sociali. O sì?
Non è esatto. Avevo solo 17 anni quando, con il mio gruppo, tenemmo un dibattito sulle donne negli scenari di conflitto palestinesi. È che, all’epoca, qualunque idea arrivasse dalla destra era di per sé già maledetta. Credo invece che davanti al dolore delle donne e dei bambini nel mondo, davanti alla persecuzione che la Cina infligge ai tibetani, o alla ferocia degli ayatollah iraniani, abbia senso parlare di persone, non certo di targhe politiche. Chi lo fa è orfano di un tempo che non c’è più.
Non è sopravvissuto più nulla dei valori del tempo che non c’è più? Perché, allora, definirsi ancora di destra?
Perché sono una donna di destra e lo rivendico. Una destra sociale che dialoga con la società civile. I miei valori? Per esempio difendo quello della vita nascente e dunque sono e sarò sempre contro l’aborto. Inoltre lotto per i diritti delle donne senza per questo marciare nelle file del femminismo. Certo, quando mi trovo, come m’è successo a Kabul, davanti a una bambina di 13 anni con le dita staccate perché non voleva prostituirsi, non mi scandalizzo se quelle eroiche donne che l’hanno salvata si proclamano femministe.
Lei ha presentato alla regione Lazio una proposta che ha fatto infuriare pubblicitari ed editori.
Si tratta di un progetto di legge che impegna gli editori a non usare pubblicità che offenda la dignità delle donne. Non mi piace né chi compera il corpo né chi lo vende.
C’è un serio pericolo che i giornali non vi diano retta.
C’è una seria certezza che non riceveranno più i contributi per l’editoria.
Si dice che sia testarda e che ottenga sempre quello che vuole. È vero?
Magari… Diciamo che non salgo in cattedra per dire che cosa si dovrebbe fare: lo faccio e basta. Di certo voglio essere una spina nel cuore delle istituzioni.
Ecco, ma suo padre Pino Rauti come la vedrebbe questa sua passione sociale?
Benissimo. Mio padre mi ha sempre lasciato la libertà di essere quello che volevo. Mia sorella non era attratta dalla politica e lui capiva. Io, invece, ero già iscritta al Msi a 14 anni, e lui ne era felice.
Un ricordo di Giorgio Almirante?
Sono nata nel 1962 e di lui ho scarse memorie. Piuttosto vorrei ricordare l’intelligenza e il coraggio di Francesco Cossiga. Lui sì che per me è stato un maestro.
A Gianfranco Fini suo padre disse: «Hai letto molti meno libri di quelli che io ho scritto». E lei che cosa gli direbbe?
Quella frase è arrivata nel momento più alto dello scontro. Nel frattempo è cambiato il mondo. E in quello di oggi, su Fini, io mi astengo.
Si dice che suo marito sia molto più a destra di lei: come fate ad andare d’accordo?
Con Gianni siamo sempre stati una coppia «politica». Possiamo avere diverse occupazioni o passioni, ma il mio legame con lui è infrangibile. Se c’è una cosa che amo di mio marito è la sua incapacità di tradire le idee. Un coraggio che gli è costato caro, anche nella vita privata.
Allude a quando vi siete lasciati perché Alemanno, dopo Fiuggi, era rimasto con Alleanza nazionale e lei se n’era andata con suo padre, che aveva fondato il Movimento sociale fiamma tricolore?
Alludo.
Può un matrimonio vero spezzarsi solo per la politica?
Quando un’unione è nutrita profondamente dall’ideale politico, può accadere. Non senza dolore.
Come ha coniugato il suo essere molto religiosa con la separazione?
Non facendo la comunione per sette anni. Non senza dolore.
E poi siete tornati insieme. Come Liz Taylor e Richard Burton.
Molto meglio di loro! Noi siamo stati separati per sette anni. Abbiamo avuto altre storie. Dunque il lasciarsi e il riprendersi è stata una vera ricerca uno dell’altro e non proprio un capriccetto.
Il momento esatto in cui Alemanno le chiede di tornare da lei?
Io e lui siamo sempre rimasti vicini. Ci scrivevamo lunghe lettere e facevamo vacanze insieme con nostro figlio, Manfredi. Dunque non è riapparso nella mia vita perché l’ho rincontrato al bar sotto casa. Vuole il dettaglio? Dopo sette anni un bel giorno Gianni mi dice: «Senti, mi operano a una mano. Posso starmene a casa con te e Manfredi per la convalescenza?». Sì, gli ho risposto. Beh, non se n’è più andato. Però ho voluto risposarmi per la seconda volta, in chiesa, come per rinnovare la nostra promessa d’amore. Oggi, dopo 20 anni, questo matrimonio così insolito mi assomiglia moltissimo.
Vediamo: due nomi di donne politiche che le piacciono davvero?
Emma Bonino, Anna Finocchiaro e Giorgia Meloni.
Beh, a parte la Meloni, due nomi femminili di estrema destra, non c’è che dire…
Da dire c’è che Emma è unica e immensa. Una politica che il mondo ci invidia. Finocchiaro invece la stimo per il rispetto che dimostra sempre per le avversarie.
Dia una pagella a Susanna Camusso, Emma Marcegaglia ed Elsa Fornero.
Le pagelle sono la classica ciliegina per giornalisti maschi, così le risponderò che si tratta di tre donne in ascesa e che in questo paese faranno la differenza. Se proprio soffre, però, le darò un ordine di preferenza: Marcegaglia, Fornero, Camusso.
È vero che, quando è venuta al Campidoglio, Michelle Obama ha parlato per tutta la serata con lei?
In quelle serate, di solito, si chiacchiera di figli e di colf. Beh, Michelle, che splendeva nell’abito canarino, mi ha interrogato rigorosamente sulle donne italiane. Quanta disoccupazione femminile? Che tasso di violenza in famiglia? Per fortuna ero preparata sui numeri. Con Ranya di Giordania è stato più semplice.
Suo figlio Manfredi, che milita nei gruppi giovanili della destra, è stato coinvolto in una rissa di cui si è molto parlato. Lei come ha reagito?
Manfredi, che aveva 13 anni, è stato solo spettatore dell’episodio. Tanto che non è mai stato sentito dal giudice. Certa stampa ha naturalmente distorto la verità: il boccone era troppo ghiotto per i titoli dei giornali. Così è arrivata qualche querela da parte mia. Posso essere lucida su tutto, ma, come per ogni madre, il dolore di vedere usato mio figlio è insopportabile. A proposito di politica, a Manfredi ho sempre detto: sei libero di fare ciò che vuoi, ma trova i tuoi ideali e battiti. Niente è più peccaminoso dell’assenza di passioni. In fondo anche io mi lascio catturare dai sogni. Glielo dico con i versi di una grande poesia. S’intitola proprio Elogio del sogno. «In sogno dipingo come Vermeer… Volo come si deve. Ossia da sola… Sono, ma non devo esserlo, una figlia del secolo. Qualche anno fa ho visto due soli. E l’altro ieri un pinguino, con la massima chiarezza».
È Wislawa Szymborska, la poetessa russa premio Nobel. Si dice che molta della sua gloria italiana sia arrivata dopo che Roberto Saviano l’ha declamata in tv…
Roberto Saviano? (ride). E chi sarebbe?
[Fonte: ultimoranotizie.it]