di Sara Consolino
Gioca un po’ di emozione intervistare Isabella Rauti,portavoce di Prima l’Italia e componente dell’esecutivo di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale, in prima linea per costituire un fronte di destra che faccia appello a tutte quelle forze politiche intenzionate a ricostruire appunto la sovranità e l’unità nazionale e a mettere gli interessi dell’Italia e degli italiani prima di tutto, un fronteche sia quindi anche una reale alternativa al renzismo. Nell’attuale vuoto ideologico della destra italiana, si staglia così la sua figura risoluta e lungimirante.
Paragonata spesso a Marine Le Pen, il cui padre, Jean-Marie, ha mutuato non poco dal pensiero di Pino Rauti, segretario del Movimento Sociale e padre della Rauti, le ho chiesto dell’attuale situazione politica in Italia, del futuro della destra, ma anche di quanto siano realmente fatti rispettare i diritti delle donne nel nostro Paese, tema da lei particolarmente sentito e per il quale si impegna da molti anni in ambiti istituzionali e non.
Ormai sono passati due anni dalla fondazione di “Prima l’Italia”, da dove è nata quest’idea di costituire un nuovo movimento politico di destra?
In realtà “Prima l’Italia”, nata due anni fa e ormai ricca di iniziative e proposte, non è un partito politico ma un laboratorio culturale e politico per la Destra Sociale. Uno spazio associativo per elaborare temi culturali e politici, mettendo i diritti degli italiani e gli interessi dell’Italia prima di ogni cosa.
Il 28 marzo a Roma si terrà il Convegno dal titolo “Una Destra per la Terza Repubblica. Radici storiche, valori fondanti e scelte politiche per una nuova proposta” . Fra i promotori figura anche “Prima l’Italia” e lei stessa interverrà durante i lavori. Quali sono le sue aspettative in merito a questo dibattito sulla riaggregazione della Destra italiana?
L’incontro del 28 marzo – promosso da nove sigle, tra associazioni e testate giornalistiche – è il frutto di un percorso già avviato l’8 febbraio, quando “Prima l’Italia”, al cinema Adriano di Roma, lanciò un’iniziativa intitolata “Un nuovo inizio” per la riaggregazione della destra. Nell’ambito di quell’incontro, devo dire molto riuscito e molto partecipato, noi lanciammo anche una piattaforma online che si chiama “Forumdestra.it <http://Forumdestra.it> ”, per offrire a tutti un’agorà virtuale, uno strumento di confronto delle idee e di dibattito. Attraverso questo strumento siamo riusciti anche a creare un’interlocuzione abbastanza vasta, da cui è nato questo convegno organizzato da più sigle. Noi partiamo dall’analisi storica delle radici della destra italiana, dal Msi ad Alleanza Nazionale, fino lo sciagurato scioglimento del nostro Partito dentro il Popolo della Libertà. Da questo partiremo verso il futuro per immaginare una destra nella Terza Repubblica, come alternativa al renzismo. Io mi aspetto da questo convegno innanzitutto un confronto aperto tra le tante anime della destra e poi mi auguro che ci sia uno spirito positivo e costruttivo per cominciare ad immaginare un manifesto ideale sui valori fondativi , identitari e caratterizzanti della destra italiana. Naturalmente per fare questo occorre però un atto anche di umiltà, ammettere gli errori che tutti noi abbiamo fatto, ma riconoscere anche le cose positive ed eliminare tutte le forme di risentimento e contrapposizione pregiudiziale. Vogliamo creare una vasta area di consenso che rappresenti quel blocco sociale di destra che oggi in Italia è privo di una Casa comune. Dal mio punto di vista, essendo iscritta aFratelli d’Italia-Alleanza Nazionale, evidentemente parto da questo percorso che ha rappresentato un primo tentativo di aggregazione della destra, ma ritengo fondamentale che ci siano altri soggetti disposti a confrontarsi e a lavorare per creare un fronte identitario, necessario a lanciare la sfida al governo della sinistra e la fenomeno onnivoro ed omologante del renzismo.
Lei ha parlato di errori della destra, quali sarebbero?
Secondo me il principale errore della destra di governo è stato quello di annacquare la propria identità, per far prevalere il politically correct nelproprio linguaggio e, cosa più grave, nelle proprie scelte. Una volta entrati su questo piano inclinato e scivoloso era inevitabile che nel centrodestra della seconda Repubblica diventasse assolutamente dominate il “berlusconismo”. Per cui Alleanza Nazionale è stata sicuramente capace di unire le varie anime della destra e di portarle al governo del Paese, che non è cosa da poco, però non è stata capace di incidere adeguatamente nell’azione di governo e soprattutto di professare quelle idee fortiche potevano e dovevano parlare al popolo italiano.
Cosa ne pensa della manifestazione “Renzi a casa” tenuta a Roma lo scorso 28 febbraio da Matteo Salvini, a cui ha partecipato anche Giorgia Meloni?
Giorgia Meloni ha portato il suo saluto in piazza e io ero nella delegazione che la accompagnava. Ma devo essere sincera: sono rimasta un po’ delusa, naturalmente non dalla partecipazione in piazza, significativa anche se forse al di sotto delle aspettative degli organizzatori. In realtà due cose non mi sono piaciute. L’assenza di tricolori, e quindi l’ostentazione di simboli altri, e soprattutto il fatto che l’intervento di Salvini sia stato molto di mal dipancia, di urli e anche di qualche parolaccia, ma molto meno di contenuti programmatici. Non mi è piaciuto sentir parlare di “Italie” al plurale. Oggi, che è il 17 marzo e ricorre l’Unità d’Italia, penso che l’identità e la sovranità nazionale siano valori fondativi della destra: per me l’Italia è una, non sono molte. Questo aspetto del messaggio leghista non lo posso condividere. Resta il fatto che se siamo andati a Piazza del Popolo è perché esiste con la Lega un dialogo aperto, esistono temi comuni, ma evidentemente esistono anche delle differenze.
Quali sono i punti di disaccordo con la Lega e quali quelli d’incontro?
Tra i temi comuni sicuramente vi è la critica a quest’Europa tecnocratica e troppo “tedesca”, la critica alle dinamiche della moneta unica, la volontà di affrontare con decisione il problema dell’immigrazione, in particolare quella clandestina. Questi sono temi di destra, ma anche molte differenze. Noi e la Lega diciamo cose simili, ma non parliamo la stessa lingua. La differenza è che anche quando la Lega dice cose di destra, al contrario di noi, non vanta una storia, un percorso di destra. E questa differenza di sente nello spessore e nella consapevolezza del messaggio.
Considera Salvini un alleato?
No, io considero Salvini un interlocutore.
Come vedrebbe Salvini nel ruolo di leader del centrodestra?
Come lo vedo io non ha nessuna importanza, quello che conta è che si arrivi ad un metodo di primarie nel centrodestra, sempre se si crei veramente un fronte comune per tutto il centrodestra. In ogni caso le primarie sono l’unico strumento possibile per scegliere quello che sarà il leader del centrodestra. Se la scelta cadrà su Matteo Salvini ne prenderemo atto.
Lei ha recentemente affermato: «Dobbiamo guardare con attenzione alla Le Pen». Cosa apprezza e cosa condivide con lei? Crede che il Lepenismo abbia tratto qualcosa dal pensiero di suo padre, Pino Rauti?
Io sono molto attenta e studio per comprendere il modello lepenista francese, pur nella consapevolezza che questo modello non potrebbe mai essere esportato tal quale in Italia. Marine Le Pen usa un linguaggio semplice, immediato, diretto, con il quale però afferma idee forti. Marine Le Pen ha sostenuto e praticato lo svecchiamento della struttura del partito, che ha trasformata in un movimento d’opinione aperto a tutti gli strati sociali, oltre le ideologie. Per questo è centrato un obiettivo, per me molto importante perché rappresenta una grande intuizione rautiana: lo sfondamento a sinistra. Marine Le Pen ha ottenuto i voti dell’intellighenzia di sinistra, ma anche i voti di disoccupati e di operai che fino a ieri votavano per i comunisti. Un altro elemento che mi piace molto della Le Pen, che tra l’altro a mio avviso è donna molto carismatica, è questo concetto “dal basso verso l’alto”. Il suo movimento è un movimento anti-casta, anti-poteri forti, anti-establishment europeo e comunque nemico della cultura dominate del politicamente corretto.
A fronte della perdita di consenso e d’identità che ha subito Forza Italia, lei pensa che Berlusconi si debba ritirare dal ruolo di leader politico?
Io non sono di Forza Italia, sono stata, attraverso la fusione di An e Forza Italia, nel Pdl: quindi non è una questione che spetta a me valutare. E’ innanzitutto un problema di chi oggi è in Forza Italia. Sicuramente Berlusconi è anche un perseguitato politico e la recente assoluzione dimostra che sono stati costruiti teoremi su basi di sabbia, o di fango. Detto questo io ritengo che quel centrodestra che Berlusconi ha costruito, questo è il suo merito storico, oggi non esiste più.
Il 31 gennaio è stato eletto Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, fortemente voluto da Renzi e dal PD. Lei pensa sia una figura realmente condivisa e rappresentativa degli italiani?
Io penso che quello che dobbiamo criticare è il metodo che ha portato all’elezione del Presidente della Repubblica. Senza quella elezione diretta del Capo dello Stato che noi auspichiamo da sempre, sono riemersi i vecchi giochi di potere e di Palazzo di cui Renzi ormai è un maestro. E’ come se fosse tornata in vita la vecchia Democrazia Cristiana, con i suoi riti e la sua immagine di “balena bianca”. Rispetto poi alla figura di Mattarella è molto presto per giudicare. Alcuni suoi primi semplici gesti hanno intercettato del consenso, ma il Presidente della Repubblica si misura nei momenti delle grandi sfide del Paese e queste ancora non sono arrivate.
Il 3 marzo il Consiglio di amministrazione della Fondazione Alleanza Nazionale ha deliberato la convocazione nel mese di giugno di una Costituente per dar vita ad un nuovo soggetto politico. Quale soggetto politico sarebbe?
Premetto che io non sono iscritta alla Fondazione Alleanza Nazionale, quindi non partecipo alla sua vita interna e all’Assemblea di giugno. Ma questa Assemblea dovrà decidere se trasformare di nuovo Alleanza Nazionale in un soggetto politico o investire solo in termini culturali, su una funzione conservativa, museale, di archivio storico e ideale della destra. Dobbiamo aspettare lo svolgimento di questa Assemblea, rispettare la volontà dei soci, che sono gli unici che possono determinare questo cambiamento e decidere sulla sorte della Fondazione. Certamente qualora Alleanza nazionale si trasformasse di nuovo in un soggetto politico sarebbe però uno strumento importante nel processo di ricomposizione della destra italiana.
Lo scorso 25 novembre il ministro Maria Elena Boschi aveva parlato di violenza sulle donne definendola «un crimine contro l’umanità». Il Governo Renzi, che si è sempre dimostrato sensibile, almeno a parole, su questo delicato tema, ha però disatteso le promesse cha aveva fatto. Infatti il Piano Nazionale contro la violenza sulle donne, che doveva essere operativo entro gennaio 2015, non è ancora attivo ed inoltre il 9 marzo, in occasione della 59ma sessione della Commissione ONU sulla condizione delle donne tenuta a New York, il Governo, come lei stessa ha affermato, «non ha inviato Ministri di peso nella delegazione che ha preso parte ai lavori».
Lei è da anni impegnata in questa battaglia, avendo ricoperto numerosi incarichi istituzionali che la impegnavano sul fronte delle politiche per le pari opportunità (come ad esempio il ruolo di Consigliere del Ministro dell’Interno per le politiche di contrasto della violenza di genere, sessuale e del femminicidio), essendo stata nominata Responsabile Pari Opportunità di Fratelli d’Italia-An ed essendo tuttora Presidente della Onlus internazionale Hands Off Women(HOW) e componente del Comitato scientifico della “Fondazione Nilde Iotti”. Come commenta l’impegno dell’attuale Governo in favore dei diritti delle donne?
Questo mio impegno è l’elemento più caratterizzante della mia storia politica e personale. Rispetto al Governo Renzi il giudizio è pessimo, perché su questa materia, forse più che su altre, ha saputo produrre solo spot, annunci e tweet del presidente. Ma i fatti sono altri: questo governo non ha nominato un ministro per le pari opportunità. Nella nostra storia istituzionale si è sempre avuto o un ministro, o un viceministro o un sottosegretario con delega alle pari opportunità. Non era mai successo che non esistesse una figura di rango istituzionale con delega alle pari opportunità: il presidente Renzi, dopo aver tenuto in mano, inutilmente, per mesi la relativa delega, la ha conferita ad una consigliera delegata senza rango istituzionale, un semplice deputato senza altri poteri. Inoltre il Piano Nazionale antiviolenza – previsto e finanziato dalle Legge 119 del 2013 – come Lei ha detto, lo stiamo ancora aspettando. A fronte quindi di continue denuncie sulla crescita della violenza sulle donne, un fenomeno evidentemente strutturale oltre che emergenziale, io non ho potuto riscontrare nessun impegno politico da parte del presidente Renzi. Questo mi spiace. Mi spiace che questa questione venga marginalizzata, mi spiace che la sinistra femminile, pur consapevole di questo vuoto, non protesti, evidentemente per ordini di partito. Io ritengo che sulle pari opportunità tra uomo e donna e sui temi della violenza sulle donne, al di là delle appartenenze di partito, dovremmo invece tutti impegnarci, perché è una questione sociale e culturale molto importante, è un fenomeno di cui emerge solo la punta di un iceberg che fa paura.
[Fonte: www.secolo-trentino.com]